martedì 29 aprile 2008

Roma è perduta! Si salvi chi può…

La sconfitta di Rutelli alle elezioni amministrative di Roma segna a mio avviso il tramonto definitivo della dirigenza post-Ulivista del PD e mostra chiaramente la necessità di trovare una strada nuova per ritornare al Governo del Paese e delle Istituzioni locali.

Il risultato di ieri dimostra in maniera inequivocabile che il bisogno di cambiamento dell’elettorato ha avuto la meglio sulla ricerca del miglior governo. È inevitabile che dopo quasi 15 anni un cambio possa avvenire, ma ritengo che le motivazioni per questo passaggio del testimone (oltre che dei risultati elettorali generalmente molto deludenti per il Centro-Sinistra), siano da cercarsi nella politica fiacca e imbolsita posta in atto da alcuni degli esponenti più rappresentativi del PD negli ultimi anni, particolarmente nelle amministrazioni locali.

Già la scelta di candidare Rutelli alla poltrona di Sindaco di Roma aveva fatto storcere il naso a molti. Come poteva infatti coniugarsi la spinta al rinnovamento che ha tanto animato Veltroni nei primi mesi di attività da Segretario del PD, con la scelta di ripresentare un uomo che aveva già governato la Capitale per due mandati consecutivi?

In realtà la vivibilità della città ha subito negli ultimi anni un netto peggioramento. Prendendo a riferimento gli ultimi 15 anni, Madrid si è dotata di 5 linee metropolitane, Roma è riuscita solo ad aprire tre stazioni di una linea ed avviare i lavori per il prolungamento di un’altra. Sempre a Madrid si sono contemporaneamente costruiti alloggi per decine di migliaia di persone mentre a Roma le case si sono sì costruite, ma in barba a i criteri più elementari di urbanizzazione “primaria”, in base ai quali, prima ancora di realizzare i quartieri, si devono creare fognature, strade e collegamenti con il centro città. Senza contare che tutto quanto si è costruito è stato venduto a prezzi da capogiro, facendo così il gioco di speculatori ed immobiliaristi senza scrupoli. Insomma, è prevalsa ancora una volta una mentalità di affarismo puro che ha inquinato la gestione della cosa pubblica e che ha infine portato ad un clamoroso ricambio dei vertici cittadini.

Certo, sembrano molto lontani i tempi in cui il Centro-Sinistra, all’inizio degli anni 90, acquisì il governo di molte città italiane, creando l’illusione di una politica vicina ai cittadini ed alle loro esigenze. La fine fatta dai vari Bassolino, Rutelli, Illy ed altri nei giorni scorsi testimonia la fine di un’epoca e la necessità di chiudere definitivamente un capitolo del passato e guardare al futuro in un’ottica nuova.

Personalmente ritengo che insieme al non più rinviabile ricambio generazionale (il solo Prodi sembra aver gettato la spugna, quando anche molti altri avrebbero fatto bene a prendere atto del nuovo vento che tira), il PD debba fare anche delle scelte di contenuti piuttosto nette. Veltroni ha impostato la sua campagna elettorale cercando di conquistare il centro dello schieramento politico, proprio quando il clima di disillusione e disincanto generale avrebbe richiesto dei toni forse più accesi. Sfortunatamente, il suo passato da esponente del PCI ha pesato evidentemente in negativo in una parte rilevante dell’elettorato a cui lui puntava e la sua moderazione caratteriale non è bastata a convincere chi s’era stancato di quindici anni di battaglie sul conflitto di interessi.

Insomma, si è predicata la pace, quando in Italia la gente voleva (ancora) la guerra. Ed è questo anche il motivo della grande affermazione della Lega Nord, oltre che di Italia dei Valori nello schieramento di Centro-Sinistra. Inoltre in questo quadro conflittuale, chi ha – dall’esterno – deciso parte del risultato elettorale, a mio avviso è stato “il fenomeno Grillo”. Il suo movimento ha probabilmente pesato molto più del preventivato sul risultato in particolare della Sinistra Arcobaleno, che tra l’altro ha anche scontato la presenza di tre (se non quattro) movimenti alternativi di Sinistra che le hanno sottratto più dell’1%, oltre che della intrinseca pochezza della proposta politica.

Ad ogni modo, più che guardare al radicamento sul territorio, il PD dovrebbe darsi una scossa riuscendo a garantire con i fatti, nei centri dove governa quella sensazione di vicinanza al cittadino che le amministrazioni leghiste sono invece riuscite ad incarnare nel Nord, anche grazie alla predicazione della mitologia federalista. Si dovrebbe inoltre impegnarsi di più per valorizzare il territorio sia per quello che da’ in termini di risorse umane che economiche. Da tante parti si parla di nuove politiche di sviluppo per il Sud, ma alle parole non si riesce a dare dei contenuti concreti. Nei fatti quello che serve non è più la politica dei finanziamenti a pioggia e della spesa del denaro statale o comunitario, ma la necessità di impostare una politica che sappia far sviluppare e mettere in circolo la produttività dei singoli territori tramite gli investimenti intelligenti delle proprie risorse economiche e produttive.

Lo diciamo ormai da mesi, il Sud e la Campania non devono cercare la solidarietà del resto del Paese, ma devono ricostruirsi agendo sulle proprie risorse e capacità, ammettendo i propri limiti e lavorando per migliorarsi. Ci auguriamo che chiunque governerà questa terra negli anni a venire, di destra o sinistra che sia, lo tenga sempre bene a mente.

Mario de Riso
VivaCampaniaViva
Vivacampaniaviva.blogspot.com

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