martedì 3 luglio 2007

I servizi pubblici: la Campania a un bivio


La notizia del ritrovamento da parte di un cronista de “il Mattino” di Napoli nei corridoi del Consiglio Regionale della Campania di tre foglietti sui quali erano appuntati gli schemi e i punteggi per l’assegnazione delle poltrone di nomina politica, lascia un profondo senso di frustrazione e delusione.

Speravamo che l’epoca delle lottizzazioni partitiche fosse terminata con gli scandali di Tangentopoli. Evidentemente ci eravamo sbagliati e siamo stati costretti a constatare che le nomine politiche non vengono assegnate sulla base di un - anche discutibile - criterio di merito o di competenza, bensì esclusivamente sulla base del “peso specifico” di ciascun partito all’interno della maggioranza di governo.

Queste considerazioni sono particolarmente amare alla luce del momento storico di particolare delicatezza che la Regione sta vivendo. La nostra terra è in emergenza e sta morendo sotto gli occhi disinteressati della sua classe dirigente, che non riesce a modificare inveterati atteggiamenti di arroganza e protervia partitocratica.

Colpisce ancor di più quando ci si confronta con quel che accade in altri importanti comuni italiani, dove il dibattito sulle modalità di erogazione dei servizi al cittadino si va evolvendo in modo da limitare sempre di più l’ingerenza dei partiti nella gestione degli enti o delle società partecipate.

Basti guardare all’esempio del comune di Milano, dove uno studio commissionato dal sindaco Moratti alla Fondazione Civicum (che, in collaborazione con Mediobanca, analizza i bilanci delle società comunali delle principali città italiane) ha portato alla redazione di un nuovo modello per la governance delle società partecipate erogatrici di servizi pubblici.

In particolare è stato suggerito, come evidenziato ieri sul CorrierEconomia, un modello dualistico in cui il consiglio di sorveglianza di tali enti rimarrebbe di nomina municipale (esprimendo le linee guida della politica dell’amministrazione del comune azionista), ma dove il consiglio di gestione – pur nominato da quello di sorveglianza – verrebbe formato esclusivamente da manager e tecnici, in modo da attuare al meglio le scelte strategiche con criteri rispondenti alle necessità di una corretta gestione aziendale.

Il tutto con una serie di regole molto rigide per regolare i criteri di scelta – di stampo meritocratico, apartitico e apolitico, impostato sulla massima trasparenza – dei membri della sorveglianza.

Sembra un altro mondo, eppure si parte semplicemente dalla elementare considerazione di base che le logiche politiche non sempre collimano con l’efficienza della gestione imprenditoriale. È una regola di esperienza che fa evidentemente ancora molta fatica ad attecchire dalle nostre parti dove tutto deve sempre e comunque far capo a qualcuno.

Auspichiamo che finalmente, anche alla luce di questo nuovo scandalo, il mondo politico campano sappia reagire e porre in essere un’azione politica a favore dell’interesse collettivo e della cittadinanza tutta, anche facendo tesoro di interessanti esperienze come quelle allo studio a Milano.

Mario de Riso di Carpinone

1 commento:

Anonimo ha detto...

bravo il cronista del mattino e bravi voi che ripubblicate e diffondete questa meravigliosa favola di aggregazione corporativa politica in un modo chiarissimo, viva i figli di papa' viva il nepotismo viva la libera concertazione siamo messi bene anzi benissimo questi politici hanno buttato le basi per altri cento anni, viva la democrazia viva la liberta'.....Z zorro!!!