mercoledì 27 giugno 2007

“La Questione Campania”

1. Buon compleanno Corriere del Mezzogiorno

Il 19 Giugno scorso, il Centro Culturale VivaCampaniaViva è stato invitato alla serata indetta per celebrare i primi dieci anni del Corriere del Mezzogiorno.
Davanti ad una platea di circa mille persone presenti nell’Auditorium della RAI di Napoli, il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli ha intervistato il Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo.
Il dibattito ha toccato molte delle questioni presenti nell’agenda politica regionale e nazionale e ha fatto il punto della situazione economica e dello sviluppo imprenditoriale in Campania, offrendoci l’opportunità di svolgere alcune nostre riflessioni sulla realtà regionale.
Il leader degli industriali è partito notando il sostanziale cambio di clima generale. Il 1997 era un anno in cui le speranze dei cittadini napoletani e della Campania erano molto alte, grazie al ricambio della leadership politica che sfruttava ancora l’iniezione di fiducia successiva al G8 del 1994. Oggi invece i dati sono impietosi. Il PIL pro capite nelle regioni del Sud Italia è pari al 56% di quelle del Nord, più o meno come avveniva nel 1995. Basterebbe questo dato per segnalare un sostanziale fallimento delle politiche perseguite in questi anni per lo sviluppo del Meridione.
Questa premessa ha portato Montezemolo ad affrontare il problema del rapporto degli imprenditori con la gestione della cosa pubblica. Recentemente il Presidente della FIAT è salito alla ribalta delle cronache per un intervento fortemente critico nei confronti del mondo politico, tenutosi all’assemblea annuale di Confindustria. A Napoli ha immediatamente precisato di sentirsi pienamente in dovere di stimolare il mondo politico e di non condividere le affermazioni di chi dice che sarebbe il portavoce di un movimento di stampo populista, volto ad affermare la cosiddetta “antipolitica”. La realtà, ha proseguito Montezemolo, è che il divario tra il paese reale e la politica non è mai stato così elevato come oggi. La politica vive in un mondo “autoreferenziale”, lontano dai problemi quotidiani delle persone. Serve invece una politica forte, perché il malcontento è molto più ampio di quanto non appaia. In questi giorni stanno venendo al pettine quindici o venti anni di non decisioni e immobilismo, con progetti per il Sud sbandierati solo durante le campagne elettorali e dimenticati subito dopo.
Forte è stato quindi il richiamo ad un impegno vero e concreto che affronti seriamente i nodi cruciali dello sviluppo del Mezzogiorno, sia da parte della maggioranza che dell’opposizione.
La disamina di Montezemolo è proseguita presentando un quadro della situazione politico-economica molto chiaro.
Ancora oggi nel Sud la presenza dello Stato nell’economia è massiccia ed asfissiante. Solo in Campania ci sono 37 società miste, più oltre 50 organismi pubblici. Le uniche aziende che nascono e si sviluppano sembrano essere quelle pubbliche, senza però migliorare l’efficienza dell’amministrazione che costa al cittadino ben più dei servizi che eroga.
La suggestione proposta a questo punto da Montezemolo è quella di introdurre un sistema finalmente e realmente meritocratico. Non si può pensare di crescere se i favoriti non sono i più bravi, ma piuttosto i raccomandati o i fannulloni.
È questa l’idea di una politica forte - di rottura, ci permettiamo di suggerire noi - che finalmente compia delle scelte e le porti avanti responsabilmente.
Questo Paese, ha proseguito il Presidente di Confindustria, deve affrontare – come priorità assoluta – una grande riforma istituzionale che elimini enti inutili (definiti, tra gli applausi “discariche per politici trombati”), sancisca una nuova legge elettorale e stabilisca le fondamenta di un sistema fiscale di tipo federale.
C’è speranza allora? Montezemolo risponde di sì, a prescindere dai mugugni e dal dissenso manifestato dalla platea quando il direttore Mieli ha rammentato l’idea di una città comunque felice, al di là dei mille problemi.
Le cose vanno male, ha concluso il Presidente di Confindustria, ma bisogna prendere coscienza dei problemi e lavorare duramente per risolverli, altrimenti si continua ad aumentare il divario esistente tra politica e società civile.

2. La Campania e la Pubblica Amministrazione

Nella sua analisi, Montezemolo ha battuto molto il tasto sulla necessità di una riduzione della spesa pubblica per ovviare al problema di una pressione fiscale eccessiva, sia sulle imprese che sui lavoratori. Tale questione, particolarmente sentita oggi nel Nord Italia, rappresenta bene lo squilibrio sociale ed economico tra le due metà del Paese. Da un lato infatti il Nord vive sulle attività di un numero altissimo di piccole e medie imprese. Il Sud invece si fonda per lo più su di una realtà fatta di economia parastatale e pubblica molto estesa, che non crea un clima adatto per la nascita e lo sviluppo delle attività imprenditoriali.
È un dato di fatto che il Meridione abbia, come d’altronde lo stesso Presidente di Confindustria ha ricordato, delle enormi potenzialità in particolare nel campo dei servizi, del turismo e come “ponte” tra l’Europa e i mercati orientali.
Questo vero e proprio “tesoro” nascosto (lo stesso Montezemolo ha definito il Sud Italia, in un’altra occasione, come “la nuova frontiera”), negli ultimi anni, si è visto superare in termini di sviluppo e redditività da territori storicamente depressi come l’Irlanda.
A questo punto ci siamo domandati: com’è stato possibile? Di chi sono le responsabilità? Come si sono comportati i nostri amministratori locali?
Ricordiamo che la politica in Campania ha un nome solo, quello di Antonio Bassolino, sindaco di Napoli dal 1993 e dal 2000 Governatore della Regione. Se è vero che la stabilità politica è un valore, allora Napoli e la Campania dovrebbero essere una sorta di eden, visto che la maggioranza di centro-sinistra governa ormai da molti anni ai vertici regionali, in tutte le province e a Napoli.
Le maggiori polemiche politiche negli ultimi anni sono sorte a causa dell’attività di alcuni alleati di governo del partito di Bassolino, riferibili prevalentemente a Ciriaco De Mita (esponente storico ex DC e ora della Margherita) e a Clemente Mastella (anche lui un ex DC, ora segretario nazionale dell’UDEUR). L’opposizione di centro-destra ha prodotto ad oggi il commissariamento di Forza Italia, la “fuga” nel parlamento nazionale di tutti i leader politici che hanno provato a sfidare il potere bassoliniano senza successo (Bocchino, Malvano, Martusciello) e il rispolveramento di vecchi protagonisti della vita politica della Prima Repubblica.
Una delle modalità in cui si è manifestata l’azione di governo del centro-sinistra in Campania negli ultimi anni è stata la creazione di un numero sempre maggiore di soggetti pubblici, con una ovvia moltiplicazione di enti e di funzioni (con conseguente crescita e complicazione della macchina della burocrazia regionale).
Il noto giornalista Marco Travaglio ha riferito, durante la trasmissione “Anno Zero” del 21 Settembre 2006, che la Regione Campania ha creato 12 commissioni speciali che si sono aggiunte alle 6 ordinarie già esistenti, arrivando in totale a 18. Se si considera che i consiglieri regionali sono 60 e che per ogni commissione occorrono un Presidente, un VicePresidente e un Segretario, si ha la conseguenza che tutti i consiglieri regionali sono dirigenti di commissione. È facile immaginare la difficoltà per farle riunire, visto che evidentemente ogni membro è, per necessità, impegnato in varie attività politiche. Sulla utilità effettiva di questa moltiplicazione ci sono molti dubbi, basti pensare al fatto che esistono una “Commissione sul mare” e una “Commissione sul Mediterraneo”. Non conosciamo esattamente quali siano i diversi ambiti di azione delle due commissioni, ma certamente è discutibile che le loro competenze non possano essere accorpate.
Ma non finisce qui. Un altro fenomeno interessante che abbiamo avuto modo di verificare è stato il proliferare delle cosiddette società miste, a nostro avviso dei veri e propri ibridi giuridici. Se infatti una società nasce per perseguire un interesse di tipo privatistico (cioè il profitto della gestione), come diventa possibile conciliare questo con l’interesse pubblico?
Senza volerci dilungare troppo sulla filosofia alla base delle privatizzazioni (all’italiana) dei pubblici servizi, vogliamo soltanto ricordare che nell’ottobre 2006, il Presidente della commissione di Controllo delle Attività della Regione Antonio Peluso, ha presentato un dossier sulle società miste regionali. Il risultato è che ci sono 37 società partecipate direttamente dalla Regione (ma, con le partecipazioni indirette, il numero cresce ulteriormente), per un ammontare (i dati si riferiscono al biennio 2004/2005) di oltre 73 milioni di euro di contributi regionali, quasi 43 milioni di euro di perdite a fronte di 7 milioni di utili, 6.091 dipendenti che costano oltre un milione e mezzo di euro, 255 componenti dei consigli di amministrazione, per una spesa di oltre 6.5 milioni di euro.
Dal dossier, che fa riferimento agli anni 2004 e 2005, si evince che “la costituzione delle società è costata oltre 104 milioni di euro, con perdite, nel biennio 2005/2006, di oltre 42 milioni”. Le società in maggiore perdita sono la Bagnoli Futura (16 milioni, di cui oltre 1 a carico della Regione), Città della Scienza (circa 1 milione di euro, di cui 738.608,80 a carico della Regione) e Sepsa (circa 1,5 milioni di euro ricadenti interamente sul bilancio regionale).
C’è poi il capitolo delle consulenze con la EAV che nel 2005 ha superato il milione di euro, la EFI i 4 milioni, la Circumvesuviana i 3 milioni e Bagnoli Futura i 2,5 milioni, ecc.
Il “periodo d’oro” in cui queste società sono state costituite è l’era Bassolino che, con il piano quinquennale 2001/2006, ha fatto nascere 33 società su 37, le quali a loro volta hanno acquisito altre quote. Tutte le società hanno una totale autonomia “di fatto” nel reclutamento del personale, con 4.500 dipendenti assunti senza concorso.
Dal dossier risulta anche che ci sono dei veri e propri “stakanovisti” dei consigli di amministrazione delle società miste, ovvero persone che ricoprono contemporaneamente diversi incarichi nelle numerose società.

3. Emergenza Campania?

Se questa moltiplicazione di enti è stata figlia di una precisa volontà politica, a nostro avviso, il risultato è stato centrato in pieno. Oggi, come ieri, la Campania vive e prospera sull’economia del settore pubblico. Con la creazione di società miste o a partecipazione pubblica (sottoposte a regime di diritto privato) si è cercato di emulare le regole e le strutture del mercato, nella speranza di indurre a comportamenti virtuosi nelle scelte amministrative.
Riteniamo che questa strategia d’azione sia stata fallimentare. Alcune delle sunnominate società sono state infatti costituite allo scopo di risolvere alcuni annosi problemi, in particolare della città di Napoli. Come non pensare infatti alla questione della mancata bonifica dell’area ex-Italsider di Bagnoli che da anni è un rebus irrisolto, prima per le amministrazioni cittadine e ora per la “Bagnoli Futura”?
La Campania è stata l'unica ad avere assegnato a una società —Soresa — il compito di rientrare dal debito sanitario che negli anni ha galoppato verso i 6 miliardi.
L’Asl 1 di Napoli, la più grande d'Europa e la più indebitata al mondo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: esperti, medici e pazienti. Basti pensare che su 1.000 interrogazioni consiliari, oltre il 50% ha avuto per oggetto lo sfascio in cui versa il sistema sanitario campano che assorbe il 60% di un bilancio che ha numeri da paura (oltre 20 miliardi).
A questo si devono aggiungere le croniche mancanze di progettualità volte al miglioramento della qualità della vita dei cittadini (basti pensare al caso di Vigliena dove, dopo l’approvazione di un progetto volto alla bonifica e al recupero di terreni ex industriali, si è invece preferito costruire una centrale termoelettrica), i ritardi nella gestione di emergenze ormai permanenti, come la raccolta dei rifiuti, la criminalità organizzata, la mancanza di alloggi, nonché le inefficienze di settori come il trasporto pubblico, la mancanza di politiche per i giovani e per l’occupazione, ecc.
La Campania vive oggi ore critiche alle quali la sua classe dirigenziale politica sembra voler dare la stessa non-risposta politica e di azione di sempre.

4. Un’analisi economica del discorso di Montezemolo

I richiami del Presidente Montezemolo al contenimento della spesa pubblica trovano quindi in Campania un terreno di applicazione molto ampio.
La filosofia che c’è alla base delle sue considerazioni è molto semplice. Se nel mondo imprenditoriale l’obiettivo principale è quello della creazione del profitto, che è il segnale più chiaro che l’azienda ha per convalidare o correggere le proprie azioni, nel settore pubblico non esiste – in maniera speculare – un medesimo indice.
Esiste invece la soddisfazione dei cittadini sulla qualità dei servizi pubblici. Questa si manifesta democraticamente attraverso l’esercizio del diritto di voto.
In Campania però il sistema politico clientelare ha falsato il gioco democratico, facendo sì che talora i rappresentanti eletti non necessariamente siano portatori dell’interesse generale.
Abbiamo visto che, anche quando il pubblico si “traveste” da privato, con la creazione di società miste per l’erogazione di servizi, il risultato non migliora. Se infatti questa scelta nasce dalla volontà di assoggettare gli enti che erogano servizi ad un sistema di gestione di tipo manageriale che renda necessaria la presentazione di un bilancio, i risultati fallimentari, dovuti proprio alla particolare natura dei servizi forniti, rendono tutto questo sforzo inutile.
A maggior ragione se si tratta di erogare prestazioni in regime di monopolio. In questo caso le vere vittime sono i clienti (ex-utenti), poiché non solo si vedono aumentare i prezzi secondo i livelli stabiliti dal mercato, ma continuano a contribuire con le tasse al mantenimento dei servizi stessi.
Inoltre poiché i bilanci di queste società sono spesso in perdita, il socio ente pubblico è costretto ad intervenire, con sostanziosi aumenti di capitale o conferimenti in danaro per ripianare i passivi e consentire alle società stesse di proseguire l’attività.
Questo sistema ha portato a una crescita economica pari a zero e a servizi pubblici costosi quanto inefficienti: oggi la pubblica amministrazione costa più dei servizi che eroga.
La soluzione che auspichiamo è quindi, per quanto possibile, ridurre i settori di monopolio e predominio dell’economia pubblica a favore della realizzazione di un mercato con attori privati in reale competizione tra loro.
Al pubblico potranno essere lasciati i settori di gestione delle grandi reti, mentre il resto, in particolare i servizi, potrà essere gestito da privati in regime di competizione.

5. Un’analisi politica del discorso di Montezemolo

Montezemolo ha suggerito a maggioranza ed opposizione l’esigenza di avviare un tavolo di confronto per affrontare una grande riforma istituzionale. Questa, secondo il Presidente di Confindustria dovrà includere il rinnovo della Costituzione, meno “pesante e complessa”, riforme che diano maggiori poteri al premier («che deve potersi scegliere i ministri, non è possibile che abbia meno prerogative di un qualsiasi sindaco»). E poi gli altri imperativi: ridurre i costi della politica (abolire alcune province “costose e inutili”) e decidere una volta per tutte sul federalismo (“ora non siamo né di qua né di là”).
Se per il governo del Paese è possibile in gran parte condividere il richiamo di Montezemolo, a nostro avviso, per la Campania, nonostante vi siano problematiche altrettanto complesse che richiederebbero uno sforzo comune, non è possibile pensare di lanciare la proposta di un tavolo delle grandi intese.
Nella nostra Regione infatti il potere è nelle mani di poche correnti politiche che si scontrano per mantenere intatti i propri spazi e sfere di influenza. I partiti minori della maggioranza sono poco più che satelliti orbitanti intorno alle grandi forze. Non c’è rinnovamento e i giovani vengono spesso costretti a seguire le direttive imposte dalle direzioni dei partiti.
Le forze di opposizione vengono spesso percepite come acquiescenti alla maggioranza (accontentandosi di agire nei piccoli spazi di manovra che vengono lasciati loro) o semplicemente troppo deboli per poter fare qualcosa di concreto.
In questo quadro non si può auspicare un tavolo delle grandi intese in Campania, poiché il rapporto di forze attuale è troppo squilibrato a favore dei grandi poteri conservatori della maggioranza.
Ma, nonostante tutto, la Campania rimane vitale ed attiva. Molte sono le proposte provenienti dalla società civile, volte a supplire alla cronica mancanza di iniziativa politica. Comitati e associazioni nascono su tutto il territorio e riescono ad unire persone di provenienza molto diversa, che hanno a cuore lo sviluppo della propria terra. Sarebbe ora che le forze politiche se ne accorgessero e iniziassero a far proprie alcune delle esigenze prospettate dai cittadini.
Al momento non esiste un partito o un personaggio che sia in grado di catalizzare il consenso dei delusi e dei tanti che vogliono seriamente fare qualcosa per migliorare la situazione.
Qual è quindi la soluzione per Napoli? Rimarrà l’immobilismo o ci sarà finalmente la possibilità di impostare una seria e concreta politica di sviluppo?
La storia ci insegna che l’immobilismo non è eterno e che gli equilibri, per un caso o per un altro, saltano.
La politica deve andare incontro alle esigenze dei cittadini senza strumentalizzare i problemi esistenti utilizzandoli esclusivamente a fini elettorali, propagandistici e di polemica contro gli avversari. È necessario concentrarsi attivamente per la risoluzione delle questioni. Oggi la lotta politica è fatta di sterili attacchi reciproci, è un teatrino, come molti dicono, che non porta a scelte concrete e a un progresso reale della nostra terra.
Robert Kennedy disse, citando G.B. Shaw: “Alcuni vedono la realtà e si chiedono: perché? Io sogno l’impossibile e mi chiedo: Perché no?”

I fondatori: Luigi Esposito e Mario de Riso di Carpinone

1 commento:

Anonimo ha detto...

per quando riguarda la televendita summer quiz, anch'io la trovo come pubblicità ingannevole verso il consumatore. possibile che le autorità non intervengano a far sospendere tale televendita, perchè è una truffa verso il consumatore. spero che la polizia di stato, i carabinieri ed altre forze di polizia, intervengano con dercisione verso il responsabile di tale televendita, me lo auguro. nel contempo invio distinti saluti.