domenica 30 dicembre 2007

Emergenza rifiuti in Campania. Chi finanzia, chi comanda e chi esegue, chi guadagna, chi rischia.

L’emergenza-scandalo rifiuti in Campania danneggia l’ambiente, le risorse naturali ed ambientali autoctone, danneggia la salute dei cittadini, l’economia regionale: è evidente a tutti che la squallida situazione nella quale si trova ripetutamente il territorio regionale è propedeutica anche per un disastro sanitario. Dopo oltre 13 anni di inconcludenti azioni attuate da vari commissari di governo è evidente che in Campania si è giunti ad una spregiudicata istituzionalizzazione dello stato di emergenza ambientale.
Analizziamo scientificamente i dati disponibili.
In questi anni di “emergenza-scandalo rifiuti” si è ben delineata la seguente filiera.
C’è chi ha finanziato profumatamente le strutture commissariali, le opere finora realizzate, i trasporti e smaltimenti di rifiuti vari in Campania, fuori regione e all’estero. E’ evidente che le risorse finanziarie utilizzate sono risorse pubbliche e sono state alimentate dalla tassazione dei cittadini. Quindi i cittadini sono i finanziatori che hanno sostenuto il proliferare di tutto quanto ha girato attorno ai commissari di governo nominati dai governi nazionali finora succedutisi ed espressione di varie coalizioni politiche.
C’è chi ha comandato e chi ha eseguito. Il fatto che dopo oltre 13 anni di costosi interventi che non hanno risolto il problema rifiuti in Campania e che i governi non abbiano mai fatto chiarezza sulle cause che impedivano la risoluzione dell’emergenza, reiterando ciecamente gli incarichi a vari Commissari straordinari, può essere attribuito solo al fatto che i governi hanno obbedito a dei comandi imposti da chi aveva forti interessi a mantenere attiva una situazione in grado di facilitare notevoli guadagni.
C’è chi ha guadagnato. Il flusso di risorse finanziarie pubbliche ingoiato dall’emergenza-scandalo rifiuti è stato consistente. Sono stati realizzati impianti che dovevano essere CDR e che invece sono dei tritovagliatori che non hanno prodotto ecoballe con i requisiti imposti dalla legge vigente. E’ in via di ultimazione l’inceneritore di Acerra in un sito già attualmente inquinato oltre i valori previsti dalla legge. Sono state realizzate discariche per accumulare rifiuti tal quale prodotti fuori legge dagli impianti definiti Ex CDR dallo stesso Commissario di Governo e dai NOE. Tutte le operazioni connesse all’emergenza rifiuti sono state eseguite da imprese che hanno utilizzato migliaia di persone e tratto notevoli guadagni. Naturalmente vi è riconoscenza da parte di tutti i beneficiati verso coloro che hanno permesso, in vario modo, i guadagni.
C’è chi rischia. Rivedendo le cronache dei tredici anni e oltre di emergenza rifiuti si evidenzia che gravi inquinamenti ambientali, nelle aree urbane nelle quali i rifiuti giacevano per lunghi periodi e spesso venivano incendiati nelle strade, e nelle discariche eseguite spesso in siti non idonei determinando inquinamento del suolo e delle acque superficiali e sotterranee (ad esempio a Lo Uttaro vicino a Caserta e a Basso dell’Olmo sul fiume Sele) hanno sempre accompagnato l’attività commissariale. Tali evidenti situazioni di inquinamento ambientale hanno ripetutamente determinato la diffusione a scala mondiale di un’immagine regionale squallida con conseguenti danni economici per le attività turistiche ed agricole e produttive in genere. I cittadini campani sono stati sottoposti per lunghi anni a ripetute situazioni di rischio sanitario e non hanno goduto del diritto alla salute previsto dall’articolo 32 della Costituzione Italiana.
L’approccio scientifico applicato all’analisi dell’emergenza-scandalo rifiuti mette spietatamente in evidenza che i cittadini campani stanno ancora finanziando la loro autodistruzione.
E’ singolare che gli stessi cittadini campani hanno finanziato le attività dei Commissari di Governo le cui azioni, di fatto, non solo non hanno garantito la risoluzione del problema rifiuti ma hanno consentito notevoli guadagni per realizzare interventi che hanno incrementato il rischio per la salute e il rischio di inquinamento irreversibile per le risorse ambientali e naturali autoctone.
Ma i cittadini campani che rappresentano la maggioranza della popolazione non facente parte della casta dei privilegiati che ha finora guadagnato con l’emergenza rifiuti, hanno capito cosa hanno finanziato finora?
E che ne pensano?


Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Università di Napoli Federico II

Emergenza rifiuti in Campania e tutela delle risorse naturali autoctone di importanza strategica

L’emergenza-scandalo rifiuti in Campania danneggia sempre più l’ambiente, le risorse naturali ed ambientali autoctone, la salute dei cittadini e l’economia regionale: è evidente a tutti che la squallida situazione nella quale si trova ripetutamente il territorio regionale è propedeutica anche per un disastro sanitario. Dopo oltre 13 anni di inconcludenti azioni attuate da vari commissari di governo è evidente che in Campania si è giunti ad una spregiudicata istituzionalizzazione dello stato di emergenza ambientale.
Il Commissario di Governo non si rende conto che pur di togliere la spazzatura dalle strade sta promuovendo interventi che mettono a rischio anche le risorse ambientali e naturali autoctone di importanza strategica quali l’acqua potabile e quella per l’irrigazione delle pianure.
Una delle ultime proposte per accumulare rifiuti imballati consiste nella possibile realizzazione di una discarica nell’area militare di Mandrano-Mandranello, sui Monti della Maddalena nel territorio comunale di Padula, lungo il confine tra Campania e Basilicata.
Tale proposta è veramente straordinaria.
I Piani di Mandrano e Mandranello costituiscono due bacini di origine tettonico-carsica ubicati alla sommità dei monti costituiti da rocce calcaree che separano il Vallo di Diano dalla val d’Agri e che rappresentano i più importanti serbatoi naturali di acqua potabile che alimentano la Campania, la Basilicata e la Puglia; in tali piani sono evidenti i fenomeni carsici (inghiottitoi) ubicati anche nella carta topografica. I Piani di Mandrano e Mandranello sono molto noti nella letteratura idrogeologica perché alimentano le sorgenti di acqua potabile utilizzata dagli acquedotti della Basilicata. L’assetto geologico che favorisce la circolazione delle acque sotterranee è stato oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche così come la tettonica attiva che ha causato il sisma del 1857 del X-XI grado ed ha riattivato faglie superficiali lungo la dorsale dei Monti della Maddalena.
La individuazione dei piani di Mandrano-Mandranello risulta del tutto incomprensibile. Una discarica di materiali inquinanti è assolutamente incompatibile con l’assetto geologico dell’area.
L’importanza strategica delle acque potabili sotterranee, nell’attuale periodo di cambiamento climatico caratterizzato da un decremento delle precipitazioni piovose, è sempre più evidente e devono essere evitati interventi che determinino un pericolo di inquinamento irreversibile.
L’attivazione di faglie superficiali con spostamenti verticali e laterali decimetrici e la rotazione di blocchi in aree interessate da tettonica sismogenetica rappresentano problemi geoambientali insuperabili relativamente alla realizzazione di impianti pericolosi per l’ambiente e le risorse idriche.
Credo che la proposta di discarica a Mandrano-Mandranello debba essere considerata come l’ennesimo errore tecnico commesso dal Commissario di Governo relativamente alla scelta dei siti in cui realizzare discariche.

Prof. Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio
Università di Napoli Federico II

Il caso Bagnoli: sviluppi

L’Assise Cittadina per Bagnoli sollecita l’attenzione della società civile e degli organi di informazione cittadina sulla conferenza di servizi che si terrà il 19 dicembre a palazzo San Giacomo, dove si dovranno valutare i tre progetti in lizza per il porto di Bagnoli; i soggetti promotori, su richiesta della Soprintendenza Regionale ai Beni Culturali e Paesaggistici dovranno dimostrare documentatamente la rispondenza delle loro proposte ai vincoli storico ambientali insistenti sul litorale.
L’Assise ritiene che le decisioni assunte in quella sede potranno essere decisive per la riqualificazione di Bagnoli e che debbano essere prese nella massima trasparenza, garantendo ai cittadini il diritto alla partecipazione democratica: condivide e sostiene quindi le richieste di quanti, dai semplici cittadini alle associazioni ambientaliste (Wwf, Italia Nostra, Greenpeace, Vas), hanno chiesto al Comune di poter presenziare alla conferenza e seguirne i lavori.

L’Assise giudica inoltre negativamente la decisione di procedere all’appalto del porto di Bagnoli, per le seguenti ragioni:

In primo luogo, appare assurda la fretta con cui si intende ipotecare parti di territorio per il cui recupero non sono state ancora state definite soluzioni, tempi e risorse certe (l’Accordo di Programma Quadro che prevede la rimozione della colmata e la bonifica del litorale di Bagnoli non è stato ancora firmato). Attribuendo anzitempo a soggetti privati diritti commerciali su aree pubbliche oggetto di risanamento si rischia di generare futuri contenziosi giuridici e finanziari, qualora variassero tempi e modi dell’intervento pubblico. Basti pensare a quanto è successo sul litorale di Bagnoli: l’improvvido rilascio (e successiva sospensione) di concessioni balneari su spiagge che si sapeva da tempo essere inquinate, permette oggi al Consorzio Mare Bagnoli di brandire contro l’ente pubblico l’arma di una milionaria richiesta di risarcimento per danni.

Il secondo punto critico consiste nel cosiddetto “porto-canale”, previsto dal Piano Urbanistico Esecutivo per l’ambito di Coroglio. approvato dal Consiglio Comunale nel maggio 2005: una approvazione mai perfezionata, dato che il Comune ha semplicemente ignorato il parere negativo espresso allora dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici, Paesaggistici e Culturali di Napoli (ed oggi ribadito dalla Soprintendenza Regionale). Un parere, si badi bene, giuridicamente vincolante, che rilevava come la soluzione portuale contenuta nel Piano contrastasse sia con i vincoli storico-ambientali, come il decreto di vincolo ministeriale emesso ai sensi del d.l. 490/99, che con l’articolo 14 della 582/96, la prima legge di finanziamento della bonifica di Bagnoli, che disponeva perentoriamente “il ripristino della morfologia naturale della costa”. Il “porto-canale”, viceversa, scava nella piana di Coroglio oltre 500mila metri cubi di terreno per impiantarvi una darsena grande come 7 campi da calcio, spezzando l’antico tracciato di via Coroglio, percorso storico che attraverso la grotta di Seiano metteva in comunicazione Napoli con Bagnoli e l’area flegrea. Una soluzione sbagliata sotto il punto di vista storico ed ambientale, che presenta oltretutto rilevanti problemi impiantistici e gestionali (l’elevato rischio di insabbiamento, rilevato degli studi dell’ingegner Benassai e del geologo Canniparoli) che rischiano di ripercuotersi sugli equilibri generali dell’intero progetto di riqualificazione.

Infine, esiste una questione sociale di accesso alla risorsa mare, ignorata dagli enti pubblici. Da oltre dieci anni le amministrazioni di centrosinistra difendono la scelta di impiantare un porto su quella che è l’unica spiaggia di Napoli, malgrado le centinaia di posti barca esistenti al Molosiglio, a Santa Lucia, a Mergellina, come anche il migliaio previsto a Vigliena (per non parlare di Pozzuoli, Castellammare, e di tutti i nuovi porti turistici che la Regione Campania, malgrado sia priva di un piano spiagge, prevede di realizzare nei prossimi anni). Gli interessi dei proprietari di barche, dell’industria nautica, degli imprenditori turistici esigono che venga compromesso il recupero della balneazione anche sull’ultimo arenile di una città di mare che ormai è tale solo di nome. L’impossibilità di fruire gratuitamente del mare sotto casa, particolarmente patita dei ceti popolari, genera disagio e perfino morte, come accadde pochi anni fa ad una povera madre perita nei gorghi della inquinatissima spiaggia di Vigliena; di fronte a queste tragedie il Comune sa solo distribuire medaglie alla memoria, senza muovere un dito per rendere effettivo il diritto al mare. Pur avendo un’estensione costiera di quasi 20 km, il comune di Napoli è privo di una vera spiaggia balneabile: escludendo 5 km occupati da strutture portuali, 5 da scogliere (da Mergellina al Molosiglio) e 6,5 km di litorale roccioso seminaccessibile (Posillipo), le uniche spiagge di una certa consistenza sono quella di San Giovanni a Teduccio e di Bagnoli, entrambe precluse all’accesso. La prima, lunga meno di 1 km e profonda poche decine di metri a ridosso dei binari ferroviari, è attualmente inquinata dagli scarichi fognari e minacciata dai futuri reflui di mille imbarcazioni previste a Porto Fiorito, nonchè dagli effluvi della centrale a turbogas di Vigliena; la seconda, lunga 2,5 km e profonda una settantina di metri, è gravata da inquinamento di origine industriale sia sugli arenili che nei fondali marini.
Il Piano Regolatore approvato nel 1998 aveva stabilito che Bagnoli sarebbe diventata la spiaggia di tutti i napoletani e per il recupero del litorale di Bagnoli si prevedono investimenti pubblici per centinaia di milioni di euro, che verrebbero vanificati dalla realizzazione di un porto: questa struttura inquinerebbe inevitabilmente le acque della rada, dove il via vai dei natanti minerebbe la sicurezza della balneazione; rischia inoltre di aggiungersi, anziché sostituire, il porto semi-abusivo esistente oggi a Nisida, che dai 3-400 ormeggi consentiti si espande nel periodo estivo ad oltre 1500 barche, in barba ai controlli della Guardia di Finanza.

Per le ragioni esposte, riteniamo che la realizzazione di qualsiasi porto a Bagnoli confligga sia con le norme di tutela ambientale che con gli obiettivi di interesse pubblico per quell’area; in ogni caso, riteniamo che nessuna decisione debba essere presa prima che siano definite ed avviate le operazioni di recupero del litorale, e che quindi occorra rimandare sine die la suddetta conferenza dei servizi. Appoggiamo l’azione coraggiosa della Soprintendenza a difesa intransigente del patrimonio storico ed ambientale dell’area e confidiamo che la stessa, senza farsi intimidire dalle pressioni dei gruppi di interesse, resti coerentemente attestata sulla linea finora seguita.

NAPOLI NON HA BISOGNO DI NUOVI PORTI MA DI UNA GRANDE SPIAGGIA PUBBLICA AD ACCESSO LIBERO, APERTA A TUTTI I NAPOLETANI. OCCORRE MOBILITARSI PER DIFENDERE IL PATRIMONIO AMBIENTALE E STORICO DI BAGNOLI DA OGNI MINACCIA SPECULATIVA!

L’Assise Cittadina per Bagnoli organizzerà per le ore 12 di mercoledì 19 una conferenza stampa di fronte a palazzo San Giacomo, per sostenere l’operato della Soprintendenza e ribadire le ragioni del no ad ogni porto sul litorale di Bagnoli. Sono invitati la stampa, i cittadini, i comitati civici e le associazioni ambientaliste.

domenica 16 dicembre 2007
Massimo Di Dato, Marco Pirro
coordinatori dell’Assise Cittadina per Bagnoli

info: assisebagnoli@libero.it
cell. 3472954487 (marco)
cell. 3402716771 (massimo)

martedì 18 dicembre 2007

"Un libro in più" - Bookcrossing natalizio al CEICC - mercoledi 19 dicembre, ore 17.30

Se a casa hai un libro che parla di Europa, dei Paesi che ne fanno parte, della cultura che essi esprimono, dei temi di attualità e politica che l'Unione Europea quotidianamente affronta.

Se pensi che il tuo libro meriti qualche lettore in più, mettilo in circolo e portalo al CEICC. In cambio riceverai un quaderno.

Il 19 dicembre alle 17.30 infatti il CEICC presenta il n. 1 del Quaderno CEICC "Un Puzzle Chiamato Europa": notizie - informazioni - approfondimenti - riflessioni sui paesi he oggi, domani o forse mai entreranno a far parte dell'Unione.

E' un'occasione per un brindisi di auguri. BUON NATALE A TUTTI !
Il CEICC è sito a Via Partenope, 36 (ex Facoltà di Economia e Commercio). Info: www.ceicc-napoli.it

TV: La7 trasmette un interessante documentario sull'emergenza rifiuti in Campania

Chi si è sintonizzato ieri sera sul canale La7 intorno alle ore 21.00 ha potuto vedere, durante la trasmissione di approfondimento "Exit", un interessante documentario che ha affrontato in maniera molto dura e - purtroppo - realistica l'emergenza rifiuti in Campania e soprattutto quanto i livelli di inquinamento a cui siamo arrivati mettano a repentaglio la nostra salute.
Chi non ha avuto la possibilità di guardare il programma, non deve perdersi la versione internet che può essere vista in streaming seguendo questo link.
Fate vedere queste immagini a quanta più gente possibile e rendiamoci conto di come siamo riusciti a distruggere un territorio di una fertilità e di una bellezza unica. Non c'è più tempo, è ora di rimboccarci le maniche e di fare qualcosa per favorire una inversione di tendenza.

Mario de Riso

venerdì 14 dicembre 2007

EUROPA, ULTERIORE CONDANNA PER L’ITALIA - PERSI TROPPI AIUTI DI STATO, DISAPPLICATI OBBLIGHI LEGALI

Oltre a non aver saputo recuperare gli aiuti di Stato concessi alla Brandt Italia nel 2004 e dichiarati incompatibili dalla Commissione Europea, il nostro Paese non è riuscito a dimostrare l’impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione comunitaria, disapplicando pertanto gli obblighi legali.

A questa ovvia ed amara conclusione è giunta la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza emessa lo scorso Giovedì 6 Dicembre nella Causa C-280/05. L’Italia è stata giudicata responsabile della violazione delle norme Ue.

Si imputa all’Italia di non avere adottato, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune.

L’Italia, per la Corte Europea, avrebbe quindi dovuto sospendere tutti gli aiuti in corso adoperandosi contrariamente al recupero di quelli già concessi.

Al nostro Stato l’Europa rimprovera, nel caso specifico della Brandt Spa, di non aver seguito le procedure previste.

Nel caso di difficoltà impreviste ed imprevedibili, che si pongono come ostacolo all’esecuzione da parte del Paese interessato della decisione comunitaria, lo stesso deve sottoporre i problemi insorti alla valutazione dell’Esecutivo che provvede a rimuoverli. Così non è stato fatto.

Prevedibile dunque, ma non evitata, una ulteriore condanna del “Bel Paese”.
Cristiana Smurra – Segretario MFE sezione Rossano

lunedì 10 dicembre 2007

La vertenza dei lavoratori dell'ARPAC


L'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC), è un Ente regionale istituito nel 1998. Ha il compito di sviluppare attività di monitoraggio, prevenzione e controllo per la tutela della qualità del territorio e per favorire il superamento delle molteplici criticità ambientali della Campania.

Le attività istituzionali svolte dall'ARPAC sono connesse alle funzioni di protezione e risanamento ambientale a livello locale: vigilanza e controllo sul rispetto delle normative vigenti, supporto tecnico-scientifico agli Enti Locali, erogazione di prestazioni di rilievo sia ambientale che sanitario, realizzazione di un sistema informativo e altre attività di ricerca e informazione in campo ecologico.

In una regione come la Campania, da anni è soggetta ad una crisi ambientale ormai irreversibile, ci si aspetterebbe che un ente di questa importanza abbia i mezzi per operare al meglio.

I lavoratori dell’Agenzia sono invece, da qualche tempo, in stato di agitazione.

Infatti, da un lato il personale lamenta il sempre maggiore ricorso agli strumenti del precariato per i lavoratori dell’Agenzia e la necessità di procedere alla stabilizzazione dei contrattisti.

Ma c’è di più. Lo stato di agitazione, si legge in una nota dei sindacati aziendali, si estende anche nei confronti della Regione Campania affinché “prenda atto delle sempre maggiori e pressanti richieste rivolte all’Agenzia di interventi urgenti per far fronte ai danni ambientali cui è afflitto il territorio della Campania, più che mai pattumiera d’Italia (e forse europea), il quale continua ad essere devastato da danni ambientali, quali la mancata raccolta dei rifiuti, suoli e fiumi inquinati, ecc. e provveda allo stanziamento delle risorse economiche necessarie per finanziare i piani di attività di ARPAC, ivi compreso quelle occorrenti per il piano triennale di stabilizzazione del personale precario”.

La gravità della situazione è tale che i Sindacati, dopo un’assemblea sindacale pubblica svoltasi il giorno 6 e una manifestazione con presidio della sede regionale, tenutasi il 7 dicembre scorso, hanno proclamato uno sciopero per il giorno 18.

Al momento la situazione è in divenire: la Presidenza della Giunta Regionale, dopo aver ricevuto una delegazione dei lavoratori dell’Agenzia, si è impegnata a convocare il giorno 18 p.v. - in concomitanza con lo sciopero - la Commissione Ambiente, congiuntamente agli assessori all’Ambiente, alla Sanità ed al Bilancio, nonché il Management e le Organizzazioni Sindacali dell’ARPAC, per un approfondito esame dei problemi posti e per l’adozione delle soluzioni più opportune.

Teniamo le dita incrociate affinché un Ente come l’ARPAC abbia finalmente gli strumenti e il personale per poter vigilare al meglio sul nostro amato territorio.

Per info sull’attività dell’ARPAC: www.arpacampania.it

Io, monolite di Serra, vi racconto il MADRE - Burlesque su di un'opera d'arte "oltraggiata"


Ascesa e declino dell'installazione concettuale dal punto di vista di lei medesima. Dal battesimo al museo alla funzione di appendiabiti.

Mettiamoci nei panni, o meglio, nella sostanza ferrosa, di un’opera d’arte di Richard Serra, in particolare il parallelepipedo coperto di ruggine, simbolico quanto il monolite di Kubrick de «L’Odissea nello spazio» ma dal volume pari alla cubatura di un confortevole "basso" ai Quartieri Spagnoli, che fa parte della collezione permanente del Madre, il museo d’arte contemporanea di Largo Donnaregina in Napoli. Abbiamo una bella stazza, 18 tonnellate, ed una bella stanzetta ai piani alti del nuovo museo-fondazione da 45 milioni di euro (Edoardo Cicelyn, il curatore, li ha recentemente contati per Exibart).

LA PRIMA VOLTA - Siamo stati accolti con tutti gli onori, la prima volta a Napoli, nel nuovo anno 2004 al museo Archeologico in occasione di una personale di papà Richard e, per il battesimo dei fotografi, ci hanno scelti sia papà che il governatore Bassolino, in posa proprio davanti a noi.

Poi, non ci hanno fatti partire più: un anno dopo, nel maggio del 2005, quando è scattato il count-down per l’apertura del primo museo d’arte contemporanea della città, le istituzioni ci hanno assolutamente voluti nella collezione permanente del nascituro museo — a che prezzo non ha importanza, di denaro si può anche parlare in riferimento all’arte, ma in una stanza, pubblicamente invece, in Campania, è una cosa certamente volgare — tributandoci dunque un onore suppletivo e maggiore del precedente. Poco dopo, durante le disagevoli operazioni di trasporto al Madre, con una punta di brivido e perché no, divertita soddisfazione, abbiamo assistito al piegarsi della strada alla nostra potenza, quando in vico Donnaregina il basolato ha ceduto al nostro passaggio, per ben due volte, stracciando le tubature dell’acqua: un’ulteriore preoccupazione per i poveri abitanti di quell’antica strada tanto martoriata e puntellata tutt’intorno al fiammante museo inaugurato in tre rapide tappe.

Al primo crollo, la Protezione Civile ha fatto scaricare un tir di sabbia lungo tutto il vicolo di 400 metri, ma quando gli operai hanno ricominciato a tirarci sotto una violenta bufera — che risate — al civico 11 la strada ha ceduto di nuovo, terrorizzando i periti che, nel palazzo, stavano già effettuando prove di agibilità.



Bicchieri e cappotti sul «povero» monolite

PARTY E «OLTRAGGI» - Orbene, dopo tutto questo dobbiamo pensare ad uno scherzo delle benevoli istituzioni partenopee, se oggi le nostre regali stazze fungono da complemento d’arredo durante i giovedì danzanti del Madre e, nell’occasione, servano da appendi abiti o da piano d’appoggio per i cocktail venduti al bar poco distante da noi: il primo caffè museale con drink-card d’ingresso obbligatoria, un esempio unico in Europa e probabilmente anche negli Usa.

Infatti, come d’incanto — ma senza alcun incanto pubblico — da qualche mese a pochi metri da noi monoliti di Serra, sulla porta dell’angolo-bar museale, è apparso un elegante cameriere che distribuisce con cortesia ma perentorio tagliandini colorati come quelli delle discoteche di Montauricchio, per l’ingresso con consumazione, necessari pure a chi, magari dopo aver a lungo visitato il museo, vorrebbe solo un bicchier d’acqua. Per la verità, per gran parte della settimana noi monoliti di Serra siamo in buona compagnia, non c'è che dire: Rebecca Horn, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Sol LeWitt.

Epperò, nessuna fanciulla si sogna mai d’appendere borsa e maglione su un teschio della Rebecca, o di appoggiare il gin-lemon sul naso del Pluto di Koons. E per giunta, una volta che si sono serviti, questi giovinastri napulegni ci danno anche le spalle, come giovedì scorso una fanciulla riccia, troppo occupata dal fuoco di fila del corteggiamento di due amici ben allegri: che almeno si faccia vedere, questa graziosa fanciulla, un po' di considerazione.

Che almeno prenda il bicchiere, la prossima volta, per brindare con noi, portando a noi monoliti di Serra la coppa per un sonoro «cin».

Zampanò

sabato 8 dicembre 2007

Botte Di Natale pt.2 - Fini vs. Berlusconi

Il «Roma» attacca Berlusconi: «Solita arringa, ma non incanta Napoli» Il giornale napoletano della destra tira due fendenti al leader azzurro in visita in città. È il prologo di una guerra a destra?


NAPOLI - Che la Casa delle Libertà scricchioli è ormai un fatto noto da tempo. Ma ora a mettere in piazza le crepe nel centrodestra è il «Roma», organo del Movimento politico-culturale «Mediterraneo», strettamente legato al deputato della destra, Italo Bocchino, «figlioccio» di Pinuccio Tatarella e fedelissimo di Gianfranco Fini.

Cosa ha scritto il quotidiano napoletano diretto da Antonio Sasso? Per commentare la serata napoletana di Silvio Berlusconi, ha usato due titoli molto tranchant. Per sottolineare come la visita del Cavaliere fosse un (mezzo) flop, il «Roma» - che in passato non aveva lesinato toni entusiastici ai «bagni di folla» del Cavaliere nel Golfo - ha utlizzato in prima pagina il seguente titolo: «Berlusconi non incanta Napoli».

A dimostrazione che che l'ha davvero con il Cav., a pagina 3, c'è un esplicito bis: «Solita arringa, ma la platea snobba» a firma di Rodrigo Rodriguez. Niente sconti, il tono è quello della resa dei conti. Cosa significa? Il giornale della destra interpreta il sentimento dei finiani verso Berlusconi, accusato di voler fare campagna acquisti anche a mercato chiuso e, soprattutto, nel recinto degli alleati. Perciò il «Roma» traduce in modo plastico il sentiment diffusonella base.

Non solo: proprio mentre la Destra di Storace (e di Antonio Rastrelli e Bruno Esposito) manifesta lealtà senza «se» e senza «ma» al condottiero azzurro, ecco che i colonnelli di Fini affilano le armi verso Forza Italia e il nascente partito (o popolo) delle libertà. Un modo per segnalare un'identità anche a destra, ma anche un prologo per i fuochi d'artificio che potremmo vedere nei prossimi mesi.

Nino Femiani - Corriere del Mezzogiorno

Botte Di Natale pt.1 - Bassolino vs. Nicolais


NAPOLI — Scena già vista. Uno entra, l'altro esce, uno sale sul palco, l'altro scende. E così in mattinata mantengono il punto, ministro e governatore, e fanno in modo di non incontrarsi a Nola nel corso dell'inaugurazione del "Vulcano Buono".

Consapevoli anche che nel pomeriggio, alla prima riunione del comitato nazionale del Pd, volenti o nolenti si ritroveranno e molti occhi saranno per loro. Antonio Bassolino e Gino Nicolais sono diventati i protagonisti di una sorta di soap-opera politica, in cui, dal 24 novembre in poi (giorno cioé dell'elezione della segretaria provinciale Emma Giammattei e del ribaltone), ci sono stati colpi di scena improvvisi, il governatore che dà del correntista trasformista al ministro e chiede l'intervento di Veltroni, il braccio destro di Veltroni, Bettini, che arriva a Napoli e chiede di chiudere la vicenda e non parlarne più.

Gossip a gogo prima della riunione. Cosa sarà successo mai all'hotel romano Parco dei Principi, presente lo stato maggiore del Partito democratico? Il caso ci ha messo lo zampino: governatore e ministro si ritrovano al banco delle registrazioni, vicini. Si guardano, si sorridono e poi si stringono la mano. La notizia si diffonde a velocità della luce a sottolineare che la pace è fatta.

Com'è lontana Napoli da Roma. Nessun incontro formale, però. Bassolino e Nicolais non parlano tra di loro. Ci penseranno gli altri a mediare. Governatore e sindaca sono vicini di sedia. Nicolais si accomoda accanto al segretario regionale Tino Iannuzzi. Passa Walter Veltroni che, pare, dica a Iannuzzi: «Senza Gino (Nicolais) non ce l'avresti fatta». E a Nicolais subito dopo: «Sono convinto che continuerai ad appoggiare Tino (Iannuzzi)».

In sala si discute del caso Napoli e la parola d'ordine è unità, chiudere la vicenda politica. Si fanno capannelli. Il ministro parla con il leader del Pd. Bassolino discute prima con Fassino, poi con Bettini e infine con Veltroni. Smussare gli angoli e abbassare i toni in vista dei congressi veri e propri. Un ironico Ciriaco De Mita si ferma con i Nicolais boys che stanno in attesa: «State calmi, non vi agitate tanto». Annamaria Carloni si tiene a distanza, Teresa Armato fa da confidente. Veltroni, simbolicamente, dirige l'unità partenopea.

Simona Brandolini - Corriere del Mezzogiorno