Ascesa e declino dell'installazione concettuale dal punto di vista di lei medesima. Dal battesimo al museo alla funzione di appendiabiti.
Mettiamoci nei panni, o meglio, nella sostanza ferrosa, di un’opera d’arte di Richard Serra, in particolare il parallelepipedo coperto di ruggine, simbolico quanto il monolite di Kubrick de «L’Odissea nello spazio» ma dal volume pari alla cubatura di un confortevole "basso" ai Quartieri Spagnoli, che fa parte della collezione permanente del Madre, il museo d’arte contemporanea di Largo Donnaregina in Napoli. Abbiamo una bella stazza, 18 tonnellate, ed una bella stanzetta ai piani alti del nuovo museo-fondazione da 45 milioni di euro (Edoardo Cicelyn, il curatore, li ha recentemente contati per Exibart).
LA PRIMA VOLTA - Siamo stati accolti con tutti gli onori, la prima volta a Napoli, nel nuovo anno 2004 al museo Archeologico in occasione di una personale di papà Richard e, per il battesimo dei fotografi, ci hanno scelti sia papà che il governatore Bassolino, in posa proprio davanti a noi.
Poi, non ci hanno fatti partire più: un anno dopo, nel maggio del 2005, quando è scattato il count-down per l’apertura del primo museo d’arte contemporanea della città, le istituzioni ci hanno assolutamente voluti nella collezione permanente del nascituro museo — a che prezzo non ha importanza, di denaro si può anche parlare in riferimento all’arte, ma in una stanza, pubblicamente invece, in Campania, è una cosa certamente volgare — tributandoci dunque un onore suppletivo e maggiore del precedente. Poco dopo, durante le disagevoli operazioni di trasporto al Madre, con una punta di brivido e perché no, divertita soddisfazione, abbiamo assistito al piegarsi della strada alla nostra potenza, quando in vico Donnaregina il basolato ha ceduto al nostro passaggio, per ben due volte, stracciando le tubature dell’acqua: un’ulteriore preoccupazione per i poveri abitanti di quell’antica strada tanto martoriata e puntellata tutt’intorno al fiammante museo inaugurato in tre rapide tappe.
Al primo crollo, la Protezione Civile ha fatto scaricare un tir di sabbia lungo tutto il vicolo di 400 metri, ma quando gli operai hanno ricominciato a tirarci sotto una violenta bufera — che risate — al civico 11 la strada ha ceduto di nuovo, terrorizzando i periti che, nel palazzo, stavano già effettuando prove di agibilità.
LA PRIMA VOLTA - Siamo stati accolti con tutti gli onori, la prima volta a Napoli, nel nuovo anno 2004 al museo Archeologico in occasione di una personale di papà Richard e, per il battesimo dei fotografi, ci hanno scelti sia papà che il governatore Bassolino, in posa proprio davanti a noi.
Poi, non ci hanno fatti partire più: un anno dopo, nel maggio del 2005, quando è scattato il count-down per l’apertura del primo museo d’arte contemporanea della città, le istituzioni ci hanno assolutamente voluti nella collezione permanente del nascituro museo — a che prezzo non ha importanza, di denaro si può anche parlare in riferimento all’arte, ma in una stanza, pubblicamente invece, in Campania, è una cosa certamente volgare — tributandoci dunque un onore suppletivo e maggiore del precedente. Poco dopo, durante le disagevoli operazioni di trasporto al Madre, con una punta di brivido e perché no, divertita soddisfazione, abbiamo assistito al piegarsi della strada alla nostra potenza, quando in vico Donnaregina il basolato ha ceduto al nostro passaggio, per ben due volte, stracciando le tubature dell’acqua: un’ulteriore preoccupazione per i poveri abitanti di quell’antica strada tanto martoriata e puntellata tutt’intorno al fiammante museo inaugurato in tre rapide tappe.
Al primo crollo, la Protezione Civile ha fatto scaricare un tir di sabbia lungo tutto il vicolo di 400 metri, ma quando gli operai hanno ricominciato a tirarci sotto una violenta bufera — che risate — al civico 11 la strada ha ceduto di nuovo, terrorizzando i periti che, nel palazzo, stavano già effettuando prove di agibilità.
PARTY E «OLTRAGGI» - Orbene, dopo tutto questo dobbiamo pensare ad uno scherzo delle benevoli istituzioni partenopee, se oggi le nostre regali stazze fungono da complemento d’arredo durante i giovedì danzanti del Madre e, nell’occasione, servano da appendi abiti o da piano d’appoggio per i cocktail venduti al bar poco distante da noi: il primo caffè museale con drink-card d’ingresso obbligatoria, un esempio unico in Europa e probabilmente anche negli Usa.
Infatti, come d’incanto — ma senza alcun incanto pubblico — da qualche mese a pochi metri da noi monoliti di Serra, sulla porta dell’angolo-bar museale, è apparso un elegante cameriere che distribuisce con cortesia ma perentorio tagliandini colorati come quelli delle discoteche di Montauricchio, per l’ingresso con consumazione, necessari pure a chi, magari dopo aver a lungo visitato il museo, vorrebbe solo un bicchier d’acqua. Per la verità, per gran parte della settimana noi monoliti di Serra siamo in buona compagnia, non c'è che dire: Rebecca Horn, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Sol LeWitt.
Epperò, nessuna fanciulla si sogna mai d’appendere borsa e maglione su un teschio della Rebecca, o di appoggiare il gin-lemon sul naso del Pluto di Koons. E per giunta, una volta che si sono serviti, questi giovinastri napulegni ci danno anche le spalle, come giovedì scorso una fanciulla riccia, troppo occupata dal fuoco di fila del corteggiamento di due amici ben allegri: che almeno si faccia vedere, questa graziosa fanciulla, un po' di considerazione.
Che almeno prenda il bicchiere, la prossima volta, per brindare con noi, portando a noi monoliti di Serra la coppa per un sonoro «cin».
Zampanò
Infatti, come d’incanto — ma senza alcun incanto pubblico — da qualche mese a pochi metri da noi monoliti di Serra, sulla porta dell’angolo-bar museale, è apparso un elegante cameriere che distribuisce con cortesia ma perentorio tagliandini colorati come quelli delle discoteche di Montauricchio, per l’ingresso con consumazione, necessari pure a chi, magari dopo aver a lungo visitato il museo, vorrebbe solo un bicchier d’acqua. Per la verità, per gran parte della settimana noi monoliti di Serra siamo in buona compagnia, non c'è che dire: Rebecca Horn, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Sol LeWitt.
Epperò, nessuna fanciulla si sogna mai d’appendere borsa e maglione su un teschio della Rebecca, o di appoggiare il gin-lemon sul naso del Pluto di Koons. E per giunta, una volta che si sono serviti, questi giovinastri napulegni ci danno anche le spalle, come giovedì scorso una fanciulla riccia, troppo occupata dal fuoco di fila del corteggiamento di due amici ben allegri: che almeno si faccia vedere, questa graziosa fanciulla, un po' di considerazione.
Che almeno prenda il bicchiere, la prossima volta, per brindare con noi, portando a noi monoliti di Serra la coppa per un sonoro «cin».
Zampanò
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