sabato 28 luglio 2007

Da un Sistema di Democrazia Rappresentativa verso un Sistema di Democrazia Partecipativa – Il possibile …

Vuoto ideologico, identità perduta, incapacità di gestione, condizionamento “culturale”, abuso di potere, autoreferenzialità del ceto politico, consociativismo, deficit assoluto di ETICA della POLITICA, hanno determinato un profondo scollamento della classe dirigente politico-amministrativa dalla società civile, dal mondo reale, dalle PERSONE.

In questa fase di intensa rielaborazione dell’intero sistema politico, in una prospettiva di grandi riforme istituzionali, sistema elettorale compreso, a mio giudizio, il potere decisionale di chi è deputato a governare il Paese dovrebbe essere configurato secondo lo schema RESPONSABILITA'-SANZIONE (sanzione positiva all’efficienza – sanzione negativa all’inerzia e all’abuso), non senza il ripristino di un più autentico e propulsivo spirito MUNICIPALE, in cui gli Enti Locali si trasformino da luoghi di amministrazione burocratica in laboratori di AUTOGOVERNO! Vorrei provocare una riflessione, e spero -in futuro- anche una concreta AZIONE, nella futura leadership, relativamente alla necessità di diffusione del c.d. Bilancio Partecipativo, quale strumento di autentica partecipazione democratica -al sistema di autogoverno dell’ente locale- del destinatario effettivo delle scelte politiche e di governo dei dirigenti, fino ad oggi imposte dall’alto.

Il dono più prezioso che possa coltivare l’umanità è la DEMOCRAZIA. Fiumi di sangue sono stati versati a difesa di questo straordinario sistema politico, ma ritengo che lo schema della democrazia rappresentativa abbia dato già i suoi frutti migliori allorché nasceva la Prima Repubblica; più tardi, invece, dopo gli anni '90, caratterizzati dal “fenomeno” Tangentopoli, tale modello ha iniziato ad offrirci altresì i suoi più amari frutti. L’incapacità di comunicazione e il deficit di credibilità in cui attualmente perversa ogni sistema di potere socio-politico-economico dell’Italia tutta, che costringe grandi partiti politici a coalizzarsi, e talvolta a fondersi oltre le ideologie e le origini identitarie, ne costituisce la più clamorosa, disarmante ed inconfutabile prova.

Orbene, sembra che l'esperienza di Porto Alegre, ridente capitale del Rio Grande do Sul, (Brasile) dove si pratica l'istituto del Bilancio Partecipativo già da diversi anni, con esiti affatto meritevoli di attenzione e di analisi, dove la democrazia autenticamente partecipativa, quella praticata dal CITTADINO-PERSONA, per il cittadino, del cittadino, ha sostituito la politica asservita alla dittatura dei mercanti; qui i cittadini hanno iniziato ad appassionarsi realmente alla politica e a prendervi parte allorché hanno compreso che avrebbero potuto scegliere autonomamente, ogni anno, come e dove investire una parte di risorse del loro Municipio. Non a caso, Porto Alegre è stato scelto come città ospite del Global Social Forum, esempio di meraviglioso dibattito democratico itinerante!

Il nuovo Partito Democratico, i leaders che si candidano a gestire questa fase critica e fondamentale per la nostra meravigliosa e martoriata terra diano alla collettività la speranza che il cittadino sia davvero al centro della politica, che non sia solo spettatore (talvolta vittima) di un potere abusato e verticistico; alimentino la speranza che una globalizzazione orizzontale è possibile; diano altresì la certezza che esistono uomini che scelgono la politica per amore della vera democrazia; che la corruzione ceda il passo alla solidarietà sociale; che anche chi ricco non nasce possa sperare di vivere più agiatamente, per criteri meritocratici; che ciascuno, dalla propria abitazione, dal proprio centro di accoglienza, chi dal proprio letto di ospedale, chi dalla propria azienda, chi dal proprio banco di scuola, chi dalla strada, nessuno escluso, possa iniziare a sperare che un mondo migliore è realmente possibile! Se è difficile, com’è difficile, incidere nel processo di democratizzazione del mondo intero. Facciamo in modo che almeno qui, in Campania, i cittadini tornino ad essere al centro della POLITICA, e contribuiamo affinché questo fiume scorra quotidianamente in un letto di ETICA, come saggiamente suggeriva Max Weber!


Dirigente Regionale DS Campania
Avv. Maria Gatto

martedì 24 luglio 2007

Summer School – Terzo capitolo – L’intervento di Enrico Letta

Ho preannunciato che mi sarei occupato separatamente dell’intervento di Enrico Letta alla Summer School (svoltosi nella mattinata di sabato 14 luglio scorso), in quanto ritengo che le sue parole abbiano rappresentato il momento di maggiore spessore ed interesse dell’intera manifestazione.

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si è rivolto alla platea non nascondendo la propria natura di politico impegnato in prima linea nell’esperienza di governo e non risparmiando le proprie personali - e condivisibili - critiche al sistema attuale della politica in Italia.

Il primo elemento che è stato esaminato nella sua analisi è stata la gerontocrazia, che attualmente domina lo scenario politico nazionale. Secondo Letta, le motivazioni di questa anomalia tutta nostra sono da ricercarsi nel fatto che le dialettiche democratiche all’interno dei partiti sono pressoché inesistenti. Ogni leader europeo, da Zapatero a Sarkozy, passando per Angela Merkel e ora Gordon Brown, prima di diventare primo ministro, ha dovuto superare delle fasi di selezione interna all’interno della propria formazione politica: imporsi con le sue idee, diventarne segretario. Solo alla fine di questo processo virtuoso ha potuto affrontare e vincere le elezioni politiche nazionali.

In Italia questa fase semplicemente non esiste, visto che si diventa politici per “cooptazione”. Da anni i leader dei partiti sono sempre gli stessi e, qualora ci sia qualcuno che dissenta dalla linea politica stabilita dai leader, l’unica alternativa che rimane è fondare un proprio partito personale.

L’elemento di novità che deve portare il nascente Partito Democratico, ha continuato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, deve essere la contendibilità della leadership. Una sana competizione che manterrà il partito giovane e più aggiornato rispetto alle esigenze sempre nuove prospettate dalla società.

Nella seconda parte del suo discorso, Enrico Letta ha proposto la sua interpretazione dell’immobilismo politico e decisionale dell’esperienza italiana.

Applicando i principi di un’analisi economica, Letta ha utilizzato tre parole: POTERE – RESPONSABILITA’ – SANZIONE, per schematizzare come funzioni un sistema virtuoso e come invece le cose vanno avanti nel nostro paese, dove domina la politica della non-azione.

L’uomo politico viene delegato dal popolo a comandare; possiede quindi il potere. Di conseguenza ha anche l’onere di governare bene: si deve assumere le sue responsabilità nella guida del suo governo, sia locale o nazionale. Il concetto di sanzione arriva alla fine: se è stato bravo e ha governato bene, viene sanzionato con una rielezione, ma se ha fallito, deve andare via. Deve quindi esserci un giudizio. La sanzione può essere positiva o negativa, l’importante è che sia correttamente applicata nell’ambito di un gioco democratico.

Nel dibattito che è seguito, ho fatto questo intervento: “Lei parla di potere, responsabilità e sanzione come di parole che si devono applicare. In Campania, i nostri leader politici hanno avuto il potere dal popolo, non si sono assunti le responsabilità delle loro azioni, non sono stati sanzionati in quanto sono ancora ai loro posti. Addirittura il Partito Democratico li vedrà, con molto probabilità, come i futuri dirigenti del Partito Democratico in Campania? Le sembra quindi che il partito democratico stia nascendo con le basi giuste in Campania?
Inoltre lei discute di contendibilità della leadership dei partiti, parlando di Zapatero, Angela Merkel o Sarkozy. A livello campano le domando se non sia il caso di far crescere dei giovani al posto dei vecchi uomini politici che hanno già fallito nella gestione della regione. A livello nazionale lei porta questi esempi e cosa fa? Non agisce? Scenda in campo e porti con sé un gruppo di giovani, lei è un giovane ed è in grado di vincere le primarie!”

Le mie parole hanno infiammato la sala ed è partito un lungo e intenso applauso che indicava che anche il resto della platea condivideva le mie parole.

Letta, nella sua risposta, ha spiegato: “Facciamo entrare competenze, proviamo a mettere un piede nella porta per allargarla. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità interpretando le primarie in modo aperto e coraggioso. Il Partito Democratico è una grandissima opportunità se è aperto e fatto per aprire a nuova classe dirigente. Se è fatto per chiudersi e garantire quelli che sono già dentro, allora fallirà.”

Scrivo questo articolo nel giorno in cui Enrico Letta ha annunciato la sua candidatura alle elezioni primarie per la Segreteria del nascente Partito Democratico. Non posso nascondere la mia personale soddisfazione per questa decisione, che rappresenta bene una generazione, quella di coloro che sono nati e vissuti al di là dei conflitti ideologici tra destra e sinistra e che si preoccupano maggiormente della capacità di gestire bene la cosa pubblica, preoccupati dallo sfascio quotidiano a cui siamo costretti ad assistere.

Ritengo che Walter Veltroni (non considero onestamente le altre candidature presentate finora di particolare rilievo o innovazione) non sia altro che l’espressione di una vecchia nomenklatura che, anziché cogliere l’occasione di uno svecchiamento e rinnovamento, decide di presentare l’ex segretario di partito che aveva guidato i DS alla disfatta elettorale del 2001.

Sono inoltre in sintonia con il Presidente dell’Associazione Ideura, Carmine Pacente, quando dice che è inaccettabile ascoltare proposte di autorevoli politici che auspicano il collegamento dei segretari regionali del PD al candidato alla segreteria nazionale. Ciò vorrebbe dire stroncare sul nascere qualsiasi competizione vera sulla leadership, anche a livello locale e si rischierebbe ancora una volta di legittimare la politica autoreferenziale, nella quale i dirigenti di sempre saltano sul carro del vincitore per conservare la propria rendita di posizione.

Se il Partito Democratico deve avere una spinta di innovazione allora è bene che questa sia reale e concreta, sia a livello campano che nazionale.

Il Presidente Geremicca ha esortato i giovani a fare politica per poter modificare lo stato di fatto. Allora io esorto tutti i “giovani politici” campani a far ascoltare le loro idee e ad avere il coraggio di scontrarsi con la vecchia oligarchia campana senza timore reverenziale, ma con la forza e la consapevolezza di essere nel giusto!

Il mio compito, non facendo (ancora) parte né del mondo politico nazionale, né campano, è quello di spronare i miei “giovani colleghi politici” e tutti quanti a far di più e meglio per la nostra società.

Mi auguro solo che – per una volta - il prossimo leader del Partito Democratico sia libero e forte nelle sue scelte: è in gioco il futuro del nostro Paese e della nostra terra!

Auguro che il Paese possa far crescere giovani desiderosi di rinnovamento e che questa candidatura possa essere il primo segnale di una riscossa annunciata !

Vi saluto tutti cordialmente,

Luigi Esposito

lunedì 23 luglio 2007

La bella addormentata nel bosco aspetta il bacio del principe azzurro?

Domenica 15 Luglio si è conclusa la Summer School con gli interventi di autorevoli personaggi tra i quali quello di Giovanni Lettieri, Presidente dell’Unione Industriali di Napoli.

Durante il suo discorso, Lettieri ha sollecitato più volte l’amministrazione comunale napoletana a stabilire i tempi precisi e le modalità dei progetti che la stessa porta avanti. Non bisogna definire il tempo una variabile indipendente: nella nomenclatura manageriale è noto che un progetto che non ha una fine stabilita, non finisce mai. A tali accuse l’amministrazione comunale non ha risposto. Ho pensato che l’amministrazione non ha risposto perché naturalmente il sindaco conosce più che bene le regole del management e non ha voluto accettare “la provocazione” del Presidente Lettieri.

Perché un manager come Lettieri dovrebbe mai insegnare le regole basilari e semplici del management al sindaco Iervolino, sindaco della città di Napoli? È possibile che il sindaco non conosca le regole fondamentali del management moderno?

Inizio a divagare con la mente e mi ricordo che sul giornale “Il Mattino” di Napoli di Martedì 29 Maggio 2007, a pagina 38, il primo cittadino di Napoli, Rosa Russo Iervolino, tracciava un breve bilancio del comune di Napoli e affermava: “Certo non mi aspettavo la crisi dei rifiuti, non immaginavo una simile situazione. E soprattutto immaginavo un bilancio senza troppi problemi. Invece stiamo soffrendo ancora anche perché Prodi ha ereditato la catastrofe lasciata da Berlusconi”.

Sempre su “Il Mattino” di Napoli del 31 Maggio 2007 a pagina 35 il primo cittadino esclamava:
A Napoli il problema rifiuti lo abbiamo ereditato e non creato, ma siamo stati capaci anche di affrontarlo e risolverlo”.

Subito mi domandai: “Sono stati capaci di affrontarlo e risolverlo?”

Pensando ai possibili motivi, continuai a sfogliare sempre “Il Mattino” del 31 Maggio 2007 e a pagina 10 lessi, nella rubrica di Pietro Gargano, questa frase di “andreaippolito9@libero.it”:
“Ho sognato Spiderman che, con le sue forti ed elastiche ragnatele, ha cominciato a tirare su tutti i sacchetti di rifiuti che, oramai fuoriusciti dai cassonetti, giacevano in un raggio di 5-6 metri. Aveva trasformato le sue ragnatele e le aveva modellate fino a dar loro la forma di un enorme sacco che conteneva una quantità abnorme di rifiuti.”

Allora mi sono chiesto: “La Iervolino ha, forse, fatto lo stesso sogno?”.

Incuriosito dalle affermazioni espresse sia sul bilancio del comune di Napoli, sia sul problema dell’emergenza rifiuti, inizio a operare le mie solite ricerche e scopro che, in Campania, molti comuni non pagano i servizi forniti dal Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, in particolare, Napoli deve 83 milioni di euro alla struttura commissariale.

Dopo tale vicenda penso che il sindaco ha molto da fare e una piccola disattenzione può capitare a tutti. Siamo sempre essere umani e non robot. La Iervolino non solo conoscerà l’A, B, C del management, ma avrà certamente una visione globale delle problematiche della città. Alcuni piccoli problemi possono sfuggire a tutti.

Continuando a mettere insieme le mie letture, trovo che lo scorso 9 giugno, alcune delle più importanti testate cittadine hanno dato ampio risalto alla notizia della revoca da parte della Regione di 53,3 milioni di euro destinati a finanziare ben 51 progetti di recupero e restauro, in vari comuni della Campania.

Si trattava dei fondi Por 2000-2006, ritirati a causa del ritardo nell’indizione dei bandi delle gare d’appalto da parte dei comuni. Il termine ultimo era infatti il 31 dicembre 2006. Tra le città più danneggiate c’è Napoli, che vede andare in fumo più di 11 milioni di euro che dovevano servire tra l’altro per il restauro di Villa Ebe e del museo Filangieri.

Il Sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino è andata su tutte le furie, affermando (cito testualmente da quanto riportato tra virgolette sul Corriere del Mezzogiorno del 9 giugno): “Perdere quei fondi è una cosa di una gravità inaudita; quello che è accaduto qui, in quest’amministrazione, facendo scadere i termini per le gare è una cosa che il Sindaco non dimenticherà”. Subito penso: “Che sfortuna! Il sindaco era impegnato in altre vicende e non è riuscita in maniera preventiva ad assicurarsi gli 11 milioni di euro!”

Vado avanti e sfogliando Il Mattino di mercoledì 18 Luglio, leggo in un articolo di Salvo Sapio, che ci sono 400 milioni di euro di multe che il Comune di Napoli (dal 1993 ad oggi) non è riuscito a incassare in nessun modo. Milioni di euro che pesano come un macigno sul bilancio dell’amministrazione comunale.

In aggiunta a questo, leggo che in appena in un anno il costo complessivo del personale è cresciuto di circa 30 milioni di euro, passando dai 437 milioni del 2005 ai 465 milioni del 2006. I dati provengono dalla relazione del collegio dei revisori dei conti, che ha rilevato anche la mancanza di procedure di controllo sulla spesa del personale.

I dipendenti assunti a tempo determinato sono calati in un anno di circa 400 unità (da 13.004 a 12.654), ma la spesa complessiva è cresciuta di quasi di trenta milioni di euro, segno che sono aumentati i dirigenti e i livelli alti.

Sono rimasto sbalordito dai numeri stratosferici del costo globale del personale e della elevata quantità del personale a tempo determinato: cifre incredibili!

Tutto ciò mi sembra grave, considerando anche che la Iervolino è al secondo mandato e avrebbe avuto tutto il tempo per organizzare la gestione della nostra città.

Su tutto questo l’Amministrazione non ha rilasciato dichiarazioni. Penso che certamente il sindaco, da buon manager, ha altre priorità nella sua agenda. La scelta delle priorità è un’altra regola basilare del management e certamente il sindaco la applica in pieno! Siamo noi a non conoscere la globalità dei problemi e il focus dell’amministrazione in questo momento è su altri problemi.

Ma, proseguo la lettura del giornale e noto un altro articolo dal titolo: “Linea dura per il Plebiscito – il sindaco: via gli scooter”. Leggo: “Linea dura contro lo sfregio al Plebiscito". Il sindaco Rosa Russo Iervolino ha parole pesanti contro chi viola l’isola pedonale della piazza simbolo della città. Il sindaco afferma: "I motorini se ne devono andare. Non c’è mica una scelta politica da compiere, piazza del Plebiscito è il luogo dove la gente deve passeggiare tranquillamente. È diventata ormai una piazza simbolo ed è un principio che i motorini se ne devono andare”. Salto letteralmente sulla sedia: "Il sindaco usa parole così forti per il rispetto della pedonalizzazione di piazza del Plebiscito? Una delle priorità è questa? In tal caso si vuole adottare la linea dura facendone anche proclami per mezzo stampa?"
Immagino per un attimo la scena: il sindaco è indaffarato a risolvere mille problemi nel suo ufficio. A un certo punto bussano alla porta ed entra qualcuno che dice che “piazza del Plebiscito è attraversata dai motorini durante le ore notturne”. Il sindaco immediatamente risponde: “Domani mandate una impresa a ricontrollare le catene che circondano la piazza e che si appoggiano sui piloni. Lasciate due varchi pedonali aperti di circa 80 cm presidiati da uomini che si alternano. È la nostra piazza e la dobbiamo preservare. Grazie della segnalazione! A presto! Ritorniamo alle nostre priorità!”

Mi chiedo: "Davvero la Iervolino è la bella addormentata nel bosco? Magari sta aspettando il bacio del principe azzurro che la risvegli dal suo profondo sonno e prenda in mano le redini del regno?"

Continuo a sfogliare i giornali e penso a chi potrebbe essere il possibile principe azzurro e cosa leggo? Su Il Mattino del 16 luglio il Ministro della Giustizia Clemente Mastella, annuncia di non escludere una sua candidatura alla poltrona di sindaco alle prossime amministrative. Lo dice con i toni leggeri che gli sono consueti, ma senza mezzi termini aprendo una riflessione intorno a quella che dovrebbe essere “la nuova era del centro-sinistra in Campania”.

Dopo tale lettura resto senza parole: "Tutto questo è una favola oppure un incubo?"

Luigi Esposito

Scuola di formazione politica campana

Domenica 15 Luglio si è conclusa la Summer School con gli interventi di autorevoli personaggi tra i quali quello di Giovanni Lettieri, Presidente dell’Unione Industriali di Napoli e di Luigi Nicolais, Ministro della Funzione Pubblica.

Lettieri ha proposto la sua ricetta per rendere più efficienti i consigli comunali (e non per abbattere i costi come hanno riportato i giornali), suggerendo di non stipendiare i consiglieri. Chi fa politica, ha sostenuto il leader degli imprenditori napoletani, lo faccia per passione e non per retribuzione.

Nicolais ha invece ribattuto che la inefficienza della macchina governativa nazionale o locale non discende tanto dalla retribuzione degli eletti, ma quanto dai costi che bisogna sostenere per i non eletti, che sono tanti e hanno sostenuto tante spese, che vengono tutti piazzati riempiendo i consigli di amministrazione delle aziende partecipate, oppure ottenendo consulenze esterne.
Ritengo che le valutazioni espresse dal Ministro siano probabilmente in maggiore sintonia con quello che accade nel paese e in regione.

La “scuola di formazione politica in salsa campana” funziona spesso in questo modo: io politico vengo eletto a una funzione di governo come sindaco, presidente della provincia o governatore della regione. Ho avuto una campagna difficile e sono stato aiutato da molti amici che hanno impiegato sia risorse di tempo, sia risorse economiche per appoggiarmi. Sono quindi in obbligo verso loro e devo trovare il modo di ripagare il loro supporto, naturalmente senza commettere illeciti. Devo quindi cercare il modo di farli lavorare e di far loro recuperare i finanziamenti. Se però mi rivolgo al dirigente messo dalla giunta precedente, scopro magari che è un tipo rigoroso e pignolo nel suo lavoro e quindi poco disposto a recepire le indicazioni dell’amministrazione.

Quella persona rappresenta evidentemente un problema. La soluzione che si trova allora è quella di lasciare il dirigente al suo posto, ma riorganizzo l’amministrazione, creando uffici nuovi e altri dipartimenti, altre aree, spostando tutte le questioni di maggiore interesse nelle aree create ex novo.

In questo modo il vecchio dirigente non è più un problema e al suo posto io potrò contare su di un altro manager, esterno, assunto a contratto, di sicura fiducia.

Ma non finisce qui. È possibile poi prendere un pezzo delle attività di interesse ed esternalizzarle in una società a partecipazione pubblica-privata (Mista): una S.p.A. nella quale l’ente ha la maggioranza e ha quindi potere di nomina dei presidenti, i consiglieri di amministrazione, etc. Con l’effetto collaterale di creare posti di lavoro e assumere molti dei giovanotti che hanno aiutato durante la campagna elettorale.

In tutto questo non vi è alcun illecito ma si crea un meccanismo perverso di malgoverno e lievitazione dei costi nella gestione della cosa pubblica, che comporta anche la conseguenza nefasta di orientare l’amministrazione verso un risultato che è quello della produzione del consenso.

Alla luce di questi meccanismi, è possibile pensare che l’inefficienza della burocrazia regionale dipenda esclusivamente dagli stipendi dei consiglieri comunali o regionali che siano? Immagino di no!



Luigi Esposito

domenica 22 luglio 2007

Premio internazionale Città di Mariglianella “Gallo d’Oro 2007”


Ieri sera, 21 Luglio, nella Piazza Carafa, adiacente al Municipio di Mariglianella, si è svolta la prima edizione del Premio Internazionale Città di Mariglianella “Gallo d’Oro 2007”, nella quale sono stati premiati autorevoli personaggi come la Senatrice Franca Rame che ha ricevuto il “Premio per alti meriti culturali e sociali” e artisti di rilievo internazionale come Riccardo Dalisi e Vittorio Avella, insigniti con il "Premio il genio dell’arte”.


È stato premiato anche il centro culturale VivaCampaniaViva con il “Premio per la salvaguardia e la tutela dell’ambiente”.


La premiazione dei vincitori del “Premio Gallo d’Oro 2007” si è alternata alla manifestazione “I cortili della memoria”, in ricordo del venerabile Carlo Carafa, ricca di musica, cabaret e poesia con la poetessa Tina Piccolo, il cavaliere Gianni Ianuale, il gruppo musicale “Le Nacchere Rosse” e tanti altri artisti.

Vogliamo ringraziare la fondatrice della manifestazione, la giornalista de “Il Mattino”, dottoressa Anita Capasso, una donna caratterizzata da una vitalità esplosiva e una purezza d’animo incredibile.

Luigi Esposito


venerdì 20 luglio 2007

VivaCampaniaViva!

Ringraziamo Maria Grazia d'Angelo, che ha pubblicato il seguente articolo sul giornale "Il Barbiere", un periodico indipendente di approfondimento distribuito in Abruzzo, Campania, Lazio e Toscana:

VivaCampaniaViva:
Questo il nome del Centro culturale campano per la rinascita, la ricrescita, la riscoperta della regione, creato da giovani professionisti del luogo desiderosi di far qualcosa di concreto per la propria terra e valorizzarne le ampie risorse.

Risorse che troppo spesso vengono adombrate dalle pesanti nuvole nere della sporcizia fisica e morale che ha macchiato e continua a lasciare il suo spiacevole segno sulle pagine dei quotidiani e nell’immaginario comune di questo territorio. Indebolita dalle piaghe di sempre quali la delinquenza, l’illegalità, la malavita, la Campania tuttavia è viva e i suoi giovani vogliono dimostrarlo.

Da questo vivace bisogno di risveglio nasce l’associazione VivaCampaniaViva, il cui interesse primario è salvare l’identità della regione, riscoprirne le antiche radici, valorizzarne i talenti . Un simposio di intelligenze affamate di chiarezza, di domande ma soprattutto risposte al perché dei tanti disagi che ingiustificatamente affliggono la quotidianità dei cittadini che danno tanto col loro lavoro ed esigono esser ricambiati. Nasce nel 2006 , i fondatori Luigi Esposito e Mario De Riso di Carpinone , l’uno ingegnere, l’altro operativo nel marketing aziendale. Amici da più di vent’anni scoprono, viaggiando per lavoro, la differente realtà del resto dell’Italia e d’Europa, e comparandola a quella campana, sentono imminente l’esigenza di creare una prospettiva di “normalizzazione” della propria terra.

Una speranza si, ma concreta, supportata da incontri con amministratori pubblici, politici e professionisti, unico obiettivo perorare la causa del Rinascimento campano. L’associazione è aperta a tutti, unico requisito voglia di collaborare a questo progetto, e dare un impegno sano e valido per smuovere le coscienze, risvegliare le intelligenze troppo spesso sopite per rassegnazione o semplice non curanza. Perchè cambiare si può, anzi si deve. E comunque volerlo è gia un gran passo avanti.

Maria Grazia d'Angelo

Summer School – Secondo capitolo – I relatori dei quattro giorni napoletani

Gli interventi che si sono succeduti nella quattro giorni della Summer School si sono svolti su due livelli. Uno squisitamente politico, in particolare con i contributi di Piero Fassino (segretario dei DS), Enrico Letta (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Luigi Nicolais (Ministro della Funzione Pubblica), Antonio Bassolino (Governatore della Regione Campania) e Giovanni Pittella (Presidente della Delegazione Italiana nel PSE), mentre l’altro ha affrontato problematiche politiche da un punto di vista più ampio, vorrei dire “culturale”. Di particolare rilievo in questo senso è stata la conferenza tenuta da Biagio De Giovanni, oltre agli interventi di Raffaele Cananzi (Avvocato dello Stato ed ex presidente dell’Azione Cattolica), Francesco Paolo Casavola (Presidente Emerito della Corte Costituzionale), dei proff. Zaccaria e Ciriello e naturalmente di tutti gli altri docenti i quali hanno portato un contributo comunque notevole alla buona riuscita dell’iniziativa.

Di particolare rilievo a mio avviso nella parte politica è stato il discorso (e anche il successivo dibattito) dell’on. Letta, cui ho ritenuto di dedicare uno spazio a parte.

Le premesse dell’intervento di Piero Fassino – colui che ha dato il “calcio d’inizio” al ciclo di conferenze del primo giorno - hanno puntato i riflettori sulle decisioni dell’UE che, se deciderà di stanziare nuovi fondi per il Mezzogiorno, potrà agevolare il rilancio delle politiche di sviluppo nei confronti del Sud Italia.
Devo dire che già dall’apertura, questo mi è sembrato un modo di sfuggire ai veri problemi della nostra terra. Se è vero che ormai gran parte delle politiche di sviluppo e di coesione si decidono a Bruxelles, è anche vero che è giusto che il Mezzogiorno provi oggi finalmente a rialzarsi da solo puntando seriamente sulle proprie forze e capacità. E d’altronde la politica nazionale poco ha fatto per favorire il rilancio dell’iniziativa privata e lo sviluppo delle attività dalle nostre parti.
Il secondo aspetto del discorso del segretario dei DS ha affrontato il tema della crisi della politica che ha smarrito o ridotto la capacità di esprimere progettualità, visione, costruire metodo e di formare i giovani.
Vi sono due temi cruciali nel rapporto tra cittadino e politica, ha proseguito Fassino, il tema del tempo e quello dello spazio.
Oggi viviamo nella società del tempo reale, nella società dell’istante grazie al web e alla globalizzazione. La politica è nata nella società del tempo differito e quindi non è più in grado di rispondere con la dovuta prontezza alle sollecitazioni della società.
Per il tema spazio bisogna dire che la politica democratica è cresciuta nel corso del ‘900 nella dimensione dello Stato-Nazione in un tempo in cui anche il mercato era nazionale.
Oggigiorno vi è la integrazione europea e la globalizzazione; il fenomeno economico non si esercita più nello Spazio-Nazione ma in una dimensione internazionale, pur rimanendo la sovranità a carattere nazionale.
Tutto ciò accade sia per il fatto che i processi hanno dimostrato che uno spazio più grande è più rischioso sia perchè i cittadini non riescono ad individuare personaggi politici nazionali pronti a difendere lo spazio Europa. Da ciò nasce il desiderio dei cittadini di volere le loro Nazioni. Spetta alla politica adeguarsi alla internazionalità e, successivamente, istruire i cittadini.
Nel dibattito che si svolto successivamente, ho avuto modo di intervenire, facendo presente che, se bisogna individuare due cause della crisi tra politica e società civile, queste sono: il tempo e i ritardi che l’azione di governo ha nei confronti del mondo reale e la percezione che i politici facciano solo i loro interessi e non quelli della collettività.
Ho spiegato infatti, che a mio avviso la classe media non percepisce la causa spazio, poiché è maggiormente concentrata sui problemi della sua quotidianità, piuttosto che ai processi politici sovranazionali.
Fassino ha replicato alla mia sollecitazione, ribadendo l’attuale volontà di diminuire i benefit dei parlamentari (tessere gratuite, buoni pasto ecc.), ma probabilmente così facendo ha eluso la dimensione reale del problema, cioè quella di comportamenti come quello di nominare presidente di qualche inutile commissione l’amico trombato alle elezioni, facendo così lievitare la spesa pubblica e quindi non perseguendo l’interesse generale.

Di scarso rilievo mi è sembrato l’intervento del Governatore Bassolino, il quale ha sottolineato la crisi tra cittadini e politica dovuta al carattere extranazionale del mercato e la peculiarità nazionale della politica, riprendendo alcuni dei temi già svolti da Fassino. Anche lui ha ribadito la necessità di una riforma dei costi della politica ed è un peccato davvero che non sia potuto rimanere durante il successivo dibattito, visto che avrei voluto fargli presente che se c’era qualcuno che certamente non aveva dato grande prova di sé in questa materia, era proprio lui. Ciononostante ho trovato un punto di accordo con le sue parole, quando non ha risparmiato critiche all’attuale legge elettorale che favoriva gli interessi dei partiti e non della società civile (anche se curiosamente anche qui avrei potuto fargli notare che nelle scorse elezioni politiche la sua famiglia se n’è evidentemente avvantaggiata, visto che sua moglie era la capo-lista dei DS in Campania).

Di ben altro rilievo è stata la lezione tenuta dall’on. Giovanni Pittella, durante il terzo giorno, il quale ha sottolineato che i grandi problemi mondiali come disuguaglianze sociali, surriscaldamento del pianeta ci fanno capire che abbiamo bisogno di Governi sovranazionali. Nonostante questo però l’esperienza di sovranazionalità, come quella in Europa, stenta a rafforzarsi e nell’ultimo periodo si è avuta una chiusura a riccio dei cittadini verso l’ambito degli stati nazionali.
Eppure oggi c’è un panorama mondiale dove le grandi potenze, Stati Uniti, Russia e le stesse Nazioni Unite stanno fallendo gli approcci decisionali alle grandi problematiche mondiali. L’Europa allora può e deve riprendersi, trovare obiettivi condivisi e migliorare i propri processi decisionali e rappresentativi, rilanciandosi nell’avanguardia della politica mondiale.

Molto interessante è stato infine il contributo del ministro Nicolais, nell’ultimo giorno di corsi, che ha sottolineato come per molti anni si sono perseguite scelte di innovazione volte esclusivamente a migliorare le tecnologie già esistenti (c.d. Innovazione incrementale). Oggi si deve tendere invece, grazie a grandi passi in avanti della tecnologia, a sostituire l’esistente con qualcosa che ancora non c’è (c.d. Innovazione radicale).
Oggi abbiamo bisogno di pensare ad un ideale di sistema politico, un ideale di amministrazione pubblica reinventando ex-novo il modo di governare e basandolo sulle applicazioni tecnologiche più avanzate.
Questa è una chiave di lettura, a mio avviso, molto intelligente dell’azione di governo. Riallacciandomi a quanto detto da Fassino infatti, ritengo che solo in questo modo può ridursi la diacronia tra le decisioni della macchina amministrativa e il mondo che è in continuo progresso. Anzi, paradossalmente potrebbero immaginarsi scenari dove si potrebbero financo anticipare le esigenze dei cittadini.
Nicolais ha quindi concluso sostenendo come, accanto all’introduzione della tecnologia, deve imporsi un nuovo modo di lavorare, basato sul merito e sulla valutazione delle prestazioni dei lavoratori. Solo in questo modo sarà possibile intaccare la sfiducia che i cittadini hanno nei confronti della P.A.

La parte del leone, nell’ambito del dibattito “culturale”, durante i giorni della Summer School, l’ha fatta a mio avviso l’intervento del prof. Biagio de Giovanni, il quale ha discusso il tema centrale del secondo giorno di corsi, ovvero “politica e cultura: come si ricostruisce un rapporto perduto”.
Nella sua analisi, De Giovanni ha sottolineato che nonostante politica e cultura siano spesso in contatto, non è necessariamente detto che si debbano incontrare, in particolare oggi, visto che è ormai finito il tempo dei grandi partiti ideologici, che pensavano al destino dell’umanità, proponendo quindi esempi di validi intellettuali nelle loro fila.
Qual è l’alternativa verso la fine di questo mondo? È l’antipolitica la risposta?
La crisi attuale è dovuta al fatto che oggi i canali di connessione della politica con la società civile si sono interrotti e l’universo politico è diventato autoreferenziale e la politica è diventata la tecnica di gestione degli equilibri del potere. Ecco quindi i fenomeni del partito personale che crea il distacco con la società civile che reclama la fine della politica come professione e la riduzione dei suoi costi.
In verità il professionismo politico non è il problema, piuttosto questo deve sganciarsi dal mondo autoreferenziale e deve avere ben chiara in sé e nella sua azione l’etica della responsabilità e della convinzione.
Tutto nasce dai fenomeni avvenuti a cavallo tra il ‘92 e il ‘93 quando è crollato il patto politico costituzionale con la fine dei grandi partiti di massa. In questo vuoto si è inserito il berlusconismo che ha fatto nascere un “bipolarismo politico impossibile” che coalizza forze che non si amalgamano e che occupano il loro tempo a disconoscersi vicendevolmente.
La conseguenza è che è venuto a mancare in questi anni un vero è proprio progetto politico che, rivolgendosi alla società civile, riuscisse a rinnovare il Paese. In questo senso il Partito Democratico vuole essere una risposta alla crisi ma a patto che possa essere una vera fucina di nuove idee e possa concretamente attuarle nella società di oggi.
Oggi quindi si deve lavorare avendo a mente questi obiettivi:
- Sfiduciare le oligarchie politiche;
- Lanciare i giovani che sono portatori di una politica carica di progettualità e di idee;
- Rilanciare la sfida dell’Europa come il nuovo tessuto politico dove le società nazionali debbano prendere fiducia in se stessi;
- Stimolare i piani alti della politica a muoversi e stimolare i processi decisionali.

Desidero infine esaminare in dettaglio altri tre interventi caratterizzati da un unico filo conduttore che è quello dell’esame della Costituzione Italiana e delle riforme che sono avvenute negli ultimi anni.

Il Professor Ciriello, Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, ha presentato subito il “paradosso delle riforme” di Gustavo Zagrebelsky, per il quale un sistema avverte in maniera incalzante la necessità di fare riforme quando vi è un deficit del potere decisionale.
Per arrivare al varo di riforme si richiede una capacità di farle e di coagulare il consenso necessario intorno ad esse. E questo è proprio quello che la politica attuale non riesce a fare: solo un sistema forte riesce a produrre riforme. Questa è una delle motivazioni del travaglio che il nostro Paese sta attraversando nella storia delle riforme istituzionali e costituzionali, dovuta proprio alla debolezza e non rappresentatività del sistema.
Il fatto che da anni si parla di riforme costituzionali però ha prodotto un effetto molto negativo, che è quello di delegittimare la carta costituzionale. Si dà per scontato che la Costituzione si debba modificare eppure questa modifica non riesce a nascere. A causa di questo, la Costituzione appare svalutata anche ad una grande fetta della opinione pubblica che pure non la conosce affatto. La realtà è che la Costituzione ha in sé valori assoluti che vanno tutelati e che i problemi politici non devono risolversi necessariamente con le riforme.

Per Raffaele Cananzi, oggi vi è una crisi politica e istituzionale. L’elemento della crisi politica ha giocato un ruolo importante per la non soluzione della crisi istituzionale e costituzionale e non viceversa.
Secondo il docente, è essenziale recuperare lo spirito dei fondatori della Costituzione e la persuasività di una Costituzione nel tempo, non deriva dalla modernità delle sue disposizioni, ma dalla moderna attualità dei suoi valori.
La Costituzione è di tutti quando la si vuole modificare, bisogna superare il momento del conflitto politico e attuare un compromesso alto.
Dal ’48 ad oggi la Costituzione è stata revisionata ben 13 volte. E se da un lato è comprensibile che dal ‘93 si sono affacciate nuove forze politiche che non hanno partecipato alla formulazione della Costituzione e che quindi hanno voluto presentare le loro proposte di riforma, è anche vero che sono stati proprio i valori contenuti in essa che hanno consentito ai nuovi partiti di proporsi con successo agli elettori. Ecco quindi che i valori e contenuti della Carta vanno difesi, mantenendo sempre ben salda l’ossatura delle regole.
L’importanza valoriale della nostra Costituzione deve continuare ad appartenere a tutti i partiti politici attuali che dovrebbero difenderla.

Infine Francesco Paolo Casavola ha affermato che non possiamo separare la politica interna dalla quella internazionale che sono invece strettamente interconnesse.
In Italia hanno agito due grandi culture: la cultura democratica-cattolica e la cultura socialista. La cultura cattolica ha rivalutato la politica liberandola dal conflitto esterno e interno, facendo nascere la carità intellettuale, che non era di parte, capace di servire il bene comune. Per la cultura socialista il conflitto di classe veniva superato con la solidarietà dei cittadini e con la conquista delle responsabilità delle istituzioni.
Queste due culture sono state le culture che hanno fondato la nostra Costituzione, ma non hanno alimentato il sistema politico che ora è allo sfascio.
Alla luce delle considerazioni di questi studiosi, ritengo sia necessario dover chiudere lanciando un richiamo al rispetto delle regole esistenti. Mi sembra che le forze politiche abbiano utilizzato il tema delle riforme per rinchiudersi ancora di più nel proprio castello e rafforzare i propri poteri, piuttosto che cogliere l’opportunità di un rinnovamento.
D’altronde è sotto gli occhi di tutti che i processi avviati sono spesso non portati a compimento. Basti vedere ciò che è avvenuto con il federalismo o con il processo di unità e di integrazione europea, che dopo l’introduzione dell’euro, ha subito un brusco stop.
La politica ha davanti a sé l’alternativa di rinnovarsi o di essere nuovamente travolta, proprio com’è avvenuto 15 anni fa. Lo stesso Presidente Geremicca lo ha sottolineato nella risposta alla mia lettera aperta e lo ha ricordato più volte nei suoi interventi durante i corsi. Dobbiamo essere noi giovani a dover aprire le porte al rinnovamento, conquistando il nostro posto nell’"arena della lotta politica".

Vi saluto tutti cordialmente,
Luigi Esposito

giovedì 19 luglio 2007

Summer School - Primo capitolo – I quattro giorni napoletani

La Summer School, organizzata dalla Fondazione Mezzogiorno Europa, si è tenuta dal 12 al 15 luglio, presso la Stazione Marittima nel porto di Napoli. Una location particolarmente felice direi, quasi a sottolineare la vocazione e il legame viscerale che la città ha con il suo mare.

Ho avuto l’onore e il piacere di essere selezionato per la partecipazione insieme ad altri centodue iscritti provenienti da un totale di 18 città italiane ed estere. Tra di essi c’erano ricercatori universitari, dirigenti politici, amministratori, studenti… tutte persone accomunate dalla passione vera verso la politica.

Durante i quattro giorni di corso, i partecipanti hanno avuto modo di ascoltare gli interventi di leader politici di rilievo nazionale e locale ed esponenti del mondo della politica e della cultura come Biagio de Giovanni, Roberto Zaccaria, Francesco Paolo Casavola, Giovanni Lettieri, Paolo Naccarato, Piero Fassino, Antonio Bassolino, Enrico Letta, Luigi Nicolais e tanti altri.

È impossibile riportare in poche righe tutti i temi, le emozioni e il fermento politico vivo che palpitava forte nella sala. Una eccitazione che si accentuava anche quando i riflettori del convegno si spegnevano e iniziava la dialettica politica tra noi “studenti”, un confronto sincero e libero da preconcetti rispetto a tutto quello che avevamo udito pochi istanti prima.
Questa esperienza è stata più stimolante rispetto ad una scuola vera e propria, poiché qui, gli studenti potevano anche interloquire con i loro docenti su di un piano paritario e critico.

Le principali sollecitazioni sono nate dal confronto tra il linguaggio culturale parlato dai relatori, l’analisi politica dei leader politici intervenuti e le domande della platea, spesso lontane da logiche e militanza politica, miranti soltanto a poter conoscere il perché dei tanti problemi ancora oggi irrisolti nella nostra società.

Se gli esponenti del mondo accademico e della cultura hanno saputo esprimere validamente i loro concetti, secondo logiche nate dall’osservazione e dal commento della realtà, i politici hanno ancora, per lo più, avuto difficoltà a rapportarsi con il mondo reale. Un mondo che essi invero ben conoscono e che non riescono ad interpretare secondo il modo di pensare della “gente comune”. Questa sensazione mi è sembrata ampiamente condivisa anche da alcuni “colleghi”, visto che posso riferire che l’impressione di distacco dai problemi del paese che qualche politico ha dato, ha portato a commenti spesso critici e di disappunto nella platea.

Ritengo che gli studenti abbiano avuto, in generale, una dose di coraggio maggiore nel denunciare i problemi e la mancanza di risposte concrete. È infatti capitato spesso che i nostri relatori, pungolati in maniera sempre costruttiva dalla domande dei presenti, abbiano impostato delle risposte avviando una reale dialettica politica.

Colgo l’occasione per lodare ancora una volta il coraggio del Presidente Geremicca, il quale ha insistito per dare spazio ai nostri interventi. Ebbene si, Presidente, saremo stati anche un po’ matti a preferire un’aula senza finestre al mare delle nostre belle isole. Ma come ha potuto leggere nelle nostre richieste di partecipazione e nei curricula esaminati, in tutti noi c’era una motivazione grande: voler fare davvero qualcosa per il nostro Paese, non solo con l’entusiasmo di un giovane, ma anche con la concretezza di un uomo maturo.

Lei ci ha dato spazio, dando voce alle nostre aspirazioni. È stato emozionante constatare un denominatore comune in tutti noi, quello di “voler cambiare in meglio il mondo attuale”.

Personalmente sono entusiasta dell’esperienza. Ho certamente imparato molte cose ascoltando sia i grandi della politica che gli esponenti del mondo culturale e accademico. Ho avuto modo di stimolare riflessioni politiche nei numerosi addetti ai lavori che ruotavano intorno ai convegni proponendo alcune delle tematiche che VivaCampaniaViva ha prodotto in questi mesi.

Un altro obiettivo che avevo, era quello di creare una rete di interessi verso le problematiche regionali ed ho cercato di aggregare quei “studenti” con i quali ho più interagito, nella speranza che possa nascere una sana collaborazione tra tutti noi.

Ammetto che i miei interventi sono stati molto diretti, a volte sfrontati. Ma non sono un provocatore. Ho sempre cercato di portare il mio interlocutore ad affrontare problemi concreti, con intento costruttivo. Dopo tutto, anche io sono animato dal “sacro fuoco” di lavorare per costruire una società migliore.

Il Presidente Geremicca ha concluso gli incontri spronandoci tutti a continuare a fare vita politica. “Il potere non si chiede, ma si conquista” ha detto, aggiungendo “di avere, in certi momenti, il magone”, in quanto vede sempre di più dei “giovani carichi di entusiasmo che desiderano fare politica e ne sono innamorati, ma poi questo innamoramento si trasforma in delusione e poi in rabbia e infine distacco”. “In Italia”, ha continuato il Presidente, “ci sono delle forze giovani che vogliono essere utili al loro Paese e sono desiderose di aiutare e fare del bene. Attualmente invece le forze politiche svolgono le loro partite di calcio tenendo questi campioni a bordo campo! Bisogna dire a queste forze politiche che non sono dei buoni allenatori!”.

Presidente: sappia che può contare su di noi !

Luigi Esposito

martedì 17 luglio 2007

Una proposta per rilanciare la politica in Campania

1. Introduzione

La frattura tra classe politica e società civile va facendosi di giorno in giorno più ampia. La politica è sempre più rinchiusa in sé stessa e propone all’attenzione dell’opinione pubblica delle tematiche che talora allontanano e altre volte semplicemente ingannano l’attenzione della gente.

E’ evidente che la chiave di volta per un’azione politica di successo, sia a livello locale che nazionale, deve partire da un ascolto delle istanze delle persone, per formulare successivamente delle valide proposte di risoluzione dei problemi che nascano dal dialogo e dalla comprensione delle esigenze dei cittadini.

E’ innegabile che, da parecchi mesi a questa parte, l’“affare rifiuti” va configurandosi come “il tema centrale” della politica in Campania, sia per la misura del fallimento politico dei Governi di Centro-Sinistra (nonché dei vari commissari succedutisi – ma questa è un’altra storia), sia invece come opportunità politica per riuscire a ritagliarsi uno spazio di crescita.

Quindi, se è vero che la Campania oggi offre uno spinoso ventaglio di problematiche per qualsiasi politico di buona volontà, dall’altro offre anche una situazione magmatica e stimolante per chi voglia conquistare un consenso forte, grazie a capacità, organizzazione ed opinioni.

2 .Come agire e come comunicare

Il primo concetto da chiarire è che la Campania ha numerosi problemi da dover risolvere, questioni che non sono state mai affrontate seriamente da nessun politico più impegnato a garantirsi voti che a cercare consenso con azioni o proposte reali.

Alcuni dei temi concreti che la gente desidera vedere affrontati sono: la Sanità, la criminalità, la disoccupazione, il problema-casa, Bagnoli, il turismo, i servizi pubblici, l’emergenza rifiuti.

L’approccio a queste issues deve però essere accorto, poiché gli elettori si aspettano risposte concrete e vogliono, per lo meno, che i problemi siano affrontati con serietà dopo le tante parole spese.

a. Fase della denuncia: accendere i riflettori sul problema

Riteniamo che si debba prima di tutto lavorare per presentare ogni problematica nel suo ambito globale e non semplicemente in alcune delle sue parti. E’ necessario dare alla gente la percezione che ci sia finalmente qualcuno che abbia padronanza di TUTTI gli aspetti dei singoli problemi e che li sappia presentare con un linguaggio quanto più semplice e comprensibile possibile (per esempio per quanto riguarda la problematica sui rifiuti non bisogna dimenticare che la gente spesso non ha la capacità di comprendere il significato di concetti come Cip6, la composizione chimica del percolato o quale tipo di cancro viene causato dalla inalazione di diossina).

Gli aspetti tecnici invece dovranno essere trattati comprensibilmente con gli addetti ai lavori.

La semplice fase della denuncia consentirà al politico di porsi su di un piano di superiorità e credibilità più ampio.

b. Fase delle soluzioni: all’attacco con proposte concrete

Una volta attratta l’attenzione dell’opinione pubblica, è il momento di formulare delle proposte per affrontare concretamente i problemi.

Le proposte devono essere in sintonia con la realtà del nostro territorio, con gli aspetti culturali e geomorfologici della nostra Regione, avendo a mente le risorse umane a disposizione. In Campania esistono delle realtà ed una cultura che non ci sono in altre parti d’Italia. Non c’è bisogno di idee astruse o soluzioni di particolare complessità, ma siamo certi che basteranno concetti semplici per entusiasmare gli animi dei cittadini.

Solo con una moderna azione mediatica, volta a responsabilizzare chi non ha saputo fare e a proporre soluzioni nuove, diventa finalmente possibile “attaccare” l’elettorato, risvegliarlo dal torpore e motivarlo a nuove prospettive.

c. Comunicare bene e gestire il consenso

A questo punto rimane il compito di mantenere alta la tensione e il flusso di comunicazione delle azioni intraprese volta per volta. E’ evidente che la corretta gestione del consenso e della comunicazione a quel punto diventano gli elementi fondamentali nella costruzione di una forte immagine e personalità politica, accanto alle strategie legate ai contenuti, vi sono quelle legate allo sviluppo di uno stile di leadership, di una personificazione del candidato identificato con le principali aspirazioni del pubblico.

La realizzazione del piano suesposto richiede quindi capacità ed impegno. Ma non solo. La motivazione si può acquistare con un corretto mix d’entusiasmo e ambizione di rilanciare la politica e la vita istituzionale della Regione, dopo anni di decadenza.

Bisogna anche approfittare delle molte proposte provenienti dalla società civile, volte a supplire alla cronica mancanza di iniziativa politica. Comitati e associazioni riescono ad unire persone di provenienza molto diversa, che hanno a cuore lo sviluppo della propria terra: è ora che le forze politiche se ne accorgano e inizino a far proprie alcune delle esigenze prospettate dai cittadini.

3. La mission

La gente, sempre più, sente il bisogno di progetti che scavalchino le tradizionali fratture elettorali, capaci di convincere stabilmente anche parte degli elettori avversari. Un progetto politico di ampio respiro, che in Campania e in tutto il Sud non si è mai visto da 160 anni a questa parte!

La maggioranza dell’elettorato desidera rivolgersi a uomini politici moderati, ma che abbiano la capacità di affrontare i problemi del paese in maniera decisa e concreta. Si può ben dire che chi riuscirà a far passare questo messaggio fatto di risultati reali e tangibili è destinato al successo. La società civile è evidentemente stanca di chi non sa o non vuole ascoltare.

Le esigenze dei cittadini in fondo sono semplici: bisogna assicurare le condizioni affinché si possano offrire dei posti di lavoro ben tutelati, una sanità pubblica che garantisca dignità al malato nella cura, un diritto per ognuno ad una buona educazione, sicurezza e un ambiente accettabile in cui vivere. Nessuna forza è riuscita a garantire questo minimum ai cittadini della Campania, particolarmente negli ultimi anni. Eppure non è molto, per alcuni si potrebbe addirittura pensare che si tratta di desideri banali, ma se non si costruisce la soddisfazione dei cittadini partendo dai loro più elementari bisogni, non ci sarà mai modo di ricostruire efficacemente una società più sana ed equilibrata.

Certo non si può pensare che una buona politica possa, da sola, risolvere tutti i problemi. Ma qui si è giunti al paradosso di una politica che anziché andare incontro alle esigenze degli individui, le calpesta e non le tiene in considerazione in nome di interessi personalistici, se non addirittura criminosi.

Eppure, soprattutto oggi è necessario che la società si riconosca in valori e identità condivisi. Solo l’unione delle idee e la voglia di lavorare per il bene della comunità, consapevoli della grande storia che è alle nostre spalle, possono aiutarci a costruire un futuro migliore per noi stessi e per i nostri figli.

Sono questi alcuni degli elementi che abbiamo perduto e che dobbiamo ritrovare per ricostruire la nostra Regione e il nostro Territorio malato. Contro la barbarie che imperversa, soltanto il dialogo continuo e la volontà ferma di curare le nostre ferite, ormai incancrenite, possono fare qualcosa. L’ora è scoccata: la classe dirigente pulita (che esiste, ne abbiamo le prove!) della Campania può e deve unirsi per agire e per lottare contro chi ha rapinato e impoverito la nostra terra disprezzando le radici da cui veniamo e annientando le nostre prospettive.


Mario de Riso di Carpinone
Luigi Esposito

Forza ragazzi del comitato di Maiori "spiagge libere"

Almeno settecento persone hanno partecipato nella serata del 9 luglio scorso ad un dibattito animato tenutosi a Maiori, che ha visto il comitato "Spiagge libere" esibire foto e video che dimostravano ampiamente le proprie ragioni in maniera inoppugnabile.

L'amministrazione era presente con il Segretario Provinciale di Salerno Stefano Della Pietra ed il capogruppo di maggioranza Salvatore Della Pace che hanno dimostrato disponibilità al dialogo e una possibile soluzione, ma hanno anche spiegato i motivi che hanno portato a queste scelte. Intanto le mille firme per la petizione, dove i ragazzi del comitato "Spiagge libere" hanno presentato una proposta alternativa, sono solo l'inizio. Si prevede di arrivare anche a duemila dai paesi limitrofi in quanto il dibattito ha registrato un successo senza precedenti per un incontro del genere.

Aperture ad una diversa sistemazione della spiaggia che conceda un minimo di spiaggia libera ai maioresi e i protagonisti sono stati loro, i ragazzi del comitato civico di Maiori.

Senza partiti, ma anche senza ambientalisti, totalmente assenti alla serata, i ragazzi si sono armati di documenti, foto, video e hanno illustrato e spiegato come, di fatto, il tratto urbano della spiaggia di Maiori è totalmente privo di spiaggia libera, a differenza di quello che dice il bando, in quanto tutti i tratti di spiaggia libera indicati negli atti dal Comune sono in realtà soggetti a divieto di balneazione.

Sotto accusa la gara per l'affidamento in gestione (protocollo n. 5804 del 7 maggio 2007) di due spiagge libere, quella fronte mare ad est della foce dell'alveo Regina Maior, di 52 metri, e quella ad ovest di 38 metri dello stesso fiume, concesso a due società di Maiori per 143 mila e 100 mila euro da una base d'asta di duemila euro. Praticamente un'offerta cinquanta volte superiore l'importo base. Maiori ha una spiaggia di circa 850 metri e una dozzina di concessionari, i due spazi liberi erano spesso terra di nessuno, ma anche lo sfogo per i maioresi e i bagnanti dei paesi limitrofi, o della soprastante Tramonti, per farsi il bagno.

Di particolare interesse il punto 5 del bando in base al quale "il gestore dovrà installare a propria cura e spesa le attrezzature balneari necessarie per l'attività di spiaggia libera attrezzata ovvero sdraio, sedie, ombrelloni, docce, servizi igienici, che dovranno essere rigorosamente conformi nella sagoma, dimensioni e colori agli elaborati tecnici, allegati al presente bando. La distribuzione interna degli spazi rimane di competenza del gestore, fermo restante che l'occupazione dell'area per il posizionamento delle sdraio, sedie e ombrelloni e simili dovrà essere limitata al 70% dell'area in concessione".

Proprio questa decisione ha scatenato le roventi polemiche nella cittadina costiera.

«Il provvedimento priva il cittadino di un bene demaniale, che per definizione dovrebbe essere gestito in modo da garantirne il corretto uso e funzionamento a vantaggio di tutti - dice, a nome del comitato, il presidente Gabriele Genuino - ma che invece viene riservato alle sole fasce medie, che siano in grado di permettersi di pagare una cifra giornaliera di venti euro se non residenti e di otto euro se del posto. Il Comitato ha intrapreso una necessaria campagna di informazione, cercando di supplire alle carenze dell'amministrazione, che non ha ritenuto opportuno esplicitare il progetto alla cittadinanza, limitandosi a dare una limitata pubblicità del bando per l'affidamento in gestione delle suddette spiagge libere».

Durante l'incontro è stato annunciato dal sindaco di Maiori un dibattito sulla qualità del turismo a Palazzo Mezzacapo con la presenza di Domenico De Masi, mentre, sempre con i ragazzi del comitato civico ci sarà un incontro con l'amministrazione in questi giorni per venire ad una soluzione, intanto il comitato continuerà la sua opera di sensibilizzazione.


Luigi Esposito

Accolto il ricorso contro il progetto del porto di Marina di Cassano a Piano di Sorrento

É stato accolto nella mattinata del 9 luglio dal Tar di Napoli il ricorso del WWF Italia circa i provvedimenti del Comune di Piano di Sorrento per gli interventi portuali previsti a Marina di Cassano all’interno dell’area prioritaria n.13 "Monti Lattari e Penisola Sorrentina".

L’area è di assoluto rilievo, in base all’approccio di conservazione ecoregionale, per la conservazione della biodiversità nel Mediterraneo: una perla da tutelare ad ogni costo. Da qui l’attivazione del WWF che ha contestato immediatamente diversi punti del progetto, tra cui uno per tutti: la mancata effettuazione della valutazione di impatto ambientale prevista dalla legge per quei progetti che ricadano in aree naturali protette. Già nei giorni scorsi, a seguito di altro ricorso del WWF Italia, il Tar aveva ribadito che le ZPS (Zone Protezione Speciale) sono a tutti gli effetti aree naturali protette.

Per difendere l’ambiente – dichiara Ornella Capezzuto presidente del WWF Campania - è fondamentale rispettare la legalità, invece, ancora una volta ci troviamo a constatare il mancato rispetto, da parte di alcune Amministrazioni, delle procedure prescritte dalla legge a garanzia della tutela dell’ambiente. E’ giunto il momento che la Regione Campania faccia un passo indietro e blocchi tutti i progetti previsti all’interno delle aree protette (vedi anche porti Marina Grande a Sorrento, Marina di Seiano a Vico Equense, porto di Sant’Agnello ecc.) per i quali non è stata effettuata la valutazione di impatto ambientale”.

E’ una grande vittoria – aggiungono i Responsabili della Sezione WWF locale - per tutti gli amanti dell’Ecosistema Mare... il porto di Piano (come pure tutti i porti finanziati irresponsabilmente in Penisola Sorrentina e senza alcuna pianificazione) rischia di compromettere inevitabilmente e irreversibilmente non solo la linea di costa dell’intera penisola, ma la qualità stessa delle acque di un’Area Protetta di grande valore che tutto il mondo ci invidia”.


“…Dobbiamo renderci conto che i porti, con l’aumento delle imbarcazioni, portano vantaggi economici diretti solo a pochi: ai possessori di barche e a tutta l’attività diportistica ad esse collegata, ma il tutto a svantaggio della popolazione dei bagnanti e degli stessi turisti, che “faticano” sempre più a trovare “acque pulite” in Penisola Sorrentina… Basta provare a frequentare la nostra costa nei giorni festivi e rendersi conto dell’enorme impatto dei centinaia di diportisti che letteralmente invadono ogni baia, spiaggia e caletta della penisola. Riteniamo che la quantità di imbarcazioni da diporto, ad oggi presente nei vari “approdi” della penisola, sia già insostenibile in relazione alla linea di costa disponibile, considerando anche la presenza di un Parco Marino istituito con lo scopo primario di salvaguardare l’ecosistema e la biodiversità di un mare pieno di vita e che, di fatto, disciplina e limita l’ormeggio ai natanti per oltre la META’ del perimetro della nostra costa!”
WWF Italia Sezione Regionale Campania

Un sondaggio di idee dalla Summer School

Domanda n° 1
Quali pensi siano le strategie e/o gli strumenti utili a favorire il processo attualmente in corso per la costituzione dell’Europa Unita?

La politica di coesione ha consentito a molti Paesi di crescere. In particolare la Spagna ha saputo far tesoro dell’ingresso nell’UE e far fruttare al meglio i finanziamenti.
È importante quindi che questo tema possa trovare una valida e concreta applicazione anche per i Paesi che più di recente hanno abbandonato il blocco ex-comunista. Il piano per l’approvazione di una Costituzione Europea deve necessariamente includere la possibilità per le autorità sovranazionali di decisioni più rapide.

Domanda n° 2
Quali iniziative ritieni efficaci al fine di migliorare il rapporto tra cittadini e politica?


Le iniziative esistenti (festival, tavole rotonde, meeting ecc) vanno bene. Ciò che deve necessariamente migliorare è da un lato la credibilità dei politici, i quali troppo spesso promettono tanto senza poi portare a risultati concreti, dall’altro la politica deve smettere di essere autoreferenziata ed autoreferenziante, nel senso che deve essere più aperta agli stimoli che provengono dalla società, sia in termini di uomini che di idee.

Domanda n° 3
Quale sistema elettorale pensi che possa rappresentare la risposta alla crisi elettorale in Italia?

La soluzione è nell’applicazione di modelli già funzionanti negli altri paesi. Idealmente l’uninominale secco potrebbe essere la soluzione ideale, poiché garantisce meglio la rappresentatività e la responsabilità dell’eletto con la comunità del collegio elettorale. Ma anche un sistema proporzionale con sbarramento al 5% potrebbe portare alla creazione di maggioranze coese e stabili. L’importante è non mescolare i sistemi ed evitare che piccole formazioni che non raggiungono nemmeno il 5% possano essere in grado di condizionare le scelte di governo.

Domanda n° 4
Diritti di cittadinanza a confronto. Tue considerazioni a riguardo.

La questione dell’immigrazione si inserisce nella più ampia problematica della crisi dei valori e di identità nazionale nel nostro paese, oltre che nel problema dell’imbarbarimento dei modi di vita degli abitanti delle periferie delle grandi città. È possibile immaginare un Ministero che sovrintenda all’Integrazione e alla Cittadinanza con la promozione di attività per la conoscenza della lingua e cultura italiana allo scopo di fare integrare l’immigrato nel rispetto della nostra realtà sociale, giuridica ed economica. Concretamente diciamo sì alla pluralità culturale ma nell’ambito di una solida e riconoscibile identità nazionale.

Domanda n° 5
Quali sono secondo te i modelli innovativi di partecipazione da mettere in atto nel nostro Paese?

Esiste in Italia una grande quantità di giovani i quali hanno maturato ampia dimestichezza con la comunicazione digitale e multimediale. È auspicabile che questo livello di sviluppo possa essere utilizzato per fornire nuove opportunità di sviluppo umano e culturale a chi non ne dispone.

Domanda n° 6
Cosa manca e cosa è possibile fare in direzione di una riforma della politica nazionale?

È auspicabile che i partiti mettano in moto processi di rinnovamento che comportino una maggiore democraticità interna, con conseguente più rapido e semplice ricambio generazionale. Le aggregazioni di partiti ideologicamente simili sono anche un positivo contributo alla governabilità e alla stabilità del Paese.

Luigi Esposito
Mario de Riso di Carpinone

Grazie Presidente Geremicca

Caro Presidente Geremicca,

La ringrazio ancora una volta del tempo che ci ha dedicato e della Sua risposta.
Colgo ancora l'occasione per ringraziarla di avermi dato la possibilità di partecipare alla Summer School.

E' stata sicuramente una esperienza stimolante e positiva che ha arricchito notevolmente la mia preparazione.

Andando nel merito della Sua risposta, condividiamo appieno le Sue parole che per noi rappresentano una boccata d'ossigeno e la speranza che davvero qualcosa si possa fare.

Siamo pronti a raccogliere il Suo invito a rimanere in contatto e a "fare rete" per lavorare positivamente e portare anche il nostro piccolo contributo al rinnovamento.
La salutiamo cordialmente,

Luigi Esposito
Mario de Riso di Carpinone
Centro Culturale VivaCampaniaViva

Risposta del Presidente Geremicca alla nostra lettera aperta

Quando parlavo della pasta frolla pensavo all'incontro dei grandi riformismi storici, che non possono fermarsi all'incontro, nè possono pensare di produrre una somma.

Io penso ad una sintesi.

Esempio simile alla pasta frolla: consideriamo un corso d'acqua colorato di rosso, e uno di giallo; quando confluiscono in un lago, l'acqua del lago non sarà un pò rossa e un pò gialla, sarà arancione.

Se si mettono in modo processi in qualche modo destabilizzanti ed eversivi, verranno avanti nuovi protagonisti.

Certo, non mi sono mai illuso su una capacità di autoriforma dei partiti, il potere nessuno è disposto a mollarlo volontariamente.

Ma il sistema dei partiti è giunto ad un punto tale che o mischi le carte o si affoga tutti insieme. Questo credo che lo abbiano capito anche gli attuali leader dei partiti in discussione.

In quanto ai piroscafi...ci andrei piano...sembravano piroscafi anche i partiti nel '92 - '93, e vedi come sono stati travolti da una enorme implosione. Bisogna guardare ai processi, non fotografare staticamente solo quello che è oggi sotto i nostri occhi.

Andrea Geremicca

domenica 15 luglio 2007

Leggi elettorali, referendum e conservatorismo casareccio

Le riflessioni che Luigi ha incluso nella lettera al Presidente Geremicca hanno ispirato anche a me alcuni pensieri che mi permetto di aggiungere a quanto è stato già detto.

Da più parti si propongono nuove legislazioni che vadano da un lato a ridurre i privilegi e i costi della politica, dall'altro si auspica un rinnovamento che però non arriva mai, visto che è dall'epoca di Tangentopoli che non avviene un sostanziale ricambio generazionale.

Mi domando però come mai si debba sempre parlare di leggi, leggine e decreti e non si veda mai un esempio concreto di politici che si fanno da parte per sostenere l'ascesa di generazioni nuove. Che democrazia è questa, se i cittadini sono costretti a votare senza poter nemmeno scegliere il proprio rappresentante? Come può un giovane crescere se non lavorando in autonomia per costruire la propria credibilità politica?

L'attuale sistema stimola esclusivamente la creazione di queste grandi aggregazioni (o alleanze multipartitiche molto eterogenee) che hanno mostrato il loro limite nel fatto che pur garantendo una generica stabilità, non riescono comunque a produrre quelle scelte forti di cui il paese ha disperato bisogno.

Il referendum è una possibilità importante per riequilibrare la situazione a favore dei cittadini. Personalmente credo che il sistema elettorale così com'è avrebbe bisogno di ben più ampie riforme. Si discute sempre delle alternative tra sistema maggioritario o proporzionale con sbarramenti. Penso che l'alternativa, così com'è posta, sia sbagliata. In effetti entrambi i sistemi - in principio - funzionano, garantiscono stabilità ed evitano lo spezzettamento della rappresentanza politica. Il problema è evitare i "bizantinismi", le "correzioni all'italiana" che porterebbero squilibri e difficoltà di funzionamento. Naturalmente evitando la possibilità per i candidati di presentarsi in più collegi, ovviamente dando la possibilità all'elettore di scegliere il candidato e il partito.

Non è molto difficile immaginare un Parlamento nazionale con una Camera alta con 300 o 400 deputati e un Senato, con massimo 100 rappresentanti, eletto su base regionale che si occupi di legiferare solo su alcune materie. Naturalmente il sistema deve essere identico per entrambe le Camere, senza correzioni proporzionali o premi di maggioranza che servono a poco se alla base c'è un sistema che funziona. È tutto molto semplice, quasi banale e non c'è da essere costituzionalisti di grido per partorire queste soluzioni che andrebbero a riflettere quello che avviene da anni (se non secoli) nelle altre democrazie europee. Eppure non ci si riesce ad accordare e si litiga se lo sbarramento deve essere al 3 o al 5%. Non è questo quello che interessa agli italiani, credo.

Siamo sfiduciati. Qui non basta più la buona volontà, ma c'è bisogno di scelte. Punti programmatici da attuare per il bene del paese in tempi rapidi e soprattutto politici che diano un esempio positivo lavorando e producendo dei risultati che possano tangibilmente migliorare la qualità della vita dei cittadini. Ci auguriamo che qualcuno riesca ad ascoltare queste istanze di rinnovamento.

Mario de Riso di Carpinone

PS: si è parlato di questo ed altro nel corso della Summer School frequentata da Luigi. Ci occuperemo di questi ed altri temi nei prossimi giorni. Ne vedremo delle belle! :-)

giovedì 12 luglio 2007

Caro Presidente Andrea Geremicca

Egregio Presidente Andrea Geremicca,

qualche sera fa ho avuto modo di seguire con molto interesse il Suo intervento alla trasmissione “L’Emigrante” del dottore Luigi Necco. Mi permetto di presentarLe con molta sincerità alcune considerazioni personali che ho avuto modo di maturare in queste ore.

La prima cosa che ritengo di dover dire è che, a mio avviso, il Partito Democratico in Campania (e anche nel resto d’Italia) non sta nascendo con le basi giuste. O per lo meno, non riflette validamente le istanze di rinnovamento della politica che in questo periodo si vanno facendo sempre più stringenti nell’ambito della società civile.

Mi spiego meglio, rifacendomi al discorso che Lei ha fatto in televisione. Lei pensa davvero che Rosa Russo Iervolino (zucchero), Antonio Bassolino (farina) e Ciriaco De Mita (uova) possano dare vita a un Partito Democratico moderno (pasta frolla) aggiungendo, ad esempio, un Luigi Esposito (lievito)?

Davvero questi “dinosauri” della politica possono far nascere un partito decisionista, moderato, liberale, riformista e moderno che tanto piacerebbe a noi campani (e credo anche a tutti gli italiani)?
In cosa si estrinsecherebbe la spinta innovativa e di idee che questo partito potrebbe portare, se non si cogliesse anche l’occasione di un cambio di leadership e di uomini, pur nella condivisione di ideali senza tempo? Non ritiene, onestamente, che il Partito Democratico per questi personaggi non rappresenti niente altro che l’ennesima via di fuga per chi non ha ben amministrato la Regione? Soltanto un altro paravento dove celare e continuare a coltivare i propri interessi personali?

Mi permetta una divagazione per ricordarLe che in una azienda moderna un manager è sottoposto a continue verifiche. Se per esempio deve raggiungere degli obiettivi di rendimento o fatturato nell’arco temporale di 5 anni, il committente pretende anche il completamento di step intermedi (le cosiddette milestone). Se il manager non raggiunge tali obiettivi parziali, ne risponde in prima persona.

La mia impressione è che il Partito Democratico in Campania intenda continuare a puntare su dei personaggi che hanno già dato il meglio di sé in passato e che attualmente non hanno avuto la capacità di incontrare la spinta di innovazione e buon governo tanto anelata dai cittadini campani.

Le chiedo: queste persone (direttamente o indirettamente) andranno presumibilmente ad occupare le poltrone dirigenziali del PD campano. Ma questo in base a quali meriti o logiche manageriali, escludendo la logica della lottizzazione politica o il potere personale accumulato negli anni?

Mi permetto (Lei deve scusare la mia schiettezza, ma vorrei poter dire la mia almeno a una persona che reputo grande in tutti i sensi e quindi aperta a un contraddittorio) di non essere completamente d’accordo anche su un’altra affermazione da Lei espressa durante il programma di Luigi Necco.

Ha invitato i giovani campani che sono disinteressati alla politica, a iniziare invece a lavorare in questo campo, sostenendo che solo in questo modo le cose potranno cambiare. Lei ha aggiunto inoltre che solo un giovane, lontano dagli interessi politici esistenti e libero dalle logiche partitiche, può mutare lo stato di fatto.

Mi prendo la libertà di criticare quanto sopra poiché credo che, da solo, rebus sic stantibus, un giovane, pur volenteroso e desideroso di cambiare le cose, non può mutare nulla. Si tratterebbe sempre di una piccola barca a remi contro i transatlantici della politica e quindi significherebbe prendersi troppi rischi e smuovere troppo poco le acque.

Già nel mio piccolo so di andare incontro a molte incognite e di farmi parecchi potenziali nemici nello scrivere determinate cose. E i risultati sono minimi: massimo sforzo, rendimento trascurabile. Sarebbe certamente meglio se le forze politiche riconoscessero e incoraggiassero senza timori, le qualità, se ci sono, e le potenzialità reali dei giovani. Saperli fare crescere e coltivare i loro talenti senza legarli alle logiche politiche esistenti e soprattutto farli vivere in un ambiente più sano, senza legami di tipo personalistico e “padrini” politici di alcun tipo.

Anche io, nella mia breve attività politica part-time ho ricevuto alcune proposte. Per esempio, nel gennaio del 2007, mi è stata data la possibilità di diventare dirigente politico in un piccolo partito nazionale. Ho rifiutato perché, non mi consideri un sognatore, non c’erano prospettive. Significava andarsi a legare alle fortune (alterne) dell’ennesimo parvenu della scena che intendeva approfittare della debolezza del sistema politico per non fare l’interesse generale.

Ma i grandi partiti, in particolare il nascituro PD, non devono cadere nella stessa trappola. Mi creda quando Le dico che i giovani campani sono pronti a dare la loro vita per la loro terra. Ma le forze politiche devono sforzarsi ad ascoltarli e proteggerli in una crescita che sia davvero indipendente e libera, come vogliamo che sia la nostra Campania.

Mi permetta infine una ultima osservazione: il dottore Necco Le ha chiesto dove e a cosa porterà il nuovo Partito Democratico e Lei giustamente ha detto di non essere in grado di poterlo dire a priori.

Una cosa, però, dovrebbe essere ben chiara e cioè devono essere chiari i presupposti e le basi dalle quali si parte. Se già dall’inizio si prendono decisioni sbagliate allora il Partito Democratico in Campania è destinato a fallire e chi ne subirà le conseguenze sarà ancora una volta la nostra già martoriata Regione.

So di essere stato molto schietto, ma mi auguro che Lei potrà valutare le mie considerazioni con la serenità e la maturità di pensiero che ha sempre contraddistinto la Sua azione.

Con immensa stima, La saluto cordialmente.


Luigi Esposito

mercoledì 11 luglio 2007

Il referendum elettorale: un'occasione da non perdere

Vogliamo consentirci una piccola variazione sul tema, richiamando l’attenzione di tutti i lettori su di una importante scadenza. Il 24 luglio prossimo scadranno i termini della raccolta delle firme per il referendum elettorale.

I media nazionali non hanno dato molto spazio a questa importante occasione che abbiamo per poter modificare l’attuale legge elettorale nazionale e per garantire ai cittadini il potere di scegliere veramente chi li rappresenta e si candida a governarli.

Il Parlamento finora ha dimostrato di non essere in grado di esprimere una maggioranza per cambiarla. Ci auguriamo che il referendum possa essere una reale occasione per spingere i partiti a trovare un accordo che restituisca finalmente dignità e rappresentatività alla nostra Assemblea Nazionale.

Vi invitiamo, se già non lo avete fatto, a firmare e, se potete, ad attivarvi per far firmare amici, parenti, colleghi. Per avere informazioni precise sui contenuti dei tre quesiti referendari, seguite questo link

Per sapere dove si può firmare seguite invece quest’altro link

Per conoscere tutto quello che c’è da sapere sul referendum e per avere una risposta a tutte le vostre domande, visitate il sito http://www.referendumelettorale.org/
Luigi e Mario

martedì 10 luglio 2007

Famiglie con malati SLA chiedono un aiuto concreto!

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una grave malattia dei motoneuroni, ovvero delle cellule nervose del cervello e del midollo spinale le quali trasmettono i comandi per il movimento ai muscoli.

Il suo nome significa: indurimento (Sclerosi) della porzione laterale del midollo spinale (Laterale) e dimagrimento muscolare (Amiotrofica).

A causa della SLA, i motoneuroni muoiono prima del tempo, provocando alla persona colpita un progressivo indebolimento muscolare e conducendola alla paralisi.

Generalmente, la SLA colpisce persone adulte, di entrambi i sessi, in una età compresa tra i 40 ed i 70 anni. In Italia, ogni giorno si manifestano in media tre nuovi casi di SLA ogni 100.000 abitanti.

Oggi la SLA non può ancora essere guarita e le sue cause sono sconosciute, ma insieme è possibile aiutare i pazienti e i loro familiari ad affrontarla ed impegnarsi a promuovere la ricerca scientifica.

Dal 1983, anno della sua costituzione, l’AISLA ONLUS (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, con sede a Novara e sezioni in varie regioni italiane) è un punto di riferimento per i pazienti e i loro familiari.

L’Associazione intende perseguire esclusivamente finalità di utilità e solidarietà sociale con attività che interessano i settori di assistenza sanitaria, sociale e socio-sanitaria; formazione e ricerca scientifica.

Gli scopi fondamentali dell’Associazione sono:
- promuovere la tutela, l'assistenza e la cura dei malati di SLA, garantendone la dignità personale per una migliore qualità della vita;
- stimolare e diffondere la conoscenza delle problematiche connesse alla SLA al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, le autorità politiche, sanitarie e socio-assistenziali, nei confronti dei malati e dei loro familiari;
- sollecitare le autorità competenti perché provvedano, con rapidità e accuratezza di diagnosi, a fornire trattamenti e cure adeguate ai malati di SLA e la necessaria assistenza ai familiari;
- promuovere e/o sostenere, anche in collaborazione con Istituzioni Pubbliche e/o private, attività di ricerca scientifica e di studio per l’approfondimento delle conoscenze scientifiche circa i modelli e le tecniche di intervento nell’ambito della SLA;
- promuovere e/o organizzare percorsi di formazione professionale del personale sanitario e socio-assistenziale che opera nell’ambito della SLA;
- informare i malati, i loro familiari e quanti li seguono nel trattamento, sulla malattia, sulle possibilità di cura e di assistenza;
- promuovere la presenza sul territorio di referenti dell’Associazione così da costituire delle rappresentanze locali tra i soci vicino agli ammalati e favorire il nascere di gruppi di supporto per le loro famiglie;
- promuovere e/o contribuire alla raccolta e all’elaborazione dei dati epidemiologici su base regionale, nazionale ed internazionale, in collaborazione con le Istituzioni sanitarie preposte;
- aderire ad organismi nazionali ed internazionali che si occupano di SLA per meglio conseguire gli scopi sociali;
- promuovere la raccolta di fondi, ricevere ed eventualmente elargire contributi e donazioni, anche in natura, e concludere tutte le operazioni necessarie ed utili per il conseguimento dei fini statutari.

Dal 2003, al fine di sostenere ulteriormente pazienti, familiari e supportare il personale di assistenza, è stato aperto, presso la sede nazionale di Novara, il “Centro d’ascolto e consulenza sulla SLA”, mediante il quale è possibile entrare telefonicamente in contatto con alcuni esperti (neurologi, psicologi, fisiatri e specialisti della comunicazione) relativamente a tutte le problematiche derivate dalla malattia.

Dal 2006 è stato istituito un Comitato Etico Scientifico al fine di garantire la massima trasparenza nella valutazione di progetti di ricerca, sia di base sia clinica, sulla malattia, per progetti specifici. La valutazione tecnica viene affidata a dei Reviewers internazionali con valutazioni sia a distanza sia in study-session.

Proprio in questi giorni il centro culturale VivaCampaniaViva ha ricevuto una richiesta di aiuto da una ragazza in difficoltà che ci esorta a pubblicare, sul nostro blog, la sua missiva. Postiamo la sua lettera sul nostro portale informatico perché ci sembra opportuno divulgare l’esistenza di una malattia che coinvolge sempre più famiglie italiane:

Mio padre si è ammalato di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) 4 anni fa, e questo ha drammaticamente sconvolto la vita della nostra famiglia e la psiche di ognuno di noi, come sempre accade quando un familiare si ammala gravemente. La SLA è una malattia tragica che consuma via in poco tempo tutti i muscoli, compresi quelli della deglutizione e della respirazione, condannandoti a una fine spietata e consapevole, perché le facoltà cognitive sono cinicamente risparmiate.
Questa mia esperienza non vuole restare una semplice testimonianza ma vorrebbe invece scuotere dall’inerzia centinaia di famiglie con la stessa tragedia (le chiamerò per brevità Famiglie SLA), e soprattutto vorrebbe sollecitare le Istituzioni rappresentate dal Governo, dalle Regioni, dai Comuni ad interessarsi attivamente a tale problema.
Scopo forse ingenuo, sicuramente troppo ambizioso, ma l’orrore è tale che vorrei tentare anche questa strada. Ho organizzato la struttura della mia “lettera aperta” in domande e risposte.
Iniziamo dalla tragedia famigliare. Grazie al signor Welby (che però era ammalato di distrofia muscolare, ma si tratta di malattie che finiscono per assomigliarsi fortemente negli stadi più avanzati), a Luca Coscioni e a pochi altri, la SLA ha fatto il suo debutto come malattia mediatica, eppure è servito a poco perché, al di là del momentaneo polverone su eutanasia e discorsi simili, non è rimasto niente; soprattutto nessuno, proprio nessuno, si è mai chiesto o ha soffermato la sua attenzione sul fatto che ogni santo giorno, 24 ore su 24, la famiglia SLA è sola, abbandonata e ignorata dal sistema sanitario nazionale, contro le cento tragedie imposte dalla malattia.

Domanda 1:
La SLA è una malattia rara?
Risposta 1:

Cominciamo col dire che la SLA non è affatto una malattia rara, come fu erroneamente definita dal Sistema Sanitario Nazionale, quando si decise finalmente di assegnare un codice malattia a tale patologia.
In Italia, come nel resto degli altri paesi industrializzati, l'incidenza di questa patologia risulta di 1,7 casi per 100.000 abitanti/anno.
Significa avere circa 800 nuovi malati ogni anno nel nostro paese (cioè 800 nuove famiglie SLA abbandonate nella loro solitudine quotidiana dalle Istituzioni ogni anno). Si prevede che essa aumenterà del 160% circa entro il 2040 nei paesi industrializzati.
Inoltre, vorrei fare notare che la SLA “sporadica” (la più diffusa, che non è dovuta ad alterazioni congenite) colpisce uomini e donne tra i 60 e i 75 anni in media; questo implica che il coniuge del malato (nella “fortunata” ipotesi che questi non sia un malato single o vedovo) è altrettanto anziano, e quindi è una persona generalmente impossibilitata al titanico compito di assistere il paziente SLA da tutti i punti di vista, fisico, psicologico spesso anche economico. I figli (se ci sono) sono spesso lontani per lavoro, e l’alternativa alla morte del genitore sano per angoscia e fatica sarebbe quella di abbandonare il proprio lavoro per accudire il genitore malato.

Domanda 2:
Le difficoltà economiche, fisiche e psicologiche nella famiglie SLA sono notevoli?
Risposta 2:

1) Il paziente SLA ha bisogno di tutto, dalla mattina alla sera; chi si occupa di lui (coniuge o figlio) è destinato da subito a vita di clausura, di usura fisica e psicologica.
2) La SLA è una malattia degenerativa, fatale entro 2-5 anni, che prevede degli step ben precisi.
Inizialmente nel malato regnano angoscia e depressione dovuto al fatto che si vede avvizzire sempre di più giorno dopo giorno perdendo ogni minima indipendenza personale anche nei movimenti più semplici.
Successivamente vi è l’estenuante iter che ammalato e famiglia devono intraprendere per assicurarsi invalidità, codice malattia, agevolazione bollo auto, e la famosa pensione di accompagnamento; una vergognosa presa in giro, una ridicola somma di 450 euro mensili non sufficiente per una famiglia con un reddito medio e bisognosa di assistenza.
Sarebbe meglio che lo Stato risparmiasse questi soldi per far nascere una struttura di aiuto domiciliare concreto sul territorio per le famiglie SLA.

Nelle fasi successive si verifica il vero orrore: in uno stillicidio continuo il paziente SLA diventa sempre più un corpo emaciato, un peso morto che non può più grattarsi se ha prurito, non può più difendersi neanche dall’insetto che lo tormenta, non può togliersi un capello dal viso o una ciglia che lo sta facendo impazzire, non può aggiustarsi la piega del pigiama dietro la schiena, non può cambiare la sua posizione neanche di un millimetro se si è stancato (noi accavalliamo le gambe senza neanche accorgercene), non può fare più nulla. Dalle minzioni al bere e mangiare, dal prurito al cambio di posizione egli diventa dipendente al 100% da un’altra persona che lo faccia per lui.
Infine arriva la tremenda tracheostomia che gli porta via anche il filo di voce che gli era rimasto, arrivano la dipendenza dal ventilatore, l’aspirazione dei muchi dalla cannula fino a decine di volte al giorno. Per inciso, quando mio padre è stato ricoverato per la tracheostomia, lasciai il mio lavoro (precario) per due mesi di fila, mesi che ho trascorso giorno e notte nella stanza di mio padre, accudendolo in tutto. A fianco al suo letto si consumava la stessa scena: una giovane moglie albanese accudiva da sola il marito SLA già da altri 2 mesi, mentre i due figli piccoli erano rimasti in patria.
Tutto questo perché lo Stato Italiano ignora o vuole ignorare cosa significhi avere un malato SLA, e non ha mai provveduto ad una organizzazione o a strutture sul territorio pronte a intervenire e soccorrere nel quotidiano le famiglie SLA (la malattia è nota da 100 anni).
Grazie alla tracheostomia e ai problemi di deglutizione, questi pazienti mangiano e bevono sempre più lentamente: in media ci vogliono 2 ore per un pasto, un quarto d’ora per un bicchiere d’acqua.
3) Fin quando il malato SLA tracheostomizzato è abbastanza indipendente dal ventilatore, fosse anche per 1 ora o mezz’ora, è dovere morale e psicologico nei suoi confronti il portarlo in bagno per i bisogni e le abluzioni (a meno che non si pensi che sia giusto lasciare marcire un corpo nel letto 24 ore su 24, un giorno dopo l’altro, senza che questa persona possa vedere altro che la parete di fronte).
Può fisicamente il coniuge sessantenne o settantenne alzare dal letto e mettere su una sedia, e poi dalla sedia al water, un adulto di 50-70 chili che si comporta da peso morto? E se il figlio, come nel mio caso, è una figlia e non ha la forza e la stazza per farlo?
Deve dire al parente di marcire a letto?

Domanda 3:
Se ci sono queste difficoltà fisiche, concrete, quotidiane, questa clausura forzata di chi accudisce, questa solitudine della Famiglia SLA, questa dedizione completa di circa 15 ore al giorno (dalle 8 del mattino alle 22-23; la notte in genere dormono tranquilli a meno che non siano raffreddati, in tal caso ci si sveglia di notte più di una volta per aspirarli), se c’è tutto questo, perché non cercate una badante?
Risposta 3:
E’ ovvio che la si cerca, non siamo certo autolesionisti? Come non averci pensato dato che lo Stato (Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Sociali, Ministero per le Pari Opportunità) è negligente e non offre nessun aiuto concreto, quotidiano, fisico, domiciliare (a parte l’assistenza domiciliare integrata, di cui parleremo a tempo debito) e tempestivo (la malattia è estenuante ma dura pochi anni, e nel caso di mio padre ne sono già passati quattro).
Voglio premettere che la mia famiglia è composta da padre, madre e due figlie femmine, entrambe impiegate. Abitiamo a Caserta, ma io vivo e lavoro a Milano da 7 anni, mentre mia sorella fa la spola tra un comune del napoletano e Caserta. Non siamo originari di Caserta, per cui non abbiamo parenti in città o nelle vicinanze. Da quando mio padre si è ammalato nel 2004 (a proposito, solo nella città di Caserta ci sono circa 20 Famiglie SLA, fonte ADI di Caserta) mia madre si è barcamenata senza fermarsi mai per cercare una “badante”, dal passaparola, alle ACLI, fino ad andare di persona in luoghi della città in cui si ritrovano gruppi di donne extracomunitarie soprattutto dell’est (di italiane/italiani che vogliano fare questo mestiere neanche a parlarne!) in cerca di lavoretti, soprattutto pulizie casalinghe.
Tralasciando la disillusione, la delusione, il fallimento quotidiano nel cercare una persona che voglia fare questo arduo lavoro e tutto quello che ne consegue (frustrazione, depressione), cercare un badante o una badante per un paziente SLA è cosa ardua assai; cercarlo tra estranei ed extracomunitari, con i loro problemi e i figli lontani, è risultato inutile, utopico, fallimentare. A noi è capitato più di una volta che la badante improvvisata si sia spaventata vedendo l’aspirazione dei muchi dalla cannula e abbia rinunciato, spesso semplicemente non presentandosi più il giorno dopo senza alcun preavviso.
Una badante deve essere una persona onesta affidabile, a cui si può lasciare la casa in mano per andare a fare la spesa o altre commissioni. Inoltre, deve essere preparata e non improvvisata; deve saper alzare il malato dal letto alla sedia e dalla sedia al gabinetto senza procurargli lussazioni (il paziente SLA non ha più muscolatura) lividi o rovinose cadute che sarebbero fatali (e smettiamola con la ipocrita politica pseudo-infermieristica di comodo secondo cui questi pazienti devono finire i loro giorni, i loro anni in un letto, dalla defecazione alle abluzioni quotidiane; vergogna a chi proclama ciò al solo scopo di risparmiarsi la fatica di sollevare queste persone!)
Una badante deve essere sveglia e attenta a tutte le richieste e i bisogni del malato, compreso se si è stancato di stare senza il ventilatore e deve quindi essere riattaccato; deve sapergli dare da bere e da mangiare senza farlo affogare, quindi con tanta pazienza; deve saperlo muovere e fargli cambiare posizione.
Come si può pretendere tutta questa professionalità e attenzione da una persona non preparata, improvvisata, e che magari ti lascia per il primo lavoro più facile che le capita a tiro?

Domanda 4:
Però potete rivolgervi al servizo di Assistenza Domiciliare del Comune, oppure all’ADI, o ancora alle Associazioni di volontariato!
Risposta 4:

L’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) della ASL di Caserta ci sta dando un supporto insostituibile infatti ci fornisce ventilatori, aspiratori di muchi, nutritivi, cannule, soluzioni fisiologiche oltre le visite frequenti e periodiche di otorini e medici di terapia intensiva e la fisioterapia (1 ora al giorno, 6 giorni su sette: ottimo). C’è un buon rapporto tra le famiglie SLA di Caserta e l’ADI, un rapporto di comprensione, stima, collaborazione. Ma questo non basta! Purtroppo l’ADI non riesce ad aiutarci nel terribile problema del sostegno fisico e quotidiano al paziente SLA; non può procurarci personale di questo tipo.
Il Comune di Caserta prevede l’iscrizione a una lunga lista d’attesa che permetterà di avere un volontario (spesso una donna di una certa età) per una o due volte alla settimana e per circa una o due ore al giorno ma ciò non serve a niente nel caso di una famiglia SLA. Non ci siamo mai neanche messi in nota.
In questi anni ho contattato tutte le associazioni, da quelle per i pazienti oncologici terminali, a quelle per la sclerosi multipla o la distrofia muscolare, fino all’AISLA. Il trend è il seguente:
- tutte le associazioni non dedicate alla SLA non forniscono alcun aiuto (e a Caserta alcune di queste associazioni hanno sedi e numeri di telefono fantasma);
- l’AISLA non ha le strutture e i mezzi per esercitare un servizio di assistenza domiciliare ai pazienti SLA;
- altre piccole associazioni per la SLA si trovano esclusivamente al nord o al centro, comunque non a Caserta (a proposito, parlando con i responsabili di tali associazioni sono venuta a sapere che lo Stato ha tagliato loro i fondi)
- cooperative private: innanzitutto quelle infermieristiche spesso non hanno personale preparato per un paziente SLA tracheostomizzato, e poi il costo mensile di un infermiere è talmente alto che una famiglia media non se lo può permettere. Inoltre, le pochissime cooperative private di assistenza domiciliare in tutto il territorio di Caserta e provincia forniscono ancora una volta personale non preparato e improvvisato (deve pensarci mia madre a istruire le persone che vengono mandate dalla cooperativa). A fronte di tale cattivo servizio il pagamento mensile è di tutto rispetto
Nonostante il mio sconforto e la mia delusione, voglio essere propositiva e sottoporre alla vostra attenzione alcuni aspetti.
Nel territorio della Regione Campania ho riscontrato che vi sono:
1) le strutture ADI che si appoggiano agli ospedali del territorio per usufruire del personale medico che periodicamente visita il paziente SLA in affido all’ADI stessa;
2) centinaia o migliaia di disoccupati stranieri e italiani;
3) i componenti dell’Associazione Italiana SLA (AISLA) che possono fungere da ulteriori forze coordinatrici verso le famiglie SLA su tutto il territorio regionale.
È tanto difficile o impossibile coordinare queste realtà per ottenere un sistema organizzato che aiuti concretamente le famiglie SLA con un’assistenza domiciliare continua, giornaliera, seria e preparata?
Può lo Stato Italiano basarsi esclusivamente sul volontariato che comunque è risultato assolutamente inadeguato per il problema SLA?
Perché la Regione Campania non sovvenziona strutture come l’ADI e l’AISLA in modo tale che, per esempio, le stesse strutture ADI e i corrispondenti ospedali associati selezionino e preparino, per un paio di mesi, persone disoccupate, con la giusta idoneità fisica, a un compito gravoso, presso gli ospedali dove decine di pazienti SLA sono ricoverati per la tracheostomia?
L’ADI e l’AISLA potrebbero poi canalizzare queste persone preparate e professionali verso le famiglie SLA che l’ADI ha in affidamento sul suo territorio.
Attualmente la situazione di fatto è che le famiglie SLA restano abbandonate al loro destino, conducendo una vita di solitudine e angoscia ininterrotta senza ricevere un aiuto concreto, quotidiano e professionale da alcuno.
Per tale motivo vorrei chiedere aiuto allo Stato Italiano indirizzando la mia missiva al Ministero della Salute, al Ministero delle Politiche Sociali, al Ministero per le Pari Opportunità e alla Regione Campania.
Tutti noi, che abbiamo un malato di SLA in famiglia, vorremmo un aiuto concreto e reale dal nostro Stato Italiano.
Auspichiamo la creazione di strutture pubbliche capaci di attuare un servizio di assistenza domiciliare ai pazienti SLA
.”

La lettera è molto toccante; è palesemente una richiesta di aiuto di una persona ormai provata, stanca, disillusa ma che non ha perso, ancora del tutto, la fiducia verso le Istituzioni e la possibilità che si possa fare qualcosa di concreto in un futuro immediato per i malati di SLA.

Il sito dell’associazione “Aisla Onlus” è : http://www.aisla.it/ – mail: segreteria@aisla.it .


I fondatori: Luigi Esposito e Mario de Riso di Carpinone