domenica 13 gennaio 2008

Rifiuti: la "stretta di vite" del Governo è una minestrina riscaldata

Martedì scorso il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, al termine di una riunione di tre ore, ha annunciato le decisioni del Governo per affrontare e risolvere l’emergenza rifiuti in Campania.

Schematizzando, i punti essenziali delle scelte del Governo sono i seguenti:

1) la Campania sarà dotata "di almeno tre termovalorizzatori o gassificatori" ad Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno;

2) i comuni della Campania dovranno disporre ed attuare in quattro mesi un piano di raccolta differenziata dei rifiuti, pena il loro commissariamento;

3) l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro sarà il nuovo “super-commissario” straordinario per i rifiuti in Campania per un periodo di quattro mesi;

4) il piano operativo per assicurare lo smaltimento dei rifiuti e il superamento dell’emergenza, prevede l’utilizzazione dei siti immediatamente utilizzabili previsti dalla legge 87 del 2007 (Serre in provincia di Salerno, Savignano Irpino in provincia di Avellino, Terzigno in provincia di Napoli e Sant'Arcangelo Trimonte in provincia di Benevento), a cui “se ne aggiungeranno altri individuati dalle autorità competenti";

5) verranno utilizzate le forze armate per sgomberare le strade dall'immondizia accumulata;

6) sono state invitate le altre regioni italiane a farsi carico, almeno in parte, dei rifiuti della Campania.

Sembra finalmente che il Governo abbia posto in essere il tanto invocato “giro di vite” per risolvere, con una strategia a breve ed un’altra a medio periodo il problema dei rifiuti in Campania. Le reazioni delle forze politiche sono state generalmente positive, plaudendo in particolare alla scelta di ridare responsabilità agli enti locali, uscendo dalla logica del commissariamento, per garantire l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti. Scelte queste, che consentirebbero di guardare con più fiducia al presente e al futuro.

Ma al di là della prosopopea del mezzi d’informazione, c’è da domandarsi se davvero le decisioni del Governo siano sufficienti per avviare a una soluzione definitiva il problema.

Sfortunatamente a ben vedere ci sembra che ancora una volta si voglia mettere una toppa su di una grossa falla, senza rendersi conto che l’acqua continua ad entrare da altre parti.

Lo situazione è infatti ben più complessa.

A livello nazionale la camorra domina il traffico dei rifiuti tossici e nocivi e anche alcuni imprenditori non appartenenti alla criminalità organizzata ricorrono, per risparmiare, alla gestione illegale dei rifiuti;

A livello regionale le conseguenze delle scelte fatte dalla classe politica hanno determinato una situazione di emergenza che non ha più il carattere dell’eccezionalità creando dei danni enormi dal punto di vista ambientale e sanitario.

Il modello di partenza implicherebbe un intervento su tre ambiti generali:

a. L’attuazione del ciclo ordinario dei rifiuti;

b. La bonifica dei siti inquinati;

c. La lotta ai traffici e agli sversamenti di rifiuti nocivi verso la Campania e alle infiltrazioni camorristiche nel sistema della gestione dei rifiuti.

Ci sembra che il Governo abbia cercato di risolvere (e male) solo il primo dei problemi, trascurando ancora gli altri due punti. In particolare le misure del Governo non sono state innovative e risolutrici ma proposte che il popolo campano conosceva già da tempo e che la classe politica campana non è stata mai capace di attuare.

Cerchiamo ora di capire, punto per punto, perché ancora una volta le iniziative intraprese da Prodi non sembrano sufficienti a traghettare la regione definitivamente fuori dall’emergenza.

1) Molti esponenti politici hanno lodato il Presidente del Consiglio per l’individuazione di non di uno, ma di ben tre termovalorizzatori.

Nulla di nuovo sotto il sole, per quanto riguarda Acerra e Santa Maria La Fossa sono mesi che si attende l’apertura del primo e l’inizio dei lavori per il secondo. Si sa inoltre che il sindaco di Salerno, De Luca, ha pubblicamente chiesto da molti mesi la costruzione di un impianto nella sua città e quindi sembra che il Governo abbia finalmente deciso di accogliere la sua richiesta.

Ci domandiamo però come mai, se le decisione sulla localizzazione dei siti era stata già presa, finora non si sono realizzati i termovalorizzatori? È forse esclusivamente colpa della popolazione che li osteggia? Difficile da dire, visto che ad Acerra i lavori sono in fase molto avanzata e anzi, non si capisce bene ancora quali sono i motivi della ritardata apertura, programmata originariamente per ottobre 2007. Ci viene quindi il ragionevole dubbio se questo termovalorizzatore verrà mai aperto, visto che, nonostante l’emergenza, si va avanti a passo di lumaca.

Ma c’è di più. Chi segue i nostri scritti, sa bene che l’individuazione del sito di S. Maria la Fossa per il secondo inceneritore suscita molti dubbi, visto che sarebbe a soli 20 km da quello di Acerra e che, negli immediati dintorni, sono localizzati ben cinque dei sette impianti di CDR della Regione. Senza contare che lo stabilimento di Acerra è un vero e proprio ecomostro, visto che a regime riuscirebbe a trattare quasi 2000 tonnellate di rifiuti al giorno, quando gli altri impianti presenti sul territorio nazionale, mediamente, si aggirano su una combustione giornaliera con picchi massimi di 300 o 400 tonnellate.

Vogliamo inoltre ricordare che Acerra è un’area già accertata ad elevato rischio di crisi ambientale con D.C.d.M. 26/2/1987, molto inquinata e ad elevata mortalità tumorale. E’ necessario partire immediatamente con le bonifiche di quella zona, un diritto riconosciuto ad Acerra e relativo circondario dall’art. 17 del decreto Ronchi e dalle stesse ordinanze governative (n. 2948/99 art. 7) ed è inaccettabile che le Autorità non abbiano neanche annunciato azioni volte al recupero di un’area che era tra le più fertili e produttive dell’intera Campania.

Molti dei nostri lettori ci domandano come mai non si parla affatto di tecnologie pulite, quali la bioessiccazione in particolare, che sembrerebbe essere il futuro dello smaltimento dei rifiuti.

La nostra interpretazione ancora una volta è ancora provocatoria, poiché sarebbe come chiedere una Ferrari, quando il Governo non riesce nemmeno a darci una Cinquecento. Sarebbe davvero bello se il nostro Governo volesse e potesse attuare un piano di gestione rifiuti alternativo, ma per il momento accontentiamoci della Cinquecento e navighiamo a vista. Siamo caduti talmente in basso che la realtà supera ogni nostra fervida immaginazione. Addirittura gli stessi addetti ai lavori fanno fatica ad accettare la realtà tanto essa è dura e cruda.

2) Parliamo ora dei comuni. Tra le disposizioni contenute nella Legge Regionale n.19 del 3 aprile 2007 vi è stata la creazione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) per la raccolta dell’immondizia. Si è deciso a tavolino che gli ATO coincidessero con la province della Campania senza ragionare su quali dovessero essere le dimensioni ottimali, per numero degli abitanti e per conformazione del territorio, per la creazione della filiera per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Una decisione paradossale, visto che la sola provincia napoletana produce i 2/3 del volume complessivo dei rifiuti della Regione. Si è pensato quindi di creare un super-Ato responsabile per oltre 3 milioni di abitanti, praticamente ingestibile, ma anche due mini-Ato, in Irpinia e nel Sannio, fatti per appagare gli appetiti dei potentati politici locali.

I nodi sono quindi venuti al pettine e infatti degli ATO, che sarebbero dovuti diventare operativi nel gennaio 2008, se n’è perduta traccia. Inoltre, con la creazione degli ATO i comuni non venivano presi in considerazione nel meccanismo della raccolta. Il che era un errore molto grave poiché senza responsabilizzare i sindaci verso i propri elettori, si andava a recidere il rapporto fiduciario che l’amministratore locale deve avere verso il suo elettorato. Se ad esempio un cittadino nota che il comune adiacente è più pulito o fa pagare meno tasse per la raccolta, saprà che la responsabilità della cattiva gestione nel proprio comune appartiene al sindaco.

La domanda che ci poniamo è quindi se con le recenti misure, il Governo abbia deciso di disconoscere la regolamentazione regionale esistente.

Il dubbio che a questo punto sorge però, è se sia giusto far sobbarcare tutta la responsabilità per la risoluzione strutturale dell’emergenza ai comuni. Questi hanno solo 60 giorni per redigere i loro piani di smaltimento dei rifiuti e altri 60 per attuarli, pena il commissariamento. Questo cosa vuol dire? Quanti comuni riusciranno a mettersi in regola? Secondo noi ben pochi. Quindi vuol dire che tra 120 giorni molte amministrazioni verranno commissariate? Ma allora il commissariamento di De Gennaro terminerà tra 120 giorni e subito dopo ne inizieranno altri? Un vero e proprio ginepraio da cui non si esce perché strutturalmente si continua a non prevedere degli ambiti di smaltimento di dimensioni equilibrate. Il tutto quando anche la legge 87/2007 aveva individuato le province come enti territoriali di riferimento: decisione sbagliata e frettolosa in quanto duplicava le competenze in materia tra regione e province e creava situazioni di confusione ulteriore. Insomma il caos organizzativo non finisce qui!

3) Ma dire del nuovo commissariamento? Perché ora si parla di super-commissariamento? Ha poteri che altri commissari non avevano? Ma gli altri commissari non avevano già ampi poteri? Inoltre il commissariamento doveva terminare alla fine del 2007, poi doveva durare fino a novembre 2008 e ora ci dicono che concluderà i lavori a fine aprile 2008. Secondo quali scelte programmatiche si prendono decisioni così delicate? Cosa spinge il Governo italiano a cambiare strategie così in fretta?

Non abbiamo nulla da ridire sulla scelta del dottor De Gennaro (o forse era meglio chiamare direttamente San Gennaro?), che è una persona competente e preparata, ma ci sarebbe molto da discutere sui tempi del commissariamento. I quattro mesi basteranno (forse) a raccogliere i rifiuti dalle strade con l’apertura di nuove discariche, ma oramai il problema è ben più radicato e profondo. Occorre una pianificazione a lungo termine per poter uscire davvero e definitivamente da tale emergenza, altrimenti due o tre volte l’anno ci troveremo sempre davanti alla medesima situazione. Il tutto mentre fiumi di denaro verranno sperperati per attuare un ciclo completo di rifiuti che mai partirà e, come dice l’amico Luigi Malfi, piramidi di ecoballe faranno invidia alle quelle egiziane con il Presidente-Faraone Bassolino che finirà per offuscare la figura di Cheope!

4) Per quanto riguarda l’individuazione dei siti, il Governo non ha fatto altro che rifarsi a quelli elencati nella legge 87/2007 quindi ancora una volta nulla di nuovo sotto al sole. Ci domandiamo però come mai, in sei mesi l’unica discarica aperta è stata quella di Serre, in località Macchia Soprana; l’unica attualmente attiva in Campania e che sarà esaurita entro marzo 2008. Come mai le altre non sono state aperte e perché le affermazioni di Prodi sono state presentate come un’azione risolutiva, quando invece si sapeva da mesi dove dovevano farsi le discariche?

Rimane però da scoprire perché si è deciso di riaprire la discarica a Pianura. Ci sembra che il Governo navighi a vista e prenda delle decisioni che poi non sa o non vuole portare avanti.

Perché incaponirsi su questi siti, quando si sa che anche gli abitanti di Terzigno, saranno pronti a scendere in campo per difendere il loro territorio?

Perché invece non considerare i luoghi individuati dal prof. De Medici nel febbraio 2007: le aree intorno a Vallesaccarda, Vallata, Lacedonia e Bisaccia; zone che si sarebbero messe a norma nel giro di 20 giorni, che hanno un impatto ambientale limitato e che sono ben collegate?

L'allocazione urgente, quindi, di tutti i rifiuti fin qui prodotti, potrebbe risolversi in breve termine con l'utilizzo di queste estese aree argillose, prive di urbanizzazioni, di coltivazioni pregiate e di circolazione idrica sotterranea di rilievo, ben collegate da reti stradali e con potenzialità di inquinamento ridotte al minimo.

Perché preferire siti la cui apertura richiederebbe ancora dei mesi e scontri con la popolazione locale?

La risposta che gira “nei corridoi della politica” è che alcune personalità, che hanno creato la loro forza proprio in quelle aree, stanno osteggiando l’individuazione di tali siti per mantenere quei consensi politici che, viceversa, andrebbero persi. È giusto che per i soliti motivi clientelari ne debba pagare le conseguenze l’intera popolazione campana e italiana?

5) Parliamo ora dell’invio dell’Esercito. I nostri soldati sono certamente i benvenuti, ma per quale motivo chiamare loro, che di mestiere certamente non devono raccogliere immondizia, e non cercare invece di valorizzare le nostre risorse? Ad esempio gli oltre 2.000 lavoratori, un piccolo reggimento, in cui si sovrappongono gestioni comunali, appaltatori privati, consorzi a cui i comuni non hanno mai voluto cedere le competenze e, dulcis in fundo, LSU (lavoratori socialmente utili) assunti sia dalle giunte di destra sia dalle giunte di sinistra: tutti ingannati con la promessa di lavorare a una raccolta differenziata che non si è mai fatta e che oggi percepiscono uno stipendio di 1.500 euro al mese senza fare nulla. Perché non iniziare sfruttare le risorse nostre interne?

Perché invece non utilizzare l’esercito per presidiare le maggiori arterie che i camion della camorra percorrono per effettuare poi i loro sversamenti abusivi? In particolare, l'autostrada A1 e l’A16, la S.S. “Domitiana” e intorno a Napoli, l’Asse Mediano e la S.S. 7 bis. Sono sostanzialmente solo queste le strade battute dai camion dei rifiuti, in particolare: le autostrade e la Domitiana per il trasporto dal Nord e l'Asse Mediano e la 7 bis per gli sversamenti abusivi. Basterebbe predisporre un fitto pattugliamento all’ingresso dei caselli autostradali e lungo le arterie principali sovraesposte per combattere efficacemente il fenomeno e ridurre l’impatto dell’inquinamento sul territorio regionale.

6) Perché “esportare” i rifiuti nelle altre regioni italiane che, a nostro avviso, fanno bene a dare una disponibilità limitata?

Tutti sappiamo che per l’italiano medio “il napoletano” è sinonimo di inciviltà, superficialità, trascuratezza e dell’arte di arrangiarsi. La scelta di portare fuori regione l’immondizia campana rischia solo di fomenta tali tesi nell’immaginario collettivo degli altri italiani, oltre che creare situazioni di tensione.

È noto a tutti che la prima nave carica di rifiuti diretta in Sardegna è stata bloccata all’interno del porto di Cagliari da manifestanti che non volevano la “munnezza dei napoletani” e che solo dopo molte ore, il convoglio di camion, sotto scorta, si è potuto dirigere nella discarica di destinazione. A chi giova questa strategia? Ci sembra che questa sia solo una lotta la massacro.

La strategia adottata dal Governo Prodi è quindi destinata ancora una volta ad incidere nel breve periodo sulla raccolta dell’immondizia, ma non a risolvere alla radice il problema, lasciando quindi aperti molti interrogativi sulle emergenze che si potranno ripresentare in futuro con la medesima, se non ben maggiore, virulenza. Non vi è traccia infatti nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio di interventi di bonifica del territorio, quanto mai urgenti in particolare nelle aree di Acerra, Giugliano, Aversa, Villaricca; non si annuncia una decisa lotta alle attività di sversamento illegale della camorra; non si fa alcuna menzione della costruzione di impianti di compostaggio, per il trattamento della frazione organica dei rifiuti, lasciando intendere che basterà costruire tre termovalorizzatori (in quanto tempo poi?) per risolvere tutta la questione.

Rimane ulteriormente irrisolto il nodo delle 5 milioni di tonnellate di ecoballe sparse sul nostro territori, una vera e propria emergenza nell’emergenza. Spazi ampissimi occupati da enormi piramidi di rifiuti, coperte da teloni neri e poggiate su di una soletta in cemento. Materiale combustibile, ma che, lo ricordiamo ancora una volta, non è a norma per poter essere bruciato nei termovalorizzatori e che richiede ulteriori esborsi e anni per poter essere smaltito.

Ciò che è manca a nostro avviso è la volontà di incidere sulle cause strutturali della questione. Continuiamo a pagare l’immobilismo, l’incapacità e la miopia della classe politica campana, oltre che dei commissari, i quali sono stati a malapena capaci di fronteggiare le emergenze, ma non di attuare una seria politica e programmazione a medio e lungo termine. Queste sono le vere cause del disastro in cui oggi versiamo.

Cosa ci resta da fare quindi?

Una piccola speranza ci è data dalla Commissione Europea che, entro gennaio, minaccia di passare alla seconda fase della procedura di infrazione avviata nei confronti del nostro Paese, laddove le argomentazioni presentate dal Governo a giustificazione della situazione non siano considerate sufficienti.

Pia Bucella, Direttrice alla Direzione Generale Ambiente e Responsabile della Comunicazione e degli Affari Giuridici della Commissione Europea avverte che il Governo italiano rischia di ricevere una nuova, severa lettera di richiamo; poi, se non ottempererà agli obblighi previsti,entro un mese, la Commissione potrà adire la Corte di Giustizia. Nel caso la Corte condannasse l'Italia, la Ue dovrebbe valutare quali misure adottare. Certamente non sarà più possibile impegnarsi formalmente, ma verrà stilato un cronoprogramma rigido che imporrà, per esempio, un bilancio di Governo vincolato, in due mesi il completamento delle operazioni di esproprio dei suoli, in tre la pubblicazione del bando di gara e per ogni fase il monitoraggio serrato della Ue.

Praticamente si avrebbe una specie di Commissario Europeo che forse, considerati i tempi e l’acclarata incapacità della classe politica di casa nostra, potrebbe essere davvero l’ultima ancora di salvezza. È triste ammetterlo ma ancora una volta sembra che ci si debba affidare ad un deus ex machina esterno per tirarci fuori dai guai. Ci auguriamo che, nelle more di queste procedure, la Campania sappia esprimere da sola un leader che sappia motivare e traghettare la popolazione al di là del guado.

Buona fortuna a tutti noi!

Centro culturale VivaCampaniaViva

I fondatori: Luigi Esposito e Mario de Riso di Carpinone

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