martedì 8 gennaio 2008

Emergenza – scandalo rifiuti in Campania

"Sono allarmato, non sono preoccupato per la situazione dei rifiuti a Napoli". Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto ai cronisti il 4 gennaio scorso al termine della sua breve permanenza a Capri per le vacanze di Natale. E ha aggiunto: "Penso che il Governo prenderà iniziative al massimo livello".

I lettori più attenti ricorderanno senz’altro anche il richiamo che il Presidente ha fatto nel maggio 2007 sullo stesso tema. Il Governo allora è intervenuto emanando un decreto legge (poi convertito il 5 luglio 2007 nella cosiddetta “Legge SalvaCampania”) il quale individuava, per risolvere l’emergenza rappresentata da migliaia di tonnellate di spazzatura non raccolta in tutta la regione, 5 siti che avrebbero dovuto garantire lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi provenienti dalle attività di selezione, trattamento e raccolta di rifiuti solidi urbani in Campania, anche al fine di evitare l'insorgere di nuove situazioni emergenziali.

La legge prevedeva l’attivazione di discariche a Serre in provincia di Salerno, Savignano Irpino in provincia di Avellino, Terzigno in provincia di Napoli e Sant'Arcangelo Trimonte in provincia di Benevento, anche in deroga a specifiche disposizioni vigenti in materia ambientale, paesaggistico-territoriale, di pianificazione per la difesa del suolo, nonché igienico-sanitaria, nel rispetto dei principi fondamentali in materia di tutela della salute e dell'ambiente e salvo l'obbligo per il Commissario delegato di assicurare le misure occorrenti alla tutela della salute e dell'ambiente.

Dal luglio 2007 l’unica discarica realizzata è quella di Serre, in località Macchia Soprana, l’unica attualmente attiva in Campania e che sarà esaurita entro marzo 2008.

Una discarica che doveva servire a traghettare la regione fuori dall’emergenza fino a quando l’inceneritore di Acerra non avesse iniziato a funzionare, secondo i piani originari, per la fine del 2007. Una scelta approvata dal Ministro dall’Ambiente Pecoraro, ottenuta a costi esorbitanti abbattendo centinaia di querce secolari. Il tutto con l’obbligo per la Provincia di Salerno di indicare una discarica alternativa per evitare che il sito di Serre, incombente sull’Oasi di Persano e sui prelievi di acqua per l’irrigazione di tutta la pianura del Sele, diventasse una potenziale ma sicura fonte di inquinamento delle acque fluviali. Per la cronaca solo pochi giorni fa sono stati indicati due siti (Caggiano e Santa Marina) che sono però risultati palesemente non idonei.

Insomma, il Commissario delegato dal Governo non ha realizzato le discariche previste dalla legge n. 87, determinando l’ennesimo aggravamento della crisi ambientale e incrementando ulteriormente il pericolo per la salute dei cittadini. Perché le norme della legge non sono state attuate? Perché e chi ha suggerito la riapertura della discarica di Pianura a Napoli, proprio nel mezzo della zona vulcanica dei Campi Flegrei?

La riapertura del sito di Pianura pone un ulteriore interrogativo, visto che nel Piano Rifiuti elaborato nel dicembre 2007 dal Commissario di Governo Pansa è stabilito che le discariche non possono essere realizzate nelle aree interessate da vulcanismo attivo come i Campi Flegrei. Ma che sta succedendo?

È il Parlamento Italiano che ha trasformato in legge un decreto inattuabile o sono state le istituzioni campane che l’hanno resa lettera morta?

Perché il Governo nazionale alla fine di dicembre 2007 ha prorogato ancora il Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti? Non si capisce quale giovamento ne hanno i cittadini della Campania che in 14 anni hanno assistito a enormi spese di denaro pubblico e all’aggravamento del disastro ambientale.

E soprattutto cosa c’entra la riapertura della discarica di Pianura con l’attuazione della legge SalvaCampania?

Quali saranno a questo punto le decisioni del Governo che si vede anche costretto a difendere il nostro Paese da una procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea che potrebbe risultare molto salata per tutti?

Chi riuscirà finalmente ad “azzeccare” le decisioni giuste per traghettare la regione fuori dall’emergenza e sarà disposto a raccogliere la sfida dichiarando guerra a camorra, imprese compiacenti, istituzioni locali fantasma, capipopolo improvvisati, politici ed affaristi?

In questi giorni assistiamo al solito scaricabarile all’italiana. Il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino, napoleonicamente, dichiara dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno: “la Regione ha ancora bisogno di me”, aggiungendo però “io gli errori li ho commessi e sono indubbi”, ma che “la gestione in Campania dura da 14 anni” e quindi non è giusto che a rimetterci la poltrona sia soltanto lui.

Discorso a parte meritano le Province, che nel settore rifiuti non hanno mai avuto competenze, ma che con la Legge 87 hanno assunto un ruolo determinante: i presidenti delle Province diventano sub-commissari. Peccato che le Province abbiano dimostrato di non essere attrezzate tecnicamente per questo tipo di attività che ora si vanno a intersecare con le competenze, in materia, della Regione. Il conflitto è infatti inevitabilmente esploso e la Regione ha già accusato le Province di eccessivo lassismo e di non aver individuato ancora i possibili siti alternativi per lo stoccaggio dei rifiuti.

Veniamo poi al Sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino che ricopre questa prestigiosa carica dal 2001. Il 12 maggio 2003 proclamava: “Ci stiamo avviando alla normalità”. Otto mesi più tardi: “Abbiamo qualche problema, ma da noi mafie non esistono”. Due anni dopo: “Napoli deve avere il termovalorizzatore”. Sette mesi fa: “Napoli non avrà un suo termovalorizzatore”. Il 21 maggio 2007: “La situazione è tragica”. Il 30 maggio: “L’emergenza a Napoli è chiusa”. Salvo poi scoprire, facendo un bilancio del primo anno dall’inizio del secondo mandato che: “Certo, non mi aspettavo la crisi dei rifiuti, non immaginavo una simile situazione. E soprattutto immaginavo un bilancio senza troppi problemi. Invece stiamo soffrendo ancora, anche perché Prodi ha ereditato la catastrofe lasciata da Berlusconi”. Il 10 luglio, dopo che l’ambasciatore USA aveva messo in allarme i turisti americani, lei dichiarava: “Dichiarazioni inopportune. La città è pulita e i cumuli di rifiuti non ci sono più”. Augurandosi infine, giusto prima delle feste, “un Natale senza immondizia”.

Insomma, le richieste di dimissioni sono pretestuose, inutili e rappresentano solo il segnale dell’imbarbarimento della lotta politica. Rimane la tragedia che la Campania sta vivendo da circa quattordici anni, attraverso un perdurante ed umiliante commissariamento e che sembra, ancora oggi, non trovare soluzione.

I cittadini sono gli unici che stanno pagando per tutto questo. E i responsabili tecnici, i consulenti, i politici? Qualcuno ha perso il posto? Qualcuno ha dovuto rinunciare all’incarico? Una carriera politica, almeno una, è finita? Macché. Fra cassonetti incendiati, richieste di dimissioni e indagini giudiziarie, che coinvolgono dal Presidente Bassolino fino all’ultimo presidente di Consorzio rifiuti, per esempio quello di Napoli 3, Mimmo Pinto (lo storico leader dei disoccupati organizzati di Napoli), si va avanti come se niente fosse. Anche la recente condanna in primo grado subita dal Presidente Bassolino al risarcimento di 3,2 milioni di euro da parte della Corte dei Conti, per la creazione di una call center ambientale mai divenuto operativo, ma con l’assunzione di 100 lavoratori socialmente utili, ha provocato nel suo avvocato una reazione di “serenità”, in quanto c’è certezza di “aver agito nel giusto”. Sarà, ma qualche dubbio inizia a sorgere.

Il succedersi degli eventi indica, purtroppo in maniera inconfutabile, l'aggravarsi di una crisi che dovrebbe essere meglio evidenziata sia dalla classe politica che dai media, con chiarimenti ed approfondimenti d'indagine, capaci di squarciare il velo rappresentato unicamente dalle polemiche per la ricerca di siti per lo smaltimento dei rifiuti.

L’individuazione dei siti da adibire a discarica è un problema senz'altro urgente, ma non risolutivo rispetto alla complessità di altre questioni che appaiono discusse ma non risolte, oppure che vengono completamente taciute.

Esistono allora in Campania siti per lo smaltimento dei rifiuti più idonei sotto tutti i punti di vista rispetto a quelli finora indicati? La risposta è del tutto affermativa, come è stato dimostrato dai proff. Ortolani e de Medici (ordinari di Geologia presso l’Università di Napoli “Federico II”) che hanno collaborato con la struttura commissariale nei primi mesi del 2007.

Ancora oggi il Professor de Medici si chiede per quale motivo il Commissariato abbia continuato a preferire, per lo stoccaggio dei rifiuti, delle cave dismesse che dovrebbero invece essere rinaturalizzate dalle imprese di estrazione, considerando gli ampi poteri che ha per individuare i siti idonei, tali da preservare le caratteristiche geologiche, ambientali, paesaggistiche e turistiche del nostro territorio campano.

Tra l’altro la maggior parte delle cave dismesse è stata o è ancora, in mano alla camorra che le ha abbandonate in situazioni disastrose. Un ulteriore aspetto da sottolineare è che quasi tutte le cave sono in materiale calcareo e lapideo, cioè geologicamente non si prestano minimamente all’utilizzazione come discarica e soprattutto allo stoccaggio di rifiuti che si infiltrerebbero nel terreno sottostante.

Dopo aver fatto numerosi sopralluoghi, di sua iniziativa, sul territorio campano, il prof. de Medici ha indicato nel mese di Febbraio 2007, all’allora commissario Bertolaso, i siti idonei per le discariche: per le province di Salerno, Benevento e soprattutto Avellino, si è riferito ad aree intorno a Vallesaccarda, Vallata, Lacedonia e Bisaccia, zone che si sarebbero messe a norma nel giro di 20 giorni, scartando Serre che risultava inidonea in quanto si sarebbe potuta sfruttare solo per un periodo di tempo molto limitato, senza possibilità di riportare successivamente il sito agli originali livelli ambientali.

Sia i coordinatori del Ministero dell’Ambiente, sia i dirigenti dell’Apat appoggiarono le scelte del Prof. de Medici. Secondo lo studio del Professore, le aree da lui individuate erano estese per molti chilometri quadrati, presentando situazioni ideali non solo dal punto di vista ambientale e geologico, ma anche strategico, perché servite da una serie di superstrade già utilizzate da camion che vi hanno trasportato le enormi pale eoliche e che quindi risulterebbero facilmente percorribili anche dagli autocarri che trasportano i rifiuti.

Se non bastasse, questi campi, utilizzati oggi per l’energia eolica, sono già liberi da vincoli amministrativi e quindi immediatamente utilizzabili. Fino ad oggi le proposte del Prof. de Medici non hanno ricevuto una risposta formale.

Un altro aspetto della vicenda non chiaro al prof. de Medici è relativo all’indicazione del sito di Sant’Arcangelo Trimonte, di cui non si era mai fatta menzione nelle riunioni tenutasi nei primi mesi del 2007 con la struttura commissariale e che, tra l’altro, veniva indicato in provincia di Benevento, pur appartenendo a quella di Avellino.

L'allocazione urgente, quindi, di tutti i rifiuti fin qui prodotti, potrebbe risolversi in breve termine con l'utilizzo di queste estese aree argillose, prive di urbanizzazioni, di coltivazioni pregiate e di circolazione idrica sotterranea di rilievo, ben collegate da reti stradali e con potenzialità di inquinamento ridotte al minimo.

Ma il problema dell'emergenza rifiuti in Campania non sarebbe per questo risolto. A partire dalla messa a dimora di tutti i rifiuti oggi esistenti, quale sarebbe poi il destino della produzione giornaliera di circa 8.000 tonnellate di rifiuti al momento ancora indifferenziati?

È stato programmato per il futuro il sistema di smaltimento dei rifiuti? Perché fino a oggi non si è riusciti a partire con la raccolta differenziata? È questo il nocciolo del problema al quale nessun politico, regionale o nazionale che sia, è riuscito a dare una risposta.

Che la salvezza sia nell’Europa a questo punto?

La Commissione Europea ha valutato nel merito la Legge 87 e ha concluso che offre solo soluzioni limitate alla crisi. In particolare manca di “un approccio sistematico e di lungo termine per risolvere il problema della carenza di una rete adeguata di depositi. E poi il decreto non impedisce le discariche abusive e incontrollate, come sta avvenendo” ha dichiarato il Commissario Europeo all’ambiente Stavros Dimas.

Entro gennaio la Commissione minaccia di passare alla seconda fase della procedura di infrazione avviata nei confronti del nostro Paese. E già la sua Direzione generale ha detto che, “alla luce della situazione di crisi attuale”, le risposte che ha dato il ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, “forse non rappresentano ancora un passo sufficiente”.

In base a quali criteri la Commissione passerà alla seconda fase della procedura? “L´Italia ha risposto adesso alle richieste di spiegazioni che avevamo mandato in ottobre”, prosegue Dimas. “Valuterò la lettera del Ministro anche alla luce di quest’ultima crisi. Se decideremo di passare al secondo stadio della procedura, è chiaro che le dichiarazioni di buona volontà non ci basteranno più. Le autorità italiane dovranno agire, prendere misure concrete e immediate per risolvere la situazione tenendo in considerazione sia le esigenze di salute pubblica sia quelle di protezione ambientale. Occorre raddoppiare gli sforzi per risolvere la crisi sia a breve sia a lungo termine”.

In che modo la direttiva comunitaria, se rispettata, avrebbe impedito questo disastro? “La direttiva europea prevede che gli stati membri prendano le misure necessarie per la raccolta e l´eliminazione dei rifiuti senza danni per la salute umana e per l´ambiente. La direttiva proibisce esplicitamente l´abbandono e la discarica incontrollata dei rifiuti: gli stati membri devono approntare piani che prevedano chiaramente come e dove i rifiuti vengono trattati e stabilire una rete di depositi per il materiale che non può essere recuperato. L´Italia si era impegnata a rispettare pienamente queste norme. Se lo avesse fatto, non ci troveremmo nella situazione attuale”.

Ma il rischio vero della Campania, per la Ue, è legato alla possibilità di spendere gli 85 milioni di euro dei fondi strutturali destinati alla realizzazione e all'adeguamento degli impianti del ciclo dei rifiuti. Un rischio che viene confermato da Pia Bucella, responsabile della Direzione Generale Ambiente, Comunicazione, Affari giuridici e Protezione civile della Commissione europea: "Il problema fondamentale — ha spiegato la dirigente di Bruxelles in una recente intervista al Corriere del Mezzogiorno — resta il nodo, ancora tutto da sciogliere, della incompatibilità del regime commissariale con le regole del mercato interno, giacché le procedure semplificate della gestione commissariale riguardanti, per esempio, lo svolgimento degli appalti, collidono con le esigenze del mercato europeo. Quindi, per evitare nuove procedure di infrazione nel 2004 è stato istituito questo vincolo. Probabilmente perché si pensava che per il 2004 in Campania si sarebbe usciti dal regime commissariale”.

Quali rischi corre l'Italia e, quindi, la Campania? Prosegue la Bucella: “Il Governo italiano rischia di ricevere una nuova, severa lettera di richiamo; poi, se non ottempererà agli obblighi previsti, diciamo entro un mese, la Commissione potrà adire la Corte di Giustizia. Nel caso la Corte condannasse l'Italia, la Ue dovrebbe valutare quali misure adottare: certamente non sarà più possibile impegnarsi formalmente, ma verrà stilato un cronoprogramma rigido che imporrà, per esempio, un bilancio di Governo vincolato, in due mesi il completamento delle operazioni di esproprio dei suoli, in tre la pubblicazione del bando di gara e per ogni fase il monitoraggio serrato della Ue”. Praticamente si avrebbe una specie di Commissario Europeo.

E per i fondi strutturali? ”Quelli rimanenti del primo pacchetto 2000/2006 e destinati ai lavori per lo smaltimento dei rifiuti in Campania ammontano a circa 85 milioni di euro: fondi che dovrebbero essere spesi entro il 31 dicembre 2008. Tuttavia, come detto, su questi 85 milioni grava il vincolo della conformità alle regole del mercato e, dunque, l'incompatibilità con il regime commissariale. Ora, veniamo a sapere che è sopraggiunta una proroga con la nomina del nuovo commissario, il cui mandato scade il 30 novembre, vale a dire un mese prima che scada la possibilità di utilizzare gli 85 milioni. Immagino sia pressoché impossibile spendere quella somma, in così poco tempo, senza incorrere in infrazioni”.

Dalla Regione spiegano che gli 85 milioni sono stati impegnati a fine dicembre 2004: vale a dire prima della prescrizione europea che sancisce l'incompatibilità con il regime commissariale. “Se è così è probabile che possano essere utilizzati. Tuttavia, resta il vincolo principale: che l'impiego avvenga secondo le regole del mercato interno”.

Mentre per il secondo pacchetto 2007/2013 cosa potrebbe accadere? “Si tratta di circa 1 miliardo di euro che la Campania potrà spendere per interventi ambientali non più limitati alla gestione rifiuti, ma a bonifiche, risanamento acque. E in questo caso non è stato applicato alcun vincolo di gestione: sarà sufficiente una lettera dei nostri uffici di Bruxelles in cui si accerta la conformità dei progetti secondo le finalità ambientali”.

In questo caso non c'è pericolo di violazione delle regole del mercato interno? “Per ora questo pericolo è escluso, poiché ad oggi non è previsto un commissario governativo per questo genere di interventi”.

Ma in Campania vi sono altri commissari governativi nel settore ambientale: quello per le bonifiche, l'altro per il ciclo delle acque... “Davvero? Beh, se è così vedremo”, conclude la Bucella ”Vedremo la Commissione cosa deciderà”.

Non ci resta quindi che attendere e sperare che chi ha dimostrato la sua incapacità a gestire e risolvere questo problema possa perlomeno essere scavalcato.

Da mesi sappiamo che il problema si può risolvere alla radice solo attuando una serie di provvedimenti ad ampio respiro. Già nel giugno 2007 VivaCampaniaViva ha stilato un foglio di proposte e idee per la risoluzione del problema. Chi vuole può andare a leggere l’approfondimento “Ancora e sempre emergenza rifiuti” al par. 12. Le soluzioni sono a portata di mano, ma si deve avere il coraggio di perseguirle.

Vogliamo chiudere ricordando la lezione di Beowulf, l’eroe epico che strappa le braccia all’Orco che appestava la Danimarca: “Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla”. Abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di sé stessi. Abituarsi a non avere più nulla. È questo ciò che oggi dobbiamo combattere.

Centro culturale VivaCampaniaViva
I fondatori: Luigi Esposito e Mario de Riso di Carpinone

Nessun commento: