sabato 27 ottobre 2007

Lo Stato siamo tutti noi

La necessità di aggregarsi è un elemento comune, sentito in tutte le società umane. Dai livelli più semplici, come la famiglia, il clan e la tribù, si può arrivare a quelli più complessi ed articolati, come è oggi lo Stato moderno.

Il denominatore comune, che è alla base delle unioni di persone, è nel principio secondo il quale l’unione fa la forza. In altre parole, una comunità è in grado di tutelare meglio gli interessi dei propri associati, molto di più di quanto i singoli possano fare per se stessi.

In questo senso, pertanto, lo Stato siamo tutti noi, ed intanto questo esiste, perché è composto - e quindi voluto - da tutti i suoi cittadini. Conseguentemente deve mettere, in cima alla lista delle priorità di azione, l’interesse generale, ossia di tutti, e non di una sua componente o fazione.

È chiaro che più l’aggregazione umana si fa complessa, tanto più diventa una conseguenza perversa la creazione di sottogruppi che, rivaleggiando tra loro, tendono ad acquisire un potere sempre maggiore per esercitarlo nei confronti della massa. Dall’applicazione di queste regole nascono l’oligarchia, ossia il governo di pochi, e la tirannia, cioè il governo di un prescelto, o per meglio dire del più forte.

L’esperienza dell’antica Grecia ha fatto progredire i sistemi di governo per avvicinare quanto più possibile l’azione di comando all’interesse collettivo, attraverso lo strumento della democrazia. Lo Stato diventa di tutti, e i cittadini possono nominare dei loro delegati che esercitano il potere in nome e per conto dell’interesse generale.

È importante però che il gioco democratico non venga falsato e che non si finisca per fare soltanto gli interessi dei pochi che riescono a manovrare altri. In questo senso la società deve adoperarsi al proprio interno per poter distribuire al meglio il potere, gli interessi e la ricchezza, in modo che per quanto possibile, tutti possano avere le medesime possibilità nel gioco democratico.

In questo senso, storicamente, il messaggio cristiano, di una migliore e più corretta assistenza ai bisognosi ha portato ad un’etica volta al lavoro per migliorare le condizioni di vita dei meno abbienti e ad interessarsi che tutti i cittadini, anche gli ultimi e gli emarginati, possano essere parte integrante della società.

Una società moderna che sappia trarre i migliori insegnamenti dal passato deve poter comprendere che una politica di solidarietà è perfettamente coincidente con l’interesse generale.

È un vantaggio per tutti che la totalità della popolazione stia bene: questo riduce gli incidenti, i furti, le rapine, la delinquenza in generale e crea più sviluppo, attraverso più lavoro, più cultura, studio, ricerca e maggiore rispetto della legalità.

Una società dove il perseguimento dell’interesse di pochi crea disoccupazione, fa aumentare la criminalità e sfrutta le fasce più deboli che vengono lasciate nell’ignoranza, è infelice e si deve lottare per cambiarla e per crescere. In particolare deve essere un obiettivo primario quello di concedere i fondi pubblici (cioè le risorse comuni) con equità, affinché possano portare davvero ad un miglioramento delle condizioni di vita della cittadinanza, ad uno sviluppo dei servizi e delle infrastrutture.

Ridurre le differenze e gli squilibri è possibile con un approccio politico moderno, equo onesto e solidale.
Migliorare è possibile, basta crederci!

Vincenzo Varchetta
enzo_varchetta@libero.it

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