giovedì 17 maggio 2007

Primi passi verso una riforma

Il 24 Aprile 2007, si è avuta la notizia che il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta dei Ministeri dell'Ambiente e della Giustizia, il "Disegno di legge eco-reati" che contiene le disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente e dà la delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina. Il nostro avvocato Rosa de Roberto riporta le sue riflessione tecniche qui di seguito:
"Dalla scarsa tutela normativa dell’ambiente sono derivate storie di giustizia negata, di impunità diffusa per chi ha rubato pezzi di territorio e disseminato brutture e degrado in ogni dove.
La riforma è stata necessaria per garantire un’effettiva tutela degli ecosistemi e della salute dei cittadini e per riportare la nostra legislazione agli standard europei in materia di tutela giuridica dell’ambiente. Si tratta insomma di fare ciò che Paesi come Spagna e Germania hanno già fatto da tempo.
Fin ad oggi, ad esclusione dell’ex art. 53 bis del Decreto Ronchi (oggi art. 260 del nuovo Codice ambientale 152/06) che ha introdotto il delitto di “organizzazione di traffico illecito di rifiuti”, ci si è affidati ad un debolissimo apparato legislativo che ha consentito, senza ombra di dubbio, il crescere del ruolo giocato nell’illegalità ambientale dalle organizzazioni criminali mafiose che hanno trovato, nel ciclo dei rifiuti e del cemento, una nuova e formidabile occasione di accumulazione di capitali, di riciclaggio e di controllo capillare del territorio.
Altra lacuna del sistema sanzionatorio è stata l’assenza del reato specifico di furto di opere d’arte. Infatti il furto dal sottosuolo è punito come furto semplice, mentre lo scavo clandestino è sanzionato come una banale contravvenzione; subentra l’aggravante esclusivamente in caso di scavo autorizzato.
Con l’introduzione del “Disegno di legge” recante disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente, la normativa nazionale sui rifiuti subisce una profonda trasformazione (parallelamente a quanto accade - sempre in forza dello stesso provvedimento - per la normativa relativa a valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, bonifica dei siti inquinati, tutela dell'aria, risarcimento del danno ambientale).
Il nuovo provvedimento, riformulando l'intera legislazione interna sull'ambiente, sancisce - sul piano della disciplina dei rifiuti - l'espressa abrogazione del Dlgs 22/1997 (cd. "Decreto Ronchi"). Inoltre, la predisposizione di una disciplina complessiva, in grado di assicurare una specifica tutela penale per l’ambiente attraverso una novella del codice penale, si iscrive in una tendenza ormai consolidata. Per delimitare il perimetro dell’intervento occorre subito evidenziare che le condotte illecite che arrecano danno o pericolo concreto al paesaggio o ai ben culturali, in considerazione della loro autonomia sistematica espressa dalla predisposizione del TU, non sono disciplinate nel presente provvedimento.
E’ bene sottolineare come nella nostra Costituzione manchi una norma che espressamente si riferisca al bene “ambiente”, per cui è stato compito della dottrina e della giurisprudenza individuare al bene de quo una tutela costituzionale.
E’ trascorso orami un ventennio da quando la Corte Costituzionale rinvenne, dal combinato disposto degli artt 9 II comma e 32 Cost., un addentellato normativo per la tutela dell’ambiente. Il carattere programmatico delle norme ha consentito una definizione del bene “ambiente”, individuando, altresì, la sfera degli interessi protetti e dei diritti e dei doveri la cui delimitazione consente di perimetrare l’ambito della responsabilità personale e societaria.
Occorre ricordare l’importante sentenza della III sezione della Corte di Cassazione (Cass. Pen. 28.10.1993 n. 9727), con la quale i Giudici della Suprema corte ebbero a definire che “l’ambiente è un insieme di vari beni e valori, quali la flora, la fauna, il suolo, l’acqua … si distingue da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale, ovvero in un contesto senza forma come è stato detto con una espressione particolarmente efficace. Ed è alla nozione di ambiente come complesso di cose che racchiude un valore collettivo costituente specifico oggetto di tutela, che, in sostanza si riferisce la legge 349/86”.
Con la sentenza n. 62/2005 il Giudice delle Leggi ha sancito che “l’ambiente non è un materia in senso tecnico, ma un valore costituzionale”. Ed ancora “l’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La usa protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività, e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; (la sua tutela) è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 -32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto”.
E’ opportuno intendersi in ordine alla nozione di “ambiente” e in ordine al quella di “ecosistema” . Con tale locuzione si intende un ambito più circoscritto rispetto al concetto di ambiente e indica un ambito di equilibrio autonomo rispetto ad altri ecosistemi. Diversamente la locuzione ambiente comprende non solo il complesso delle situazioni di naturalità, ma anche il complesso costruito dall’uomo, che merita tutela sia per gli aspetti naturali ed economici, ma anche perché elemento che qualifica la realizzazione di un c.d. sviluppo sostenibile.
La legislazione comunitaria e sovranazionali, che più volte hanno evidenziato l’insufficienza di un presidio sanzionatorio imperniato soltanto su fattispecie contravvenzionali, hanno rappresentato paradigmi per la redazione dell’intervento legislativo. In materia ambientale, l’obiettivo della comunità europea, prima, e l’Unione Europea, dopo, è stato quello di prevenire gli inquinamenti, predisponendo un adeguato livello di protezione, adottando strumenti complessi contenenti precise disposizioni che devono essere osservate da una pluralità di soggetti.
Non si è ritenuto racchiudere la tutela penale nel solo Codice Penale, lasciando, così, che le contravvenzioni formali e i reati di pericolo astratto continuino ad essere regolamentati da disposizioni extra-codicistiche in materia di ambiente, precisamente dal Codice dell’Ambiente (Decreto legislativo 156/2006). La scelta di tecnica normativa consistente nel riservare la materia del delitti, dolosi o colposi, di percolo concreto o di danno è pienamente rispettosa del principio di offensività del reato. Per tali fattispecie previste dal Codice Ambiente, inoltre, si prevede la possibilità di definizione anticipata sulla base del meccanismo prescrizioni/pagamento in misura ridotta, con esclusione della fattispecie contravvenzionali relative a sostanze pericolose.
I reati sono stati strutturati in considerazione del crescente grado di offesa al bene giuridico tutelato: dal pericolo concreto al danno, fino al “disastro ambientale”. Il rigore sanzionatorio è temperato da due disposizioni. La prima consente una diminuzione della pena per coloro che si adoperano affinché l’attività criminosa non sia portata a conseguenze ulteriori, apportando, altresì, un utile contributo per la ricostruzione dei fatti. La seconda disposizione introduce una causa di non punibilità a favore di colui che rimuova il pericolo o elimini il danno da lui provocato prima dell’esercizio dell’azione penale.
Conformemente a quanto stabilito dalla decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2003/80/GAI del 27 gennaio 2003, e in un’ottica di legislazione aderente al tessuto sociale, riaffermando il superamento del principio societas delinquere non potest, la responsabilità delle persone giuridiche, ai sensi del decreto legislativo n. 231/2001, è stata ampliata anche con riferimento ai delitti in materia di ambiente."
Rosa de Roberto

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