venerdì 2 novembre 2007

L’azione esterna dell´Unione Europea

L’azione esterna dell´Unione Europea

Il presidente del Centro Culturale VivaCampaniaViva, Luigi Esposito è stato invitato a partecipare, lo scorso venerdì 26 ottobre a Napoli, alla presentazione del libro di Cosimo RisiL’azione esterna dell’Unione Europea”.

Il testo è stato presentato presso la Sala Archivio Storico del Rettorato dell’Orientale. L´evento, organizzato dalla Gioventù Federalista Europea (GFE) di Napoli, in collaborazione con il Movimento Federalista Europeo (del quale la GFE è l’organizzazione giovanile), la Fondazione Mezzogiorno Europa ed il CEICC-Comune di Napoli, è stato moderato dal Responsabile Comunicazione Nazionale della GFE, Roberto Race.

Il dibattito ha visto l’introduzione del Segretario della Sezione di Napoli della GFE, Eliana Capretti ed ha visto la partecipazione del Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Orientale, Amedeo Di Maio; il Professore di Organizzazione Politica Europea, Andrea Pierucci e il Vice Presidente della Fondazione Mediterraneo, Caterina Arcidiacono.

Ripercorrere a grandi linee l´azione esterna dell’Unione Europea, affrontando i temi di più stringente attualità su cui l´Unione è chiamata a pronunciarsi: questo lo scopo del libro curato da Cosimo Risi, Ministro plenipotenziario e coordinatore del Partenariato Euromediterraneo al Ministero degli Esteri e docente di Relazioni Internazionali alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Salerno.

L’analisi parte dall’idea che l'Unione Europea sia un attore globale sulla scena internazionale e debba intervenire con maggiore autorevolezza in tutti gli scenari di crisi perché tale è l'attesa della comunità internazionale e dei cittadini europei.

Tutte le parti hanno esposto in maniera convincente le loro considerazioni e le tesi, anche se spesso in contrapposizione, si sono rivelate valide e discutibili. La discussione si è quindi rivelata aperta e ricca di spunti di riflessione.

Il primo elemento di dibattito è nato proprio dal commento del titolo del libro di Risi: si deve parlare di politica estera confusa dell’Europa verso le problematiche internazionali o solo di azione esterna della Ue che nasce dalle politiche interne dei singoli Stati, senza individuare un unico programma di azione ma solo interventi che, di volta in volta, l’Unione attua?

Tutti sono d’accordo che l’Europa muove la sua politica estera su identità sbiadite e valori dubbi, evitando quel protagonismo internazionale che farebbe comunque nascere tensioni diplomatiche con gli altri paesi.

Si è parlato anche della nascita di un “Ministro degli Esteri della Unione Europea”: una figura ancora non definita nel quadro strategico dell’Unione. Questo soggetto potrebbe diventare la vera guida dell’Europa nei rapporti internazionali o essere solo un funzionario con poteri leggermente maggiori rispetto ad altri.

In questo senso è importante la scelta fatta pochi giorni fa a Lisbona dai capi di Stato e di Governo dei 27 che hanno istituito la figura dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Questa dizione sostituisce la più "evocativa" figura del Ministro degli Esteri, prevista dal trattato Costituzionale preferendo quindi una dizione intermedia: recuperando da una parte la dizione "affari esteri" ma perdendo, dall’altra, la qualifica di ministro.

L´Alto Rappresentante per gli affari esteri assumerà i ruoli sia dell’Alto Rappresentante per la PESC (Politica Estera e Sicurezza Comune) che del Commissario per le relazioni esterne e guiderà sia la politica estera e di difesa comune che la politica di sicurezza e difesa comune.

Riunire in una stessa persona, l´attuale Alto Rappresentante e il Commissario responsabile per le relazioni esterne (e quindi la forza dei mezzi oggi a disposizione nella Commissione), garantirà un peso politico adeguato all’intensità e alla mole delle risorse finanziarie già oggi impiegate dalla commissione.

Eliana Capretti ha riconosciuto i benefici della politica estera dell’Unione Europea, centrata sull’uso del soft power (ovvero l’utilizzazione di influenza politica, economica e culturale) rispetto all’uso dell’hard power (rappresentato dalla forza militare), tesi condivisa dal Ministro Risi, il quale ha però aggiunto che la Unione Europea deve darsi una soggettività politica internazionale e non solo giuridica, creando consensi anche attraverso la creazione di un esercito europeo.

Si è evidenziato che la linea franco-tedesca, con la proposta di inserire nel progetto di Costituzione per l’Europa una clausola di difesa collettiva, o la trasformazione della PESC in un’Unione Europea della difesa e della sicurezza, non riscuote particolari consensi. Ciò di cui l’Europa, “potenza gentile”, dispone in grandi quantità, è appunto, il soft power: i progetti di allargamento dei confini dell’Unione Europea (con la Slovenia che ha messo in soffitta il tallero per far posto all’euro e l’ingresso di Bulgaria e Romania) testimoniano che lo charme del progetto europeo non si è esaurito, nonostante lo scetticismo di molti ed il naufragio dei progetti costituzionali.

Qualcuno, di recente, ha anche proposto la visione dell’Europa come una superpotenza plurale: con un miglioramento delle risorse militari, della capacità di gestire situazioni difficili, di dispiegare sul terreno contingenti multinazionali sotto un comando unico europeo, l’Europa sarebbe sicuramente in grado di tutelare meglio i propri interessi geopolitici, sino ad affiancarsi, nel tempo, al colosso statunitense. Un’Europa ‘armata’ potrebbe forse muoversi più agevolmente sul terreno delle relazioni internazionali, non avendo più necessità di avere accanto gli Stati Uniti nel ruolo di “poliziotto globale”.

L´esercito europeo dovrebbe essere strutturato non solo per compiti difensivi, ma anche per far fronte con efficacia e tempestività, tramite l´istituzione di corpi di pace, a compiti di difesa dei diritti umani, mantenimento dell’ordine pubblico nelle situazioni di crisi internazionale.

Noi riteniamo però che questa sfida non può prescindere dalla qualità che il soft power europeo ha raggiunto negli anni. Infatti, nonostante i molti contrasti interni i risultati raggiunti dalla politica europea hanno spesso portato a risultati più efficaci rispetto al sempre più decadente hard power americano. Guardando al declino dell’immagine degli Usa nel mondo, al successo dell’allargamento a Est e al modo in cui Africa, Asia e Sud America vanno organizzandosi in sistemi complessi sul modello dell’Ue, non si può che elogiare la “debolezza” dell’Europa definendola come un “transformative power”, una “positive aggression” in grado di condizionare e migliorare tutto ciò che viene a contatto con essa: “Gli Usa possono aver cambiato il regime in Afghanistan, ma l’Europa sta cambiando l’intera società polacca, dall’economia alle leggi sulla proprietà al trattamento delle minoranze. L’Europa non cambia i paesi minacciando di invaderli: la sua peggiore minaccia è che non avrà nulla a che fare con essi” (Mark Leonard).

Un altro punto da sottolineare è la rivalutazione delle condizioni economico-sociali dell’Ue, che spesso vengono sottovalutate apertamente dalla propaganda euroscettica (che è sempre filoamericana). Ancora Mark Leonard, scrittore britannico e direttore del Consiglio Europeo per le Relazioni con l’Estero, afferma: “Il valore aggiunto dell’Europa sta nella qualità della vita che permette più che nei tassi di crescita, ma, anche secondo i metri di giudizio tradizionali sulle performance economiche, le prestazioni dell’Europa sono molto più rispettabili di quanto pretendano i suoi critici americani”. Persino durante il boom degli anni Novanta i salari sono cresciuti da noi più che negli Stati Uniti, e il Pil pro capite è praticamente identico, anche se gli americani hanno dovuto lavorare più ore e più giorni per raggiungere quel livello. Ci sono tre ragioni per essere ottimisti a proposito della crescita economica del Vecchio Continente: l’euro (cui molti paesi hanno già convertito le proprie riserve), la propensione allo sfruttamento delle energie rinnovabili e la crescita del Pil come conseguenza dell’allargamento. Tutto merito dello “Stockholm Consensus”, il modello verso cui si stanno riposizionando tutti i paesi europei e che implica innovazione, flessibilità e stato sociale.

Il sistema dell’Unione Europea è più democratico del sistema delle nazioni, perché in un mondo globale la voce degli stati andrebbe persa, mentre grazie all’Unione Europea recupera un peso nella politica mondiale: stare dentro l’Europa conviene, perché quando il WTO (L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), meglio conosciuta con il nome World Trade Organization (WTO), è un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra i 150 stati membri) stabilisce nuove regole per la pesca del salmone gli interessi dei pescatori irlandesi sono rappresentati dal gigante di Bruxelles, mentre quelli dei norvegesi sono rappresentati dal nano di Oslo.

Il segreto della rivoluzione silenziosa dell’Unione Europea sta nel suo non avere un centro, nel suo essere una moderna Idra di Lerna dalle tante teste. E il motivo per cui tutti dovremmo sperare in una diffusione globale del suo modello è che esso si basa sui valori della democrazia, dei diritti umani, dell’approccio multilaterale, del diritto e della diplomazia al posto della forza militare. Ora la vera sfida dell’Unione europea è come riuscire a esportare questo suo modello: “Assisteremo all’emergere di un Nuovo Secolo Europeo”, conclude Leonard “non perché l’Europa governerà il mondo come un impero, ma perché il modo europeo di fare le cose diventerà quello del mondo intero”.

Consigliamo ovviamente l’acquisto del libro a tutti !

Centro culturale VivaCampaniaViva
Il Presidente
Luigi Esposito




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