martedì 7 aprile 2009

Case-famiglia e minori a rischio abbandonati dalle Istituzioni: la nuova “emergenza napoletana”

Napoli è la città delle emergenze. È solo quando degli ordinari problemi di governabilità arrivano al collasso, che qualcuno sembra finalmente accorgersi di situazioni che sono sotto gli occhi di tutti da mesi, ma che nessuno ha mai pensato di affrontare e risolvere seriamente.

L’ultima emergenza in ordine cronologico, che ha iniziato a raccogliere l’attenzione dei media, è quella della condizione disperata delle case-famiglia napoletane che non ricevono sovvenzioni per le loro attività - in alcuni casi sin dalla fine del 2007 - e che sono ormai al collasso.

Le case-famiglia si occupano per lo più dell'accoglienza di minori per interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia. Si pongono in alternativa agli orfanotrofi (o agli istituti) accogliendo anche ragazzi con disagi e difficoltà di diverso tipo. In una realtà come quella di Napoli in particolare sono molti i giovani che vivono delle situazioni di abbandono familiare (genitori in carcere, scomparsi o semplicemente inadeguati al loro ruolo) in contesti sociali fortemente degradati e le case-famiglia rappresentano spesso l’ultima spiaggia prima che questi ragazzi vengano assorbiti come manovalanza a basso costo dalla criminalità.

A maggior ragione quindi la loro attività dovrebbe godere del massimo supporto delle istituzioni. E in effetti la legge è intervenuta a regolamentare l’attività di questi centri, stabilendo modalità di erogazione dei fondi a sostegno di queste comunità.

Quello che accade a Napoli (e che naturalmente non ha paragone con il resto d’Italia) è però un allucinante gioco burocratico, nel quale le vittime sono adolescenti indifesi che vengono abbandonati alla legge della giungla senza alcuna speranza. C’è anche chi, nel giro di pochi mesi, è passato in ben 3 case-famiglia differenti che hanno – l’una dopo l’altra – chiuso per mancanza di fondi.

Raccontare l’ingarbugliamento è semplice. “Per stipendiare gli educatori professionali, come da contratto nazionale, la Regione Campania ha stabilito tariffe giornaliere di 90 euro per le case famiglia con coppia residente e di 130 euro per le comunità educative di tipo familiare”, spiega Carmine Santangelo referente Sam (Strutture di Accoglienza dei Minori - il movimento che raccoglie sotto un’unica sigla i coordinamenti delle comunità regionali) per il consorzio Core – cooperative sociali cooperazione e reciprocità. “Queste tariffe stabilite a livello regionale non vengono però coperte dai Comuni, ponendo le strutture di accoglienza di fronte al dilemma di sottopagare gli operatori o di vedersi rifiutare i minori da parte dei servizi sociali in affanno con i bilanci”.

Il risultato è che il lavoro illegale diventa sistema. Poco male, si dirà, visto che a Napoli e in Italia il lavoro nero è purtroppo a volte un male necessario. Ma qui diventa un inghippo insormontabile, visto che per erogare i finanziamenti alle case famiglia, i Comuni richiedono, insieme alla fattura, anche la presentazione del Durc, il modello unico rilasciato da Inps e Inail che ne dimostra la regolarità contributiva. Il risultato è che da più di due anni un centinaio di queste strutture non beccano più un quattrino - pur vantando crediti con il Comune per oltre 20 milioni di euro per il solo 2008 - e sono sull’orlo del collasso, con più di 500 minori che solo a Napoli rischiano di trovarsi in mezzo a una strada.

Sembra una storia scritta da Kafka o Pirandello: assurdità burocratiche senza soluzione, senza che qualcuno abbia la capacità di ammettere l’esistenza di un problema e di risolverlo.

Il Comune di Napoli si nasconde dietro un dito. “La colpa è nostra, non c’è dubbio” afferma l’Assessore alle Politiche Sociali, Riccio. “Napoli stanzia 20 milioni di euro per le comunità che accolgono i minori. Altre città del Sud non arrivano a 2”. Il problema è che si tratta di soldi virtuali, come quelli del Monopoli. “Non lo facciamo apposta. Ci mettiamo davvero 24 mesi a raccoglierli”. I motivi del ritardo? “Stato e Regione che mandano i soldi in ritardo, trasferimenti di risorse bloccati, tagli imposti al bilancio, 70 milioni di euro solo quest’anno. Colpa nostra, ma non prendiamoci in giro. Esistono diversi tipi di spese. In un’area socialmente disastrata come Napoli, quelle per i soggetti svantaggiati dovrebbero essere liberati dai vincoli del patto di stabilità. Così non è, anzi. La crisi picchia forte, soprattutto sui più deboli. Se ne ricordino tutti quando si tratterà di commentare la prossima emergenza napoletana”.

Ancora una volta si riaffaccia l’emergenza. Ma perché, ci domandiamo, non è stata convocata una tavola rotonda tra i responsabili dell’erogazione dei fondi – perlomeno a livello regionale - e i comuni? Fortunatamente è notizia di questi giorni che un finanziamento straordinario è stato erogato dalla Regione a supplenza del Comune di Napoli, ma è ancora da capire quanto di questi soldi verrà utilizzato per le strutture in difficoltà.

Il Sindaco Rosa Russo Iervolino ha affermato: "Stiamo studiando la soluzione ... non lasceremo soli questi minori ... se proprio non riuscirò a fare altro, caricherò questi ragazzi su un pullman e li porterò a Palazzo Chigi ..”. Ma perché bisogna arrivare a questo punto, dopo anni?

Una domanda che rimarrà senza risposta in attesa della prossima, solita, emergenza napoletana.

Luigi Esposito
Presidente Centro Culturale VivaCampaniaViva

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