C'è sempre la possibilità che tutto venga corretto, revisionato e rispedito al mittente. E però. La Campania, con i suoi dolori e le sue miserie, esibisce un disegno di legge che taglia le comunità montane: da 27 a 19. Svuota con un secchio capiente tutta l'acqua nella quale naviga la fantasmagorica rappresentanza degli eletti nei consigli generali (da 1208 a 271), sega le poltrone assessorili facendole precipitare dalle attuali 223 a quota 61.
D'accordo: è un disegno di legge e non ancora una legge. D'accordo: tra il dire e il fare c'è di mezzo più di un mare. Resta il fatto che il governo regionale più svillaneggiato d'Italia, il bersaglio preferito di chiunque, sia il primo (seguito - a quanto si sa - per adesso solo dalla Toscana) ad affrontare il tema degli enti inutili, degli uffici pubblici creati per garantire a un ceto politico senza fissa dimora una sedia, un gettone di presenza, un incarico.
Cosa siano le comunità montane tutti lo sanno: riuniscono e organizzano con servizi comuni le comunità di montagna. Cosa facciano invece nessun lo sa. Ed esse, col tempo, hanno assunto, persino oltre i propri demeriti, il volto dello Stato che non amministra ma spreca. Assessori che non decidono ma guadagnano; funzionari che non lavorano ma spendono; strutture che non esistono ma costano. Nel tempo molti comuni marini sono divenuti montani, gente di mare è stata classificata come popolo delle Dolomiti, la pianura scambiata per collina, la collina per montagna.
Fa impressione perciò vedere la Campania, ancora riempita in ogni suo distretto di monnezza debordante, che esprime il suo presidente Antonio Bassolino come prototipo del politico più inefficiente, avanzare una simile proposta. Forse è il classico caso del rinsavimento tardivo, un omaggio fuori tempo all'idea del buongoverno, un'azione politica di un qualche disturbo.
Comunque c'è. E questa legge esiste perché la giunta Bassolino, nell'ultima sua edizione, è stata riempita di tecnici, persone che hanno poco da offrire e nulla da perdere. La Giunta è a termine: chiuderà i battenti l'anno prossimo. Ha espulso i partiti da se stessa. L'opposizione infatti accusa: un morto che cammina. E' questo il paradosso: nel momento di più grave crisi e debolezza politica, il governo regionale appare gestire meglio la sua competenza, e più dritto e con più testa va al cuore dei problemi.
Questo tema, Stato inefficiente ed enti spreconi, segna il tratto di una campagna che ha dato fiato a ogni possibile indignazione e ingrossato le fila di chi professa il credo dell'antipolitica. E Napoli però concede volontariamente la prova del nove. Con un curioso capovolgimento delle parti: il centrodestra, che ha Berlusconi al governo, ottiene su piatto d'argento la possibilità di mostrare innanzitutto a Bassolino le sue credenziali. Decidere se approvare o osteggiare. Allungare i tempi della decisione o accorciarli. Poche settimane basteranno per sapere. E per capire.
D'accordo: è un disegno di legge e non ancora una legge. D'accordo: tra il dire e il fare c'è di mezzo più di un mare. Resta il fatto che il governo regionale più svillaneggiato d'Italia, il bersaglio preferito di chiunque, sia il primo (seguito - a quanto si sa - per adesso solo dalla Toscana) ad affrontare il tema degli enti inutili, degli uffici pubblici creati per garantire a un ceto politico senza fissa dimora una sedia, un gettone di presenza, un incarico.
Cosa siano le comunità montane tutti lo sanno: riuniscono e organizzano con servizi comuni le comunità di montagna. Cosa facciano invece nessun lo sa. Ed esse, col tempo, hanno assunto, persino oltre i propri demeriti, il volto dello Stato che non amministra ma spreca. Assessori che non decidono ma guadagnano; funzionari che non lavorano ma spendono; strutture che non esistono ma costano. Nel tempo molti comuni marini sono divenuti montani, gente di mare è stata classificata come popolo delle Dolomiti, la pianura scambiata per collina, la collina per montagna.
Fa impressione perciò vedere la Campania, ancora riempita in ogni suo distretto di monnezza debordante, che esprime il suo presidente Antonio Bassolino come prototipo del politico più inefficiente, avanzare una simile proposta. Forse è il classico caso del rinsavimento tardivo, un omaggio fuori tempo all'idea del buongoverno, un'azione politica di un qualche disturbo.
Comunque c'è. E questa legge esiste perché la giunta Bassolino, nell'ultima sua edizione, è stata riempita di tecnici, persone che hanno poco da offrire e nulla da perdere. La Giunta è a termine: chiuderà i battenti l'anno prossimo. Ha espulso i partiti da se stessa. L'opposizione infatti accusa: un morto che cammina. E' questo il paradosso: nel momento di più grave crisi e debolezza politica, il governo regionale appare gestire meglio la sua competenza, e più dritto e con più testa va al cuore dei problemi.
Questo tema, Stato inefficiente ed enti spreconi, segna il tratto di una campagna che ha dato fiato a ogni possibile indignazione e ingrossato le fila di chi professa il credo dell'antipolitica. E Napoli però concede volontariamente la prova del nove. Con un curioso capovolgimento delle parti: il centrodestra, che ha Berlusconi al governo, ottiene su piatto d'argento la possibilità di mostrare innanzitutto a Bassolino le sue credenziali. Decidere se approvare o osteggiare. Allungare i tempi della decisione o accorciarli. Poche settimane basteranno per sapere. E per capire.
Tratto da "La Repubblica" ed. online
12 maggio 2008
a.caporale@repubblica.it
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