mercoledì 28 maggio 2008

La mostra di “Incontri d’arte” ad Aversa dal 6 al 14 giugno 2008

Ingresso libero

Gli allievi diretti dal maestro Francesco Connola della scuola di pittura “Incontri D’arte’’ hanno organizzato una mostra di dipinti da loro eseguiti nel corso iniziato a Settembre 2007 e terminato a Giugno 2008.
L’esposizione permanente che avrà luogo dal 6 al 14 Giugno 2008 avverrà nelle sale dell’ex Macello in via Tristano Aversa (Ce) .
Venerdì 6 Giugno alle ore 19:30 verrà inaugurata un’asta di beneficenza che sarà suddivisa in quattro battute: Venerdì 6 Giugno, Domenica 8 Giugno, Mercoledì 11 Giugno e l’ultima Venerdì 13 Giugno sempre alle ore 19:30.

Il ricavato della Mostra andrà devoluto all’Associazione italiana SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA, comunemente chiamata SLA, Malattia neurodegenerativa progressiva dei motoneuroni del midollo spinale e del cervello con l’effetto di inibire la trasmissione del segnale nervoso ai muscoli, risparmiando solo le funzioni cognitive e sensoriali.

Il giorno 6 Giugno in occasione dell’evento sarà presente la responsabile dell’associazione AISLA Regione Campania Nadia De Gregorio , la Prof.ssa. Maria Rosaria Monsurrò, Consulente Scientifico AISLA, Neurologo al policlinico 2° Università di Napoli e Antonio Tessitore , giovane di Villa Literno che ha appena 30 anni e sta convivendo con la Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Questa iniziativa volontaria di solidarietà vuole, con un piccolo contributo, rendersi utile a sostenere la ricerca e l’informazione su questa devastante malattia ed a fornire assistenza a tutte le persone che ne vengono colpite promuovendo una raccolta libera di fondi su conto corrente postale n° 17464280 intestato a AISLA ONLUS.

E noi tutti attraverso l’arte, questo magico e creativo canale di comunicazione, vogliamo donare un angolo variopinto di emozioni e fantasia a quanti sperano e condividono queste straordinarie ricerche per la lotta a favore della vita umana – aggiunge Patrizia Rizzitano – ringraziando anticipatamente tutti coloro che aderiranno."

ASSOCIAZIONE CULTURALE ARTISTICA “INCONTRI D’ARTE’’
Via Caravaggio N° 64 PARCO COPPOLA
(RETRO CASERMA CARABINIERI) AVERSA (CE)
Patrizia Rizzitano
Direttrice Associazione “Incontri d’arte”


Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
Nadia De Gregorio
Aisla Onlus Napoli
80131 - Napoli, C/o Clinica Hermitage
Via Cupa Tozzole, 2
Tel 338-2446301 (da lun. a ven dalle 8 alle 14)
Email: aisla.napoli@libero.it
www.AISLA.it

lunedì 26 maggio 2008

Il 28 maggio a Napoli la giornata Euromediterranea

Sarà il 28 maggio la giornata dedicata al dialogo Euromediterraneo organizzata dalle sezioni campane del Movimento Federalista Europeo e della Gioventù Federalista Europea.

La giornata si aprirà alle 9 e 30 al Rettorato Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" (Via Chiatamone 61 Napoli) con la tavola rotonda "Euromed: sguardi incrociati: dialogo tra culture, cultura per il dialogo tra Europa e Mediterraneo", conclusiva della prima rassegna cinematografica "Tunisi a Napoli: cinque giorni di cinema, dibattiti e incontri".
Dopo i saluti del Decano dell´Università studi di Napoli L'Orientale Giovanni Battista De Cesare e del Presidente della Crui e Rettore dell´Università Federico II Guido Trombetti, seguiranno l´introduzione del Presidente del Corso di Laurea magistrale in Relazioni Culturali e sociali del Mediterraneo dell´Università studi di Napoli "L'Orientale" Luigi Mascilli Migliorini e gli interventi del Docente di Geografia politica ed economica della Luiss Guido Carli Alfonso Giordano, del Rappresentante per l'Italia dell'Ente Nazionale del Turismo Tunisino Fethi Mami, dell´Ambasciatore di Tunisia in Italia Montasser Ouaili, del Docente di storia delle relazioni internazionali dell´Università di Torino Sergio Pistone, del Presidente dell´ Osservatorio Euromediterraneo e Mar Nero Raffaele Porta, del Presidente Consorzio Chain Dario Scalella e della Presidente dell'Associazione Dido Lucia Valenzi. Modererà il Presidente Gioventù Federalista Europea della Campania Roberto Race.

Nel pomeriggio alle 17 nella sede del CEICC Comune di Napoli (Via Partenope, 36) seguirà la tavola rotonda "Dialogo Euromediterraneo: quale il ruolo del federalismo europeo?", organizzata in occasione della presentazione del libro "L´Unione dei Federalisti Europei" di Sergio Pistone (Guida Editore). Prenderanno parte all´incontro, che sarà coordinato dal il Presidente Gioventù Federalista Europea della Campania Roberto Race, la Presidente della Sezione di Napoli del Movimento Federalista Europeo Francesca Canale Cama, il Presidente Associazione Alfredo Guida Amici del Libro Enzo Giustino, il Responsabile dell´Ufficio del Dibattito MFE Campania e docente di Istituzioni di diritto pubblico Seconda Università degli Studi di Napoli Andrea Patroni Griffi ed il docente di Storia delle Relazioni Internazionali Università di Napoli Federico II Matteo Pizzigallo.

"Abbiamo voluto organizzare una giornata dedicata al dialogo euro mediterraneo- dichiarano i presidenti delle sezioni campane del Movimento Federalista Europeo Andrea Pierucci e della Gioventù Federalista Europea Roberto Race- perché è importante che ogni organizzazione faccia la sua parte affinchè le due sponde possano lavorare assieme. Napoli in questo dialogo dovrà avere un ruolo chiave ed è importante che alcuni messaggi partano proprio da qui."

Ufficio stampa: 3339064533 -3470885233

giovedì 22 maggio 2008

La riunione del consiglio dei ministri a Napoli

Rifiuti, via libera dal governo a Bertolaso

Un termovalorizzatore anche a Napoli

Sette discariche in località top secret considerate località militari, niente Chiaiano: chi crea caos sarà arrestato.

Saranno chiusi i Cdr

NAPOLI - Dal Consiglio dei ministri riunito oggi a Napoli le prime decisioni. In primis, per quanto riguarda la questione rifiuti, è via libera per la nomina di Guido Bertolaso - arrivato stamattina a Napoli in treno - quale sottosegretario con delega e superpoteri rispetto all'emergenza (il capo della protezione civile, si ricorderà, è stato già commissario in Campania con molte difficoltà prima di Pansa, Cimmino e De Gennaro).
A Barbara Contini, ex governatrice di Nassirya in Iraq toccherà invece il non semplice compito di mediare con le popolazioni dei territori sui quali verranno aperte le discariche.

CARCERE - Chiunque si renderà promotore di disordine contro la realizzazione di discariche in Campania rischia fino a 5 anni di carcere. Lo ha annunciato il premier Silvio Berlusconi sottolineando che invece chi acceda o impedisca la realizzazione delle discariche rischia da tre mesi a un anno di carcere.

DISCARICHE COME SITI MILITARI - Saranno sette: ma le località per ora restano top secret. Saranno considerati località «strategiche nazionali», simili cioè a centrali nucleari o a basi militari. I nomi saranno secretati solo fino alla pubblicazione del decreto legge in Gazzetta Ufficiale. Al momento sono contenuti in una nota tecnica abbinata al decreto. Sette discariche per almeno 10 milioni di tonnellate di immondizia. Nel piano sarebbero comprese le tre discariche già indicate nei precedenti provvedimenti - Sant’Arcangelo Trimonte, Savignano Irpino e Terzigno - e quatto nuovi siti, ognuno per ogni provincia campana ad eccezione di Benevento. Tra questi, sottolineano le fonti, non ci sarebbe un sito nella città di Napoli: una mancanza che però sarebbe compensata con un ulteriore sito nella provincia. E vi sarebbe anche la discarica di Serre che era stata indicata da Bertolaso in uno dei provvedimenti di quando era commissario per i rifiuti e poi bocciata per l’opposizione dell’allora ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio.

CHIUSI I CDR - «Chiuderemo - annuncia Berlusconi - i sette impianti di produzione di combustibile da rifiuti che verranno trasformati in impianti per il compostaggio di qualità e quindi consentiranno che si possa effettuare in modo concreto la raccolta differenziata».

CHIAIANO - «Nessuna decisione è stata presa sulla discarica di Chiaiano»: è quanto è stato annunciato con un megafono ai cittadini che, in corteo, stanno attraversando il centro della città proprio per ribadire il no alla discarica. A comunicarlo è stato Ivo Poggiani, del comitato di protesta, che ha reso noto ai cittadini di aver incontrato Mauro Masi, il capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio.

TERMOVALORIZZATORE A NAPOLI
- Per superare l’emergenza rifiuti in Campania saranno costruiti più di tre termovalorizzatori. È uno dei punti del decreto con cui è stato nominato il sottosegretario Bertolaso. Ai tre già in programma, Acerra, S.Maria La Fossa e Salerno, se ne dovrebbe aggiungere infatti almeno un altro a Napoli. Una novità nell'aria da tempo, dopo che gli industriali avevano proposto l'impianto. Un'accelerazione arrivata poi grazie anche alla decisione del sindaco di Salerno di dare il via libera al termovalorizzatore nell'area industriale della città.

BERLUSCONI - Il premier rivolge un invito affinchè tutti, maggioranza e opposizione, a livello nazionale ma anche locale si impegnino per risolvere il problema dell’emergenza rifiuti a Napoli. «Risolvere il problema dei rifiuti in Campania - ha detto il presidente del Consiglio - è una necessità perchè da troppo tempo c’è questa emergenza». Il Cavaliere ha inoltre sostenuto la necessità di un «aiuto concreto» da parte di tutti a livello nazionale e locale. In questo quadro il premier ha parlato di una task force con gli enti locali.

DE GENNARO - Il premier ringrazia anche l'ex capo della Polizia per il lavoro svolto: «Ringrazio il commissario che ha avuto difficoltà ad attuare cio' che riteneva necessario. Ha lavorato egregiamente. Voglio fare gli auguri a Bertolaso -sottolinea il Cavaliere- che era già stato commissario ma ha preferito ritirarsi perché non aveva avuto sostegno da parte del precedente governo».

al. ch.
21 maggio 2008
Articolo dal Corriere del Mezzogiorno online

Viaggio al termine della munnezza

di Antonio Massarutto 06.05.2008

Primo Consiglio dei ministri a Napoli, all'ordine del giorno la crisi dei rifiuti. Ma anche per il nuovo governo non sarà facile trovare una soluzione definitiva. Nel frattempo, la situazione è lontana dalla normalità: si cerca ancora un rimedio temporaneo per far fronte all'emergenza. Intanto, però, il capitale di fiducia dei cittadini nelle istituzioni è stato dissipato e il denaro sperperato per operazioni clientelari o conniventi. Da questa situazione si uscirà con enormi difficoltà, grande pazienza, nervi saldi e soprattutto tempi lunghi.

E così, a quanto pare, il primo Consiglio dei ministri si terrà a Napoli e avrà all'ordine del giorno la crisi dei rifiuti. Non vorrei fare l’uccello del malaugurio, ma temo che il nuovo governo incontrerà delle difficoltà quando si accingerà a trovare la soluzione. Specialmente se ritiene di poterla imporre manu militari. Nel frattempo, la situazione all’ombra del Vesuvio è ancora lontana dalla normalità, nonostante le vagonate caricate sui treni e destinate un po’ qua un po’ là nel Nord Europa. Si ricerca ancora un rimedio temporaneo per far fronte all’emergenza; figuriamoci soluzioni più strutturali.

I RIFIUTI DI MILANO

L’aspetto paradossale dell’intera vicenda è che le misure da adottare sarebbero in fondo semplici. Basterebbe imparare da chi una crisi simile l’ha sfiorata, con punte meno drammatiche ma con termini della questione assai simili: Milano. Anche la capitale morale d’Italia, una dozzina di anni fa, era presa alla gola dalla scarsità di impianti, dopo che l’ennesima proroga all’ennesima discarica ennesimamente precettata con ordinanza della Regione scatenò la rivolta. Ne uscì con una soluzione di lungo termine – la messa in opera di un sistema di raccolta differenziata e la realizzazione di un sistema di termovalorizzatori – e, nel tempo necessario per costruire gli impianti e il consenso, con un espediente degno di Totò e Peppino: l’ormai celebre impianto Maserati, che avrebbe dovuto ricavare dalla ruera ammendanti agricoli (compost) e combustibile da destinare ad attività industriali come i cementifici. In realtà, che io sappia, nemmeno un grammo di compost e di cdr fu mai recuperato. I materiali in uscita dall’impianto, in compenso, cambiavano etichetta, trasformandosi in rifiuti industriali e potendo così essere inviati in tutta Italia, Campania compresa, destinandoli a un ampio ventaglio di soluzioni alternative, dai ripristini ambientali alle massicciate stradali, e come ultima risorsa alla discarica.
In modo formalmente del tutto legale, si noti bene, sfruttando il fatto che per i rifiuti speciali, a differenza degli urbani, vale un regime di libero mercato. (1) Della società mista che gestì all’epoca l’impianto di “camuffaggio”, molto opportunamente, erano partner alcune delle principali imprese che operavano discariche per rifiuti speciali sul territorio nazionale – un’assicurazione sul fatto che una destinazione sarebbe comunque stata garantita. A voler dire proprio tutta la verità, nessuno può giurare che qualche “ecoballa” milanese non abbia preso destinazioni meno ortodosse, tra un intermediario e un cambio di codice merceologico. (2)
Ma il tempo guadagnato con questo stratagemmaè stato poi speso bene, gli impianti “veri” sono stati realizzati senza ritardi, la raccolta differenziata è stata sviluppata adeguatamente, perfino la “sindrome Nimby” si è dimostrata un ostacolo superabile. Anche qui la ricetta non è in fondo così complicata: mettere la gente di fronte ai propri problemi, eliminare dall’orizzonte l’idea di poter contare sul giardino di qualcun altro, condividere con i cittadini l’informazione su quali siano gli spazi entro cui cercare la soluzione, fare sopportare i costi a chi ne è la causa, riconoscere la serietà delle ragioni di chi inevitabilmente finirà per ricevere le maggiori conseguenze impattanti, e ricercare un compromesso con loro.

GLI IMPIANTI NON BASTANO

Le ragioni per cui Napoli non è ancora riuscita a copiare questa semplice ricetta sono state discusse fino alla nausea. Con le ecoballe ci aveva pure provato, dimenticandosi però il tassello decisivo: assicurare in partenza il destino delle stesse, stringendo alleanza con gli smaltitori di rifiuti speciali. Si è puntato invece tutto, con errore non sappiamo dire quanto involontario, sull’aspetto impiantistico, immaginando un mercato per il cdr e il compost che non c’è, non c’è mai stato e probabilmente mai ci sarà. Si è dimenticato che oltre all’hardware degli impianti è importante anche il software rappresentato dal “capitale sociale”: collaborazione dei cittadini alla raccolta differenziata, dialogo pubblico e aperto sulle soluzioni, costruzione del consenso basata, in primo luogo, sulla dimostrazione della propria capacità di meritare la fiducia.
Anche gli intrecci tra la munnezza e i ben più lucrosi rifiuti industriali tossici, dei quali stranamente non si parla quasi mai, sono stati abbondantemente chiariti. Come mostrano le inchieste parlamentari e i rapporti di Legambiente e Arma dei Carabinieri, la presenza contemporanea nella gestione dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi ha consentito lucrosi (quanto criminali) arbitraggi: mentre gli impianti autorizzati per i rifiuti industriali rilasciavano certificazioni di corretto smaltimento, questi venivano in realtà stoccati nei molto più capienti e tecnicamente molto più semplici impianti per urbani, quando non direttamente sul suolo spacciandoli per ammendanti agricoli o materiali di riempimento. (3)

LE COLPE DEL SISTEMA

Discutere sulle colpe e le responsabilità individuali è consolatorio, ma ozioso. Mai come in questo caso, a mio parere, il male non tocca tanto le singole persone, quanto il sistema. Un sistema in cui il capitale di fiducia dei cittadini nelle istituzioni è stato dissipato, il denaro sperperato per operazioni clientelari o conniventi. Un cocktail micidiale di incapacità, ignoranza, malafede, pressappochismo, tirare a campare, che ha fatto da schermo alle ben più lucrose operazioni gestite dalla malavita organizzata. Un sistema in cui nessuno è innocente, nemmeno quei cittadini che oggi strepitano in piazza contro gli impianti – quegli stessi impianti che si fanno in tutta Europa ormai anche nelle aree residenziali, tanto sono sicuri – e invece se ne sono stati zitti per quindici anni, quando tutto il mondo sapeva cosa stava succedendo al sottosuolo campano nelle mani della camorra. Quella stessa camorra che dal protrarsi dell’emergenza non può che trarre vantaggio, vedendo salire alle stelle il prezzo delle poche discariche ancora in esercizio.
Da questa situazione si uscirà con enormi difficoltà, grande pazienza, nervi saldi e soprattutto tempi lunghi. Che il Cavaliere voglia provarci in prima persona è certo encomiabile, ma controproducente. Primo, perché non è con il veni, vidi, vici che si potrà mai combinare qualcosa. Secondo, perché anche se mai ci riuscisse nel breve, rischia tuttavia di cristallizzare all’infinito il meccanismo diabolico che rende la Campania incapace di provvedere da sola come tutte le altre Regioni, assuefacendola alla droga del commissariamento straordinario, al ritmo – si dice – di 200mila euro al giorno. I tedeschi, attenti all’ambiente almeno quanto agli affari, stanno intanto pensando di realizzare un impianto nuovo di zecca dedicato interamente al munifico cliente campano. Napoli chiagne e fotte, il contribuente italiano paga, Berlino incassa. Un triangolo perfetto.
Per uscire dalla crisi la Campania ha bisogno soprattutto di diventare adulta. Volendo, ha le risorse per farlo. Bisogna far leva su quel poco di orgoglio ancora rimasto, rilanciando con un investimento a lungo termine sull’immagine della città, magari sfidando ingegneri e architetti a costruire l’impianto più bello del mondo, come propone Sergio Ascari nel commento a un mio precedente articolo, facendolo più in centro che si può, più sfrontato e munnezzaro che si può, come una cicatrice che ricordi per sempre ai napoletani questo drammatico inverno 2007-2008, ma insieme rappresenti un simbolo di rinascita e di coscienza civica. Lo ha fatto col pallone, precipitando in serie C e ritornando in serie A. Lo può fare anche con i rifiuti, senza bisogno di San Gennaro, ma rimboccandosi le maniche e facendo come tutti gli altri.
Nel frattempo, se non è chiedere troppo, non sarebbe male se fossero i cittadini napoletani a farsi carico dei costi astronomici necessari per trasferire altrove ecoballe e affini. Chissà mai che, a forza di pagare fatture triple o quadruple rispetto al resto d’Italia, anche da quelle parti non si cominci a usare il rasoio di Occam e a desiderare un bel bagno nella sana, grigia, consolante normalità.

(1)Ai sensi della legge, oggi compendiata nel Dlgs 152/06, la gestione dei rifiuti urbani deve sottostare alle prescrizioni del piano regionale e provinciale, che prevede tra l’altro la destinazione dei flussi raccolti a determinati impianti e impone il cosiddetto “principio di prossimità e autosufficienza”: gli impianti devono essere situati nell’ambito territoriale da cui i rifiuti provengono, di solito la provincia. Il detentore di rifiuti speciali, invece (tutte le imprese industriali e commerciali) è solo obbligato a disfarsene in modo lecito, rivolgendosi a un operatore autorizzato, che però potrebbe trovarsi ovunque (con qualche vincolo, peraltro insufficiente, per assicurare il controllo). Il gestore di un impianto di smaltimento per rifiuti urbani previsto dal piano regionale, da questo punto di vista, è un’impresa come tutte le altre. Dagli impianti escono comunque scarti che devono poi essere smaltiti (per esempio, le ceneri di combustione nel caso dei termovalorizzatori; i sovvalli derivanti dalla selezione secco-umido). Il compost e il cdr dovrebbero teoricamente trovare un mercato, tuttavia la loro bassissima qualità li rende idonei al più per impieghi al confine tra il recupero e lo smaltimento (per esempio, uso del compost come terra di copertura delle discariche o per il ripristino delle cave dismesse). Quando non trovano neppure questi impieghi, sono rifiuti a tutti gli effetti, come avviene nel caso in cui a un’impresa industriale capiti di produrre merci deperibili e invendute, di cui deve poi disfarsi.

(2)Il meccanismo, diabolico ma abbastanza semplice, è infatti obiettivamente molto difficile da controllare anche per chi volesse fare tutto nella massima correttezza. Il possessore dei rifiuti se ne libera cedendoli a un operatore autorizzato; tra questo e le attività di destinazione vi sono di solito numerosi passaggi intermedi nei quali i rifiuti vengono trattati, miscelati, manipolati, sempre da operatori autorizzati che si rilasciano l’un l’altro attestati e bolle che comprovano il passaggio. Il fine di queste attività è corretto: permettere di ricavare dai rifiuti indistinti materiali con caratteristiche più precise, tali da poterli impiegare in qualche attività secondaria o, alla peggio, avviarli a forme di smaltimento più specifiche. La normativa prevede i criteri per la classificazione merceologica, stabilendo quali materiali possono essere destinati a quale tipologia di impianti, se e come possono essere movimentati, a chi possono essere ceduti. È intuibile tuttavia che in questa serie di passaggi, difficilmente controllabili, c’è spazio per comportamenti illeciti, che traggono linfa dal fatto che la classificazione dei materiali è almeno in parte opinabile, e con opportune miscelazioni è possibile far cambiare codice anche alla peggior sostanza tossica.

(3)Si veda Legambiente e Arma dei Carabinieri, 2005, “Rifiuti Spa. Radiografia dei traffici illeciti”, Roma. Il testo integrale del rapporto può essere scaricato da www.legambiente.it. Gli atti della commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e le attività illecite a esso connesse sono integralmente disponibili sul sito della Camera dei Deputati: www.camera.it.

di Antonio Massarutto 06.05.2008
Articolo tratto dal sito www.lavoce.info

lunedì 19 maggio 2008

Signornò – I peggiori sono i primi

“Vanno premiati il merito e la capacità delle persone”. Così parlò Walter Veltroni l’11 aprile, a fine campagna elettorale, tentando di scrostare dal centro sinistra la vecchia muffa assistenziale e parastatale. C’era dunque da attendersi una ferrea coerenza meritocratica nelle scelte del PD. Sia nei confronti del nuovo governo, il meno meritocratico mai visto nella storia repubblicana. Sia nella selezione interna delle classi dirigenti. Come ha scritto Giovanni Sartori sul “Corriere”, il Berlusconi IV brilla per l’incompetenza di gran parte dei suoi ministri. Che c’entra la pur avvenente Prestigiacomo con l’Ambiente? E il ragionier condonista Matteoli con le Infrastrutture? E l’avvocata Gelmini con l’Istruzione? E l’autore della peggior legge elettorale del mondo, Calderoli, con la Semplificazione? E la valletta Carfagna, di cui si ignorano le opere ma non le foto, con un ministero purchessia?
Con una simile compagnia è difficile dare torto alla Brambilla quando domanda perché gli altri possono andare dappertutto e lei alla Salute no: l’enciclopedica insipienza di molti ministri (per non parlare dei sottosegretari) non ha nulla da invidiare alla sua.
Ma il PD ha perso l’occasione di affondare il colpo, limitandosi a vacui pigolii sul “governo deludente” (quando mai un governo soddisfa l’opposizione?). E lasciando al solo Di Pietro il compito di dire la verità: e cioè che trattasi di un governo “ad personam” in cui Berlusconi farà il bello e il cattivo tempo agli Esteri come alla Giustizia come alle Comunicazioni, dove ha sistemato tre uomini senza qualità: Frattini, Alfano e Romani.
Nemmeno l’ombra di meritocrazia pure nella selezione delle classi dirigenti del PD. Lì, anzì, vige la perditocrazia.
Nei posti che contano vanno i più leggendari perditori mai visti. AL Copaco è candidato Rutelli, reduce dai trionfi romani.
Alla Vigilanza è candidato Gentiloni, che non ha combinato nulla sulle tv. E la capogruppo al Senato è Anna Finocchiaro, che vanta una collezione di fiaschi degna di una cantina sociale. Nel suo collegio uninominale non è riuscita mai a farsi eleggere, salvandosi regolarmente grazie al paracadute proporzionale.
Nel 2006, capolista alle regionali siciliane, trascina i DS al minimo storico: 5,5 per cento. Dunque nel 2008 scalza Rita Borsellino alle regionali anticipate per la condanna di Cuffaro. Un’apoteosi: 30,4 per cento, ben 11 punti sotto la Borsellino (che aveva sfondato fino al 41,6).
“Annuzza” che fa? Molla la Sicilia, dove dovrebbe guidare l’opposizione, e fugge a Roma, dove il solito paracadute le consente un seggio sicuro. Giusto in tempo per raccogliere il meritato premio: la rielezione a capogruppo. Prima mossa, geniale: gli applausi con bacio al neopresidente Schifani, noto statista. Il merito va premiato, sempre.

Articolo di Marco Travaglio su “L’espresso” del 22 maggio 2008

sabato 17 maggio 2008

Commento su Alitalia

Cari amici,
vi giro il commento di un mio carissimo amico, Professore universitario, nonché tecnico del settore:

La risposta credo che te la sia data da solo: l'Alitalia a partire dagli anni 70 è diventata un enorme carrozzone politico, dove i vari Onorevoli e Ministri hanno potuto far assumere tutta la parentela e nipotaglia varia. Essendo tutti figli e nipoti di Onorevoli è difficile scegliere a chi far fuori, trovi????

Quello che invece, a parte tutto, mi sembra assurdo (passino i figli di papà, passino gli stipendi allucinanti dei dirigenti, passino anche le spese inutili... ma quanto sto per dirti no!!) è che vengano abbandonate tratte favorevoli e perseguite tratte in perdita! Ricordo ancora quando all'incirca nel 2003 vennero tagliati da Napoli tutti o quasi i voli per la Sicilia. Ogni volta che prendevo un MD80, l'aereo era sostanzialmente pieno (mi sarà capitato almeno una decina di volte). Successivamente all'abbandono, Alpi Eagles ringraziò sentitamente... Aerei pieni (prima lo erano a metà), prezzi alle stelle e difficoltà a trovare i posti. Roba da fucilazione!!!

Stammi bene,

Amico di VivaCampaniaViva

venerdì 16 maggio 2008

Alitalia in caduta libera, ma non i costi

Articolo di Carlo Scarpa 14.05.2008
Dal sito www.lavoce.info

Alitalia continua a perdere soldi. Tanto che senza il prestito ponte forse non sarebbe riuscita a pagare gli stipendi di maggio. Eppure, se si confrontano i costi del primo trimestre 2008 con quelli del primo trimestre 2007 si vede che, dopo dodici mesi di allarmi ed emergenza, su questo fronte non è stato ottenuto nessun risultato. Il problema di Alitalia non è un problema finanziario, ma di piano industriale. Per il quale serve un solido partner industriale. Ma non vorremmo che aspettare il socio significhi rinviare all'infinito il tentativo di raddrizzare i conti.

Negli ultimi venti anni, Alitalia ha chiuso diciannove esercizi in perdita e uno in utile. Nel 2007 ha perso un milione al giorno; nel 2006 erano stati addirittura due perché la società aveva dovuto prendere atto dell’invecchiamento della flotta e la ha dovuta svalutare.
Da agosto poi le cose sono peggiorate rapidamente, ce lo dice la liquidità che la società sta “bruciando” al ritmo di quasi tre milioni al giorno. La liquidità che Alitalia ha a disposizione nel breve periodo era pari a circa 600 milioni di euro a luglio 2007, quasi dimezzata a dicembre (367 milioni disponibili), scesi poi a 280 a gennaio 2008, 180 a febbraio e 90 a marzo. Il dato di marzo è stato “tirato su” a 170 vendendo l’ultima argenteria di famiglia, le partecipazioni in Air France. Ma la situazione è pure peggiore se si considera che a fianco di questa disponibilità “lorda”, vi è anche un debito a breve di 140 milioni: la disponibilità netta era praticamente a zero già a fine marzo.
Il ritmo di caduta della liquidità è di circa 100 milioni al mese. Non a caso, la relazione trimestrale riporta 215 milioni di perdite.
E il prestito ponte? Senza i 300 milioni, ci sarebbero stati i quattrini per pagare gli stipendi di maggio? Probabilmente no.
A questo ritmo, i soldi bastano forse per tre mesi. Considerato che nel frattempo Alitalia si è vista riconoscere un colossale credito di imposta (a quanti contribuenti succede?), diciamo che abbiamo tempo fino a luglio, a essere generosi.

ORMAI MARGINALE ANCHE PER GLI ITALIANI

Che succede? Alitalia è da anni incapace di intercettare la domanda di voli che emerge dall’Italia. Da anni il numero di passeggeri della compagnia resta attorno ai 25 milioni anno, mentre il numero di voli effettuati dagli italiani esplode letteralmente: da 42 milioni nel 2000 a 82 milioni di passeggeri nel 2007, grazie a vettori quali RyanAir, EasyJet e così via.
Ovvero? In primo luogo, è falso dire che senza Alitalia gli italiani non volano: già ora solo una minoranza dei cittadini che vogliono volare si rivolge ad Alitalia. La compagnia di bandiera non è che una piccola parte dell’offerta di voli in Italia, ma mentre il resto del mercato riesce bene o male a fare profitti, Alitalia continua a perdere.
E la situazione è sempre peggiore. Come dice molto onestamente il consiglio di amministrazione, il numero di passeggeri è in continua diminuzione. Da un lato il timore che da un giorno all’altro cessino i voli, ci sia il “solito” sciopero, scoraggia i passeggeri. Dall’altro, questo è la semplice risposta al fatto che Alitalia ha tagliato i voli.

E COMINCIARE A FARE EFFICIENZA?

Ma qui c’è un dato che “non torna”. Che il taglio dei voli causi una diminuzione dei passeggeri, è ovvio. Ma se sono stati tagliati voli “in perdita”, perché i conti di Alitalia vanno sempre peggio?
Parrebbe quasi che si siano tagliati i voli, ma non i costi, il che sarebbe terribile. E questo timore è purtroppo alimentato dai dati di bilancio, sempre peggiori e a un ritmo assolutamente senza precedenti.
Confrontando i costi del primo trimestre 2008 con quelli del primo trimestre 2007 si vede che, dopo dodici mesi di allarmi ed emergenza, su questo fronte non è stato ottenuto nessun risultato.
Mettiamo da parte il costo del carburante (l’aumento del petrolio non dipende certo da Alitalia, e anche volando meno il costo aumenta). Ma il resto?
Gli altri costi sono diminuiti dell’1,5 per cento. Tutto qui. E questo grazie soprattutto, a quanto dice il cda di Alitalia, alla minore manutenzione degli aeromobili, legata al fatto che si vola di meno.
Il problema di Alitalia non è un problema finanziario, ma un problema di “piano industriale”. E fin quando non si vedrà un partner industriale con spalle molto larghe (non tanto in termini finanziari, ma in termini di network) Alitalia non avrà un futuro, cordata o meno.
Non vorremmo però che aspettare il partner serva a rinviare all’infinito il tentativo di raddrizzare i conti. Perché un’impresa sull’orlo del fallimento non riesce a tagliare i propri costi? Cosa stiamo aspettando?

giovedì 15 maggio 2008

Nomine in consiglio regionale, è bufera

Articolo del Corriere del Mezzogiorno versione online
15 maggio 2008

Attriti anche tra il democratico Antonio Amato e il suo capogruppo.
Il presidente dell'assemblea Sandra Lonardo ha indicato i nomi per 12 enti regionali con poteri sostitutivi.
Sena (Pd): «Lottizzazione»

NAPOLI - Il presidente del consiglio regionale Sandra Lonardo ha presentato un pacchetto di dodici nomine per altrettanti enti regionali. Apriti cielo. È scattata, immediata, la polemica all'interno dell'assemblea. A sollevarla il capogruppo del Pd in consiglio Mario Sena che ha dipinto come «indegno» l'accaduto. Ovvero che la Lonardo si sia avvalsa di poteri sostitutivi previsti dalla legge per varare il pacchetto, nelle more dell'assemblea, inerte da più di un anno su questo versante. «Sono state fatte nomine di cui apprendo dai giornali - ha tuonato Sena - Scelte fatte non secondo i criteri delle competenze ma privilegiando il rapporto personale e politico. Gli altri fanno le lottizzazioni, e io devo avallarle? In sette anni - ha proseguito - di Consiglio non ho mai fatto una nomina. Per le rimanenti 50-60 nomine chiedo di procedere con criteri diversi, di trasparenza e professionalità. I nomi che leggo - ha concluso - sembrano scelti per appartenenza politica».
La bufera per le nomine soffia soprattutto tra le fila del Partito democratico. Tanto che in aula è andato in scena un vivace battibecco tra Sena e il collega di partito Antonio Amato. Quest’ultimo che si è rivolto in modo polemico al suo capogruppo esclamando: «Tutto questo per quattro nomine di...». Altri malumori nel Pd con Anzalone e Iossa che hanno manifestato l’intenzione di abbandonare i lavori. Perciò, seduta sospesa e conferenza dei capigruppo convocata da Sena e presto abbandonata da An per protesta mentre era ancora in corso.

LA REPLICA DI LADY MASTELLA - «Ho soltanto usato i poteri previsti dalla legge in maniera del tutto corretta. Fare queste nomine - ha replicato Sandra Lonardo - era un atto dovuto dopo che gli stessi enti le avevano più volte sollecitate con documenti scritti. Andavano fatte, inoltre, per garantire il funzionamento di questi enti dopo che il Consiglio più volte non era riuscito a provvedere».

L'OPPOSIZIONE - Dall’opposizione Franco D’Ercole, pur riconoscendo la legittimità dell’operato della Lonardo, ha contestato il fatto che delle nomine non sia stato messo al corrente il Consiglio che ne ha appreso dalla stampa. Il clima si è surriscaldato e il consigliere di An Angelo Polverino è stato a fatica accompagnato fuori dall’aula dai colleghi mentre gridava alla maggioranza: «Vergogna, andate a lavorare, che schifo».

al. ch.
15 maggio 2008


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Il Presidente del Gruppo Regionale di AN in Consiglio Regionale Enzo Rivellini ha rilasciato la seguente dichiarazione: “E’ bene che le nomine effettuate dal Presidente Lonardo vengano subito revocate, anche perché hanno risvolti molto delicati. Cito solo un esempio per tutti: l’Asl Napoli 3. Il precedente collegio dei revisori dei conti non aveva approvato il bilancio ed aveva inviato alle competenti istituzioni regolare denuncia. Il bilancio di un Asl, in una regione come la Campania devastata dal debito sanitario, è molto delicato. In Campania per il buco della sanità i cittadini sono i più tassati d’Italia ed il Presidente del Consiglio, in maniera autonoma, manda a casa un collegio che si è dimostrato indipendente per nominare altri revisori di chiara connotazione politica”.
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ECCO LE NOMINE

1) Raffaele de Luca Tamajo membro del cda dell’istituto Suor Orsola Benincasa;
2) Raffaele Tibaldi revisore dei conti nel consorzio per la promozione degli istituti universitari con sede in Benevento;
3) Raffaella Iacovelli, revisore dei conti nel comitato fondo speciale volontariato;
4) Sergio Carta, Roberto Sanseverino e Francesco Siciliano componenti della Consulta regionale per l’emigrazione;
5) Stefano Coscia componente del Collegio dei revisori dei conti dell’ente riserve naturale foce del Volturno;
6) Domenico Molisso e Corrado Rossi componenti del collegio sindacale dell’Arsan;
7) Francesco Duraccio e Girolamo Sibilio componenti del collegio sindacale dell’azienda ospedaliera Cardarelli;
8) Luigi Cuomo e Giuseppe Ponticelli componenti del collegio sindacale dell’Asl Napoli 3;
9) Antimo Di Biase, componente del collegio dei revisori dei Conti dell’ente parco nazionale Vesuvio.
10) Ernesto Manco e Francesco Parente componenti del collegio sindacale dell’ospedale Rummo di Benevento;
11) Roberto Paladino, componente del collegio dei Revisori dei Conti dell’ente parco nazionale del Cilento;
12) Umberto Bruno, revisore dei Conti nel consorzio Asi di Avellino.

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Davvero non sono riuscito a pubblicare tre buone notizie consecutive sul mio blog.
Una cosa è certa:
le decisioni della Lonardo hanno scontentato sia il centro-sinistra sia il centro-destra;
ci chiediamo allora a chi abbia giovato tale scelta politica.

Luigi Esposito

I comuni del casertano rilanciano l´immagine delle imprese con l´ethical and green marketing

Il progetto sarà presentato dal 27 maggio a Fiera Milano al Bias

Il marketing etico conquista le imprese dell´alto casertano: i comuni che circoscrivono l´area territoriale del PIT S.S.Appia si apprestano a comunicare i risultati dei cinque anni di un modello innovativo di gestione etica ed ambientale delle aree di sviluppo locale con il progetto di "ethical and green marketing" "S.S. Appia Industria ed Ambiente per lo sviluppo sostenibile" (www.ssappia.it).

Il PIT dal 2003 concentra i suoi sforzi nel tentativo di valorizzare le potenzialità di sviluppo industriale dell´area a nord del Volturno (che comprende i Comuni di Bellona, Camigliano, Cancello Arnone, Francolise, Giano Vetusto, Pastorano, Pignataro Maggiore, Santa Maria La Fossa, Sparanise e Vitulazio) attraverso azioni integrate che consentano la crescita competitiva ed equilibrata del territorio, in un quadro di Responsabilità Sociale delle imprese e nel rispetto del più elevato grado di compatibilità ambientale, il PIT ha messo a punto un progetto di sviluppo che individua nell´ethical and green marketing la best practise da veicolare all´interno del territorio.

Il progetto di sviluppo, verrà presentato in anteprima Fiera Milano (Rho) in occasione del BIAS, Biennale Internazionale dell´Automazione, Strumentazione, Microelettronica e ICT per l´Industria, che si svolgerà dal 27 al 30 maggio.

"Nel contesto della progettazione integrata campana, - dichiara il Sindaco di Sparanise Salvatore Piccolo- il PIT S.S. APPIA si candida quale proposta pilota per la "sperimentazione di un modello innovativo di gestione etica ed ambientale delle aree di sviluppo locale", in grado di coniugare le esigenze di sviluppo e competitività degli insediamenti produttivi con la necessità di adeguarsi a parametri di qualità totale, riducendo i rischi di inquinamento e le problematiche di sicurezza che hanno sinora compromesso la valorizzazione di un territorio ad alto grado di attrattività di investimenti. Gli interventi proposti e finanziati dal POR Campania 2000-06 sono stati finalizzati, sia sotto il profilo funzionale che territoriale, al conseguimento dell´ idea guida di crescita del tessuto produttivo e industriale, identificata nella valorizzazione e promozione del sistema locale mediante la sperimentazione pilota di un modello innovativo di gestione etica ed ambientale delle aree di sviluppo locale, al fine di favorire la crescita sostenibile, la competitività e l´internazionalizzazione del territorio, l´innovazione tecnologica, la valorizzazione delle risorse umane e lo sviluppo di azioni di "ethical and green marketing" per l´attrazione di investimenti."

Ufficio stampa: Roberto Race

lunedì 12 maggio 2008

Enti inutili, la Campania rinsavita così abolisce le comunità montane

C'è sempre la possibilità che tutto venga corretto, revisionato e rispedito al mittente. E però. La Campania, con i suoi dolori e le sue miserie, esibisce un disegno di legge che taglia le comunità montane: da 27 a 19. Svuota con un secchio capiente tutta l'acqua nella quale naviga la fantasmagorica rappresentanza degli eletti nei consigli generali (da 1208 a 271), sega le poltrone assessorili facendole precipitare dalle attuali 223 a quota 61.

D'accordo: è un disegno di legge e non ancora una legge. D'accordo: tra il dire e il fare c'è di mezzo più di un mare. Resta il fatto che il governo regionale più svillaneggiato d'Italia, il bersaglio preferito di chiunque, sia il primo (seguito - a quanto si sa - per adesso solo dalla Toscana) ad affrontare il tema degli enti inutili, degli uffici pubblici creati per garantire a un ceto politico senza fissa dimora una sedia, un gettone di presenza, un incarico.

Cosa siano le comunità montane tutti lo sanno: riuniscono e organizzano con servizi comuni le comunità di montagna. Cosa facciano invece nessun lo sa. Ed esse, col tempo, hanno assunto, persino oltre i propri demeriti, il volto dello Stato che non amministra ma spreca. Assessori che non decidono ma guadagnano; funzionari che non lavorano ma spendono; strutture che non esistono ma costano. Nel tempo molti comuni marini sono divenuti montani, gente di mare è stata classificata come popolo delle Dolomiti, la pianura scambiata per collina, la collina per montagna.

Fa impressione perciò vedere la Campania, ancora riempita in ogni suo distretto di monnezza debordante, che esprime il suo presidente Antonio Bassolino come prototipo del politico più inefficiente, avanzare una simile proposta. Forse è il classico caso del rinsavimento tardivo, un omaggio fuori tempo all'idea del buongoverno, un'azione politica di un qualche disturbo.

Comunque c'è. E questa legge esiste perché la giunta Bassolino, nell'ultima sua edizione, è stata riempita di tecnici, persone che hanno poco da offrire e nulla da perdere. La Giunta è a termine: chiuderà i battenti l'anno prossimo. Ha espulso i partiti da se stessa. L'opposizione infatti accusa: un morto che cammina. E' questo il paradosso: nel momento di più grave crisi e debolezza politica, il governo regionale appare gestire meglio la sua competenza, e più dritto e con più testa va al cuore dei problemi.

Questo tema, Stato inefficiente ed enti spreconi, segna il tratto di una campagna che ha dato fiato a ogni possibile indignazione e ingrossato le fila di chi professa il credo dell'antipolitica. E Napoli però concede volontariamente la prova del nove. Con un curioso capovolgimento delle parti: il centrodestra, che ha Berlusconi al governo, ottiene su piatto d'argento la possibilità di mostrare innanzitutto a Bassolino le sue credenziali. Decidere se approvare o osteggiare. Allungare i tempi della decisione o accorciarli. Poche settimane basteranno per sapere. E per capire.
Tratto da "La Repubblica" ed. online

“Immoral suasion”

L’impunità del presidente del Consiglio non vale più soltanto per i suoi reati, grazie ad apposite leggi. Vale anche per le sue esternazioni, grazie a quella corte di terzisti, pompieri e paraculi indaffaratissimi a raccomandare toni bassi, moderazione, bon ton prudenza all'opposizione. A Bellachioma e alla sua fairy band, invece, lasciano dire di tutto. Eppure a nessun esponente del centrosinistra, ma nemmeno ai «disobbedienti», è mai saltato in mente di «eliminare, se non fisicamente, politicamente» il centrodestra. Al presidente del Consiglio in carica, anzi in scarica, sì: l'ha detto due giorni fa. Qualche terzista l'ha invitato a non demonizzare? Giammai. Forse la reazione asimmetrica dei commentatori «indipendenti» deriva dal fatto che ormai si tende a considerare il premier uno squilibrato irrecuperabile, da assecondare ancora per qualche mese. Ma così gli si regala un enorme vantaggio in campagna elettorale, dove le parole contano molto più dei fatti. Il «leader dei moderati» può mentire, minacciare, delirare, insultare indisturbato. I suoi oppositori, anche se dicono un millesimo di quel che dice lui, sono «estremisti», «radicali», «inaffidabili» e soprattutto «odiano». Basta che un pericoloso esperto ventili un ritiro dall'Iraq per far subito strillare alla "deriva zapaterista". Basta che un temerario proponga una legge antitrust per far gridare a «Piazzale Loreto». Col risultato che nell'Unione serpeggia il terrore di incorrere in quelle accuse, e si fa di tutto per tranquillizzare non gli elettori, ma gli avversari (Confalonieri, alle convention della Margherita, è più assiduo di Parisi). Intanto il leader del «partito dell'amore» si propone di «eliminare» gli avversari e nessuno trova nulla da ridire. Né gli chiama un'ambulanza. Ora quell'incredibile franchigia ad personam comincia a estendersi da Bellachioma alla sua corte. L'altro giorno il noto galantuomo Paolo Cirino Pomicino( condanna per finanziamento illecito, patteggiamento per corruzione) ha scritto sul Giornale un articolo contro Rita Borsellino. Nessuno pretende che l'andreottiano Pomicino la apprezzi: anzi, è comprensibile la sua diffidenza verso una donna che, a parte il cognome, non ha mai rubato né frequentato mafiosi. Se poi la signora si mette pure a parlare di legalità, è ovvio che Pomicino si senta minacciato. È stato lui a dichiarare che, appena intascò dai Ferruzzi una stecca di 5.5 miliardi, ne girò una parte a quell'altro gentiluomo di Salvo Lima. Dall'alto di quel pedigree, Pomicino accusa Rita di «usare i morti per accreditare una propria capacità politica,fuori da ogni canone democratico e forse anche morale». «Morale»:in bocca a un noto pregiudicato eletto al Parlamento europeo nel centrosinistra e poi tornato a destra, assume un significato tutto particolare. Un'austera lezione di etica alla Borsellino, che «usa il cadavere di un servitore dello Stato i cui orientamenti politici erano opposti a quelli praticati oggi dalla sorella del morto. Una brutta, bruttissima pagina si sta scrivendo in Sicilia». E via delirando di «tsunami autoritario», di «uso strumentale di un procedimento giudiziario per distruggere l'avversario (Cuffaro,ndr) prima che il popolo dica la sua parola».
Si potrebbe obiettare all'europregiudicato che Rita Borsellino non ha mai fatto cenno al fratello Paolo in campagna elettorale, e ha dimostrato di sapere cos'è la politica nel senso più nobile in dieci anni di battaglie di Libera. Si potrebbe informarlo del fatto che Cuffaro è stato indagato per mafia due anni e mezzo prima che Rita pensasse di candidarsi. Si potrebbe domandargli che direbbe oggi Borsellino -uomo della destra legalitaria come Ambrosoli- della destra dei Berlusconi, Dell'Utri, Previti, Cuffaro e, per non farci mancare nulla, Pomicino. Ma sarebbe inutile, perché gli argomenti pomiciniani sono irrazionali: nascono dalle viscere, dal sacro terrore della vecchia politica che ha spolpato l'Italia e ingrassato le mafie dinanzi alla prospettiva che anche in Sicilia, come in Puglia, l'antimafia vada per la prima volta al governo. Per Pomicino chi ha candidato Rita è reo di «complicità mafiosa» e «le notti di Rita Borsellino non potranno non essere insonni per la mole di rimorsi che si affastelleranno nella sua mente». Nel mondo alla rovescia che Cirino s'è creato intorno per non farsi troppo ribrezzo, è il galantuomo che deve provare rimorso per aver combattuto la mafia e non aver rubato, non viceversa. È l'«immoral suasion», dove chi ha commesso delitti tenta di rieducare chi non ne ha commessi. «Come i lettori sanno - conclude il maestro di etica - noi abbiamo un'idea della politica di tutt'altro segno». La conosciamo, purtroppo: è in banconote di piccolo taglio, possibilmente non segnate.

l'Unità del 29 novembre 2005
Articolo di Marco Travaglio

domenica 11 maggio 2008

Vesuvio, Convegni e Monnezza

Su Il Roma del 22/04/08 è stato pubblicato un articolo dal titolo emblematico: "Nasce la Conferenza permanente dell'associazionismo. Pomicino: riqualifichiamo la classe dirigente".

Si tratta praticamente di un network di associazioni, il COPAC (Conferenza permanente associazionismo campano), che, nei prossimi mesi, attraverso varie iniziative si propone di concorrere a riqualificare gran parte della classe dirigente locale e regionale e contribuire a risolvere alcuni fra i più gravi problemi di Napoli e della Campania.

Wow, che bella idea, mi sono detta: ci voleva proprio un altro organismo succhia fondi europei per la formazione! Come se quelli che ci sono già non bastassero!

Ma l'aspetto più interessante di questa notizia è che questi scienziatoni che si presentano come promotori di una nuova cultura, questi maestri nuovi sul modello di Seneca con Nerone, (trattasi, tra gli altri, di Salvatore Lauro, ex senatore di Forza Italia e presidente di "Roma-Neapolis"; Giuseppe Gargani, deputato del Parlamento europeo, eletto nel 2004 per la lista di Forza Italia e presidente del Centro studi "Leonardo Da Vinci"; Ermanno Corsi, fino al 2007 presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania e presidente del Centro Studi "Nicola Amore"; Paolo Cirino Pomicino, democristiano della vecchia guardia, membro del gruppo dei 24 parlamentari italiani che hanno ricevuto condanne penali in via definitiva e presidente di "Campania Futuro") hanno affermato che la causa delle maggiori problematiche della Regione Campania è da individuare nel fallimento delle due giunte, comunale e regionale e, proprio per colmare, con una progettualità condivisa, il vuoto di contenuti che caratterizza l'azione di governo locale e rilanciare il confronto per la crescita sociale e civile, hanno dato vita questo nuovo organismo.

E bravi! Ci volevano proprio loro, coi loro bei cervelli affinati, a dire che a Napoli e in Campania la politica ha fallito per i suoi troppo compromessi, per le eccessive e multiformi collusioni, per la fame di potere....Bravi, bravi, aspettavamo proprio qualcuno che ci venisse a dire su quali contenuti si deve fondare la società civile, come se noi campani, che qua ci viviamo, non sapessimo qual è quel farmaco salvavita che da solo ci può far risalire dal baratro....come se noi non sapessimo che bisogna puntare su un'unica grande, immensa lotta, quella che porta a spezzare definitivamente il letale intreccio tra politica, economia, affare e malaffare...Fino a ieri ci hanno riempito di promesse, ci hanno fatto vedere le vacche grasse, ma poi, solo le illusioni del momento, del lavoro effimero che si conclude col fallimento delle aziende per mancanza di fondi pubblici...Ci hanno reso dipendenti dalla Cassa del Mezzogiorno prima e dai Fondi Strutturali poi, e noi, meridionali pigri, in quest'Eden ci siamo trovati benissimo, tanto che ora di questi fondi, di questi aiuti non ne possiamo più fare a meno.

Hai voglia a dire che è necessario riqualificare gran parte della classe dirigente locale e regionale...è proprio questa classe dirigente, che è tutt'oggi al potere, che è d'ostacolo alle nuove idee, alle nuove proposte, alle nuove azioni sociali e politiche della gente...la mentalità comune non cambia perché i politici locali hanno dato, attraverso l'effimero, l'illusione della realtà.

Ti faccio far un corso di formazione e lavoro così quando esci di qua ti devono assumere per forza....e il giovanotto, armato di buone speranze e forte delle parole dell'Onorevole ci va...ma poi la ditta chiude perché i fondi sono finiti...l'Unione Europea fa le indagini per vedere dove sono andati a finire i soldi e la gente che se li è presi è sparita nel nulla...e il giovanotto che prima era armato di belle speranze che fa? Va da un altro Onorevole e il circolo perverso ricomincia...

In conclusione, amici miei, ora mi farebbe piacere sapere se i componenti del COPAC queste cose non le sanno oppure, come credo, fanno solo finta di non saperle...Comunque, nell'un caso e nell'altro, hanno ragione ad organizzare i convegni sul problema dei rifiuti o sul mancato sviluppo economico o, ancora, sull'assetto urbanistico di Napoli...perché, secondo loro, il cittadino, l'uomo della strada, deve fermarsi a leggere solo il titolo del libro, non arrivare a capirlo tutto fino all'ultima pagina...l'uomo comune deve solo vedere che il problema è affrontato dai politici, ma il problema non deve capirlo, non deve analizzarlo, potrebbe arrivare dove i politici non vorrebbero che arrivasse.

Fortunatamente, però, in questo nostro Sud, cui sembra quasi che abbiano fatto il lavaggio del cervello, ci sono ancora braccia forti e menti fini che hanno davvero a cuore le proprie terre e che lottano, ognuno nel proprio piccolo, magari partendo dal loro piccolo paese di provincia, per stimolare la società civile, per educare alla coscienza civica, per fare informazione e formazione partendo dal basso, e per far capire all'interno della propria area politica di riferimento, che col PD un mezzo passo avanti si è fatto, ma c'è ancora tanto da lavorare per cambiare i vecchi schemi della politica.

Altrimenti, succederà che, un giorno non troppo lontano, così come dalla monnezza, non sapremo più come liberarci dalle inutili chiacchiere di chi (e questa volta non è un buon esempio di riciclo!!!) prova a riciclarsi ai margini della politica, chiacchiere inutili di chi è uscito dalla porta e prova a rientrare dalla finestra!

di Elvira Santaniello
04 maggio 2008

articolo postato sul sito: http://www.imille.org/

giovedì 8 maggio 2008

Contro Massimo, senza pietà

Un vero togliattiano avrebbe preso l’occasione al volo per dire che “Bertinotti se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato”, come aveva fatto Palmiro Togliatti inteso il Migliore alla notizia dell’ininfluente defezione di Elio Vittorini ai fini delle “magnifiche sorti e progressive”. O, magari, avrebbe usato una sua versione pop e aggiornata tipo “Bye-bye Berty”. Ma Massimo D’Alema è da sempre un Migliore a metà, essendosi riservato per sé soltanto la splendida e inutile metà di considerarsi tale, senza però esserlo. C’è chi fa politica per rubare, direbbe l’ex veltroniano Francesco De Gregori, chi per amore, chi per giocare, ma D’Alema è uno di quelli che fa politica per essere il migliore. Come Bufalo Bill. Solo che la mira di Max lascia un po’ a desiderare, visto che è il politico più odiato sia a destra sia a sinistra.
Qui a New York e in versione blogger non dispongo di strumenti demoscopici per dimostrarlo, ma non è difficile immaginare la scelta degli elettori di destra, malgrado poi Silvio Berlusconi non se la sia affatto passata male con il D’Alema che un giorno si augurava di vederlo mendicare per strada e un altro si recava in visita negli studi di Stranamore (in controtendenza con la linea veltroniana che, allora, non voleva interrompere le emozioni, ma soltanto le emissioni di Rete 4). A casa sua, cioè a sinistra, D’Alema è rispettato, ma non amato – causa Bicamerale, bombardamenti su Belgrado, merchant bank che non parla inglese e molto altro – ed è un dato di fatto che in natura esistono più ex dalemiani che ville o capelli di Berlusconi.
Max dunque è tornato e una sòla ci ha lasciato o, almeno, sta provando a piazzare: “Noi dobbiamo cercare di coalizzare, partendo dal livello locale, tutte le forze che si oppongono alla destra”, ha detto ai microfoni amici di Lucia Annunziata. A parte che a Roma, a “livello locale”, s’è già visto quale grande risultato ci si può aspettare dal frontismo antiberlusconiano, ma che cosa facciamo, ricominciamo? Tutti insieme appassionatamente contro il Cav.? Bella Ciao e par condicio? Pecoraro Scanio e Sandra Verusio? Capalbio e Rizzo-dei-comunisti-italiani? Topo Gigio e i Bronzi di Riace?
No, perché se è davvero questa la grande pensata strategica di D’Alema, avvertitemi in tempo, ché mi preparo anche al popolo dei fax, dei vaffanculo, dei girotondi e soprattutto al momento in cui un Passigli o un Colombo qualunque ricominceranno a suonare la pianola del conflitto d’interessi, anche se ora perfino il neo editore televisivo Al Gore s’è dovuto scomodare per dire che in America “yes, we Cav.”, che presidente e editore in un paese libero naturalmente se po ffa’.
I veltroniani hanno provato a rintuzzare la sòla dalemiana, ma non con la necessaria convinzione: “Indietro non si torna”, hanno detto. Ma i primi passi di Veltroni, leader plebiscitato con lo strumento dell’elezione diretta e popolare del segretario, non sembrano andare avanti. Anna Finocchiaro, mica Angela, e Antonello Soro, senza neanche una esse finale, come capigruppo non mi pare, per esempio, una scelta coraggiosa e innovativa e moderna.
Veltroni naturalmente è scottato dalla doppia e pesante sconfitta in quindici giorni, sente dolori sulla schiena e teme di aver perso la bussola, ma nessun italiano sano di mente ha mai pensato che ci credesse davvero nella vittoria elettorale né che si fosse fatto sinceramente convincere da Eugenio Scalfari che leggendo Repubblica sognava a occhi aperti o da Giobbe Covatta e Neri Marcoré che cantavano yes we can.
Veltroni sapeva che avrebbe perso le elezioni, quindi in fondo le ha vinte (ma non a Roma), anche perché a perderle sono stati Romano Prodi e Vincenzo Visco e la loro cultura tecnicamente stalinista, come ha spiegato ieri un editoriale del Wall Street Journal che ha giudicato la pubblicazione online dei redditi “un’idea per consentire agli italiani di usare i dati fiscali per spiarsi a vicenda e denunciare le discrepanze tra lo stile di vita e la dichiarazione dei redditi dei propri vicini”.
Veltroni dovrebbe prenderne atto e dirlo chiaramente, magari proponendo un nuovo modello fiscale, più giusto ed equo, una flat tax o qualcosa del genere, una riforma rivoluzionaria del sistema delle tasse che consenta a tutti di pagarle serenamente e di meno, senza gli ispettori di Visco e i vicini di casa a spiare i comportamenti privati, e soprattutto per rilanciare l’economia, investire sull’innovazione e riconquistare il nord produttivo (altro che Calearo).
A perdere sono stati anche Tommaso Padoa-Schioppa e Antonio Bassolino e Alfonso Pecoraro Scanio e i bruciatori di bandiere israeliane e americane. Veltroni invece le elezioni le ha vinte (ma non a Roma, è giusto ripeterlo) perché si è presentato con un nuovo partito, senza nessuno dei sopracitati e nonostante ciò ha preso lo stesso numero dei voti.
Veltroni sapeva di perdere, se lo ricordi ora che gli sudano le mani, quindi ne ha approfittato per liberarsi delle zavorre comuniste e verdiste, incassando ugualmente i voti dei loro elettori. Infine, ha costretto il leader del principale schieramento avversario a fare la stessa cosa, a unificarsi con Alleanza Nazionale e a tagliare le estreme di destra, contribuendo così a semplificare il sistema politico italiano. E’ un risultato gigantesco, storico, straordinario, anche se stavolta è arrivato soltanto secondo.
Certo Veltroni non è privo di colpe, avrebbe fatto meglio a occuparsi meno di George Clooney e più della monnezza di Napoli e poi naturalmente s’è bruciato molti dei crediti accollandosi Di Pietro (così come Berlusconi s’è preso la Lega). E infatti io per Di Pietro non ho votato Pd (ma nemmeno Berlusconi).
L’alleanza del Pd con i manettari non ha portato nulla, cinque per cento in più o in meno sarebbe stato lo stesso. Anzi con il cinque per cento in meno – ammesso che un Di Pietro solitario l’avesse preso: siamo sicuri che non avrebbe fatto la fine degli arcobaleni? – Veltroni avrebbe fatto fuori anche uno dei fenomeni più imbarazzanti della nostra politica recente, se non del mondo contemporaneo (sì, assieme al padanismo della Lega sia odierno sia di quando dalemianamente parlando era “una costola della sinistra”).
Il più però è fatto. Veltroni dovrebbe moltiplicare i passi avanti, altro che promettere di non farne più in direzione Gallipoli. Non si deve preoccupare della sua sinistra, il suo obiettivo è quello di conquistare consensi liberali, moderati, anticomunisti, filo occidentali, di chi sa distinguere tra Bush e Bin Laden, tra il Likud e Hamas, cioè delle persone normali. A sinistra il PD ha già fatto il pieno e, se Veltroni non aiuterà i residuati bellici con le ricette frontiste di D’Alema, quei voti resteranno.
Le prime e sbrigative due cose che mi aspetterei da un segretario del Partito democratico che volesse completare il percorso di trasformare l’impresentabile sinistra italiana di questi anni in una sinistra moderna e liberale – un tempo si sarebbe detto non solo antifascista, ma anche antitotalitaria – è che si liberi di Di Pietro, ma anche di D’Alema.
Di Pietro è l’emblema di ciò che di malato c’è nella politica italiana, il simbolo della debolezza democratica del nostro paese. In Italia i governi di destra e di sinistra sono nominati e sgominati dalla magistratura. Non è una questione di toghe rosse o nere, ma di toghe punto. I post comunisti hanno le loro gigantesche colpe. Con Achille Occhetto (i cui resti a un certo punto sono finiti appunto con Di Pietro) sono stati gli apprendisti stregoni di questo inferno, convinti com’erano di poter imboccare la rapida via giudiziaria al potere. E dietro Occhetto c’erano D’Alema e Veltroni. Quando ancora voleva fare la rivoluzione liberale, Berlusconi si era messo di mezzo, ma hanno prevalso i magistrati e i loro cantori Santoro, Grillo, Travaglio, Paolo Flores e l’Unità fondata da Antonio Gramsci e affondata da Furio Colombo. Alla fine sono riusciti a far cadere anche il glorioso governo Prodi, dopo vari tentativi falliti contro D’Alema, Fassino e Mastella.
In Italia l’economia è governata dalla magistratura (caso Telecom, Bankitalia, furbetti del quartierino), la tv anche (vallettopoli, Saccà eccetera). Così il calcio e anche Casa Savoia, tutti sottoposti al potere assoluto di una casta che può privare la libertà senza dover rispondere a nessuno in caso di errore grossolano (al referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei giudici, l’allora Pci votò no). Eppure Veltroni si è alleato con questi, probabilmente per paura di fare la stessa fine degli altri o magari per acquisire legittimità e copertura in quel mondo del terrore manettaro, visto che il suo orizzonte politico lo costringerà a dialogare con Berlusconi. Non gli daranno tregua lo stesso, se ne liberi.
Poi tocca a D’Alema, non solo per la performance da ministro degli Esteri e le sue passeggiate a braccetto con Hezbollah. Già queste, da sole, basterebbero, visto che in Europa – figuriamoci nella patria del vero Partito democratico – non esistono credibili leader di sinistra che, per esempio, a proposito dell’uccisione del capo militare di Hezbollah, Imad Mughniyeh, già definito il bin Laden sciita, si azzardino a dire che “è terrorismo”.
D’Alema avrà anche curato benissimo il suo collegio di Beirut sud e non c’è dubbio che su questi temi sia il ministro ideale di Gianni Vattimo e non di un paese normale, ma per Veltroni e il futuro del Partito democratico è un problema serio. Io ho sempre seguito D’Alema con un pregiudizio positivo, ma ormai mi sono convinto che non sarà mai il Blair o il Clinton italiano, perché in realtà non si è mai separato dalla sua antica cultura politica conservatrice, antioccidentale e antiamericana.
Ora dunque spinge per tornare al frontismo antiberlusconiano e per riallearsi con i partiti comunisti. A Veltroni non resta che scaricarlo, sfidarlo, invitarlo a presentarsi come candidato alternativo in nuove elezioni primarie, come ha fatto il suo caro Barack Obama con Hillary Clinton, viceversa resterà imbrigliato e addio Partito democratico. Obama non ha provato a mettersi d’accordo con Hillary, al contrario ha sfidato apertamente e direttamente la temuta e potente macchina clintoniana che poteva contare su bocche da fuoco più potenti del Riformista. Se non fosse per il disastro combinato dal suo impresentabile pastore e consigliere spirituale Jeremiah Wright, Obama sarebbe già il vincitore delle primarie.
Ecco, D’Alema è il reverendo Wright di Veltroni, un legame col passato che rischia di tarpare le ali al nuovo Partito democratico. Obama, all’inizio, ha provato a salvare il suo pastore, a descriverlo come uno di famiglia, come un vecchio e simpatico zio che ogni tanto dice cose un po’ così, ma che in fondo è intelligente e non fa male a nessuno. Non è servito a niente e qualche giorno fa, anche se forse ormai è troppo tardi, ha dovuto ripudiarlo (“disown”).
Veltroni dovrebbe fare lo stesso, dire che il suo caro amico Massimo – quello che si vantava di giocare con le molotov a Pisa, mentre lui era già un funzionario di partito – è diventato uno degli ostacoli principali alla modernizzazione della sinistra, ora che ci siamo liberati dei comunisti e dei verdisti. Lo faccia, Veltroni. Si metta in gioco. Al massimo, come Obama, dovrà spiegare come ha fatto a non accorgersene prima. Se Veltroni tiene davvero al progetto del Partito democratico, come dovrebbe tenerci qualsiasi cittadino italiano che non vuole morire lobotomizzato o di noia, dovrà avere il coraggio di sfidare gli oligarchi della sua parte e di trasformarli nei nuovi Folena, Mussi e Angius. Veltroni avrà bisogno di spingere sull’acceleratore del partito all’americana, senza tessere, senza sezioni, puntando sulla leadership, sulle idee, sugli eletti. Dovrà incalzare il governo Berlusconi sul suo ex terreno, quello della rivoluzione liberale, della modernizzazione del paese, del mercato del lavoro e del sistema pensionistico. Adotti in blocco l’agenda Giavazzi sulle liberalizzazioni, smascheri lo statalismo di Alleanza Nazionale e degli arcobaleni, il protezionismo di Giulio Tremonti e dei no global, la piccineria della Lega e di Beppe Grillo, il corporativismo dei sindacati e dei salotti buoni. Faccia capire che i conservatori del sistema Italia stanno sia alla sua destra sia alla sua sinistra. Dica, insomma, qualcosa di sinistra liberale. Se non lo fa, o se pensa che cincischiare possa essere una soluzione, allora vorrà dire che ha ragione l’ex dalemiano Andrea Romano ad aver scritto nel suo libro “Compagni di scuola” che l’ex classe dirigente diessina è semplicemente e tragicamente inadeguata. “Unfit”, direbbe l’Economist.

Articolo di Christian Rocca
7 Maggio 2008
Il Foglio

mercoledì 7 maggio 2008

Prima mozione dei senatori del Pdl presentata in tempo record: la rimozione di Bassolino

Un record assoluto. Il 29 aprile alle 12 è stato eletto Schifani alla Presidenza del Senato della Repubblica e pochi minuti dopo una notizia battuta dall’Ansa ha informato che i neoeletti Senatori del Pdl Paravia, De Feo, Compagna, Contini e altri, hanno già presentato la prima mozione in cui chiedono la rimozione del Presidente Antonio Bassolino.

I parlamentari chiedono al Governo la rimozione del Presidente della Regione Campania e lo scioglimento del Consiglio Regionale a causa della mancata soluzione dell'emergenza rifiuti ed alle responsabilità che vengono imputate agli amministratori campani per una gestione che ha messo in ginocchio la Campania e danneggiato l'immagine dell'intero Paese.

Nella Mozione si : "impegna il Governo a sottoporre al Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 126 della Costituzione, lo scioglimento anticipato del Consiglio Regionale della Campania, e la relativa rimozione del Presidente della Giunta, On. Antonio Bassolino".

"Nell'ultima tornata elettorale - ha dichiarato Paravia - siamo stati più volte sollecitati da consiglieri regionali, sindaci, consiglieri provinciali, comunali e cittadini della Campania affinché alla apertura delle Camere ponessimo con sollecitudine e forza la questione dell'emergenza rifiuti. Tale scempio, annovera come primo responsabile il Presidente della regione On. Antonio Bassolino, peraltro rinviato a giudizio per reati inerenti il suo periodo commissariale. Questi, invece di prendere atto del fallimento della sua gestione e rassegnare le dimissioni, come l'etica e l'onestà intellettuale avrebbero voluto, ha deciso che si dimetterà solo nel 2009, un anno prima della scadenza naturale del mandato".

"Per confermare gli impegni presi con gli elettori - aggiunge Paravia - e per dare un segnale concreto di cambiamento immediato, abbiamo ritenuto opportuno presentare la mozione nella prima seduta del Senato”.

La mozione è stata firmata da 12 senatori (il regolamento prevede almeno 8 firme).

Abbiamo già provveduto a chiedere - ha concluso il Senatore Paravia - la firma di tutti i senatori del Pdl, Lega, e Movimento per le Autonomie. Auspichiamo un'ampia e sollecita adesione alla mozione per poterla discutere, e quindi approvare, quanto prima in Aula".

Ora non resta che attendere per sapere quando la mozione, che a quanto pare era già pronta nel cassetto, sarà discussa e quale ne sarà l’esito.

Scritto da Eleonora Gitto, 29/04/2008
Dal portale: http://www.ecostiera.it/


Le riflessioni di Vito Rizzo

lunedì 21 aprile 2008
Diario elettorale 20: Calderoli vicepremier


Roberto Calderoli sarà il futuro vice-presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.
Non è una boutade giornalistica o un pezzo di satira di Maurizio Crozza o Corrado Guzzanti.
Lo dice un comunicato ufficiale della Lega.
L'autore del porcellum e delle magliette anti-islam sarà il vice di Berlusconi, in caso di assenza del capo presiederà egli stesso il Consiglio dei Ministri, sarà - anche se pro tempore - il Presidente del Consiglio: successore di Giolitti e De Gasperi, Fanfani e Moro.
Scosse telluriche previste in tutta Italia, diversi epicentri individuati: sono gli statisti che si rivoltano nelle tombe.

Pubblicato da Vito Rizzo

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venerdì 18 aprile 2008
Diario elettorale 19: quali valori?


L'apparentamento tra PD e Italia dei Valori era stato spiegato come un escamotage tecnico per dare visibilità alle battaglie sulla legalità di Di Pietro con l'impegno che lo stesso avrebbe costituito un gruppo unico del Pd in seno al parlamento.
Si è detto di no ai Radicali, scioltisi nelle liste del PD, si è detto di no ai Socialisti, dissoltisi nella bufera elettorale, si è detto di no, se vogliamo, anche alla Sinistra Arcobaleno che non è andata incontro a miglior sorte.
Eppure qual è il primo atto di Di Pietro una volta ottenuto, seppur nella sconfitta, un discreto successo elettorale: sconfessare l'impegno primo assunto con gli elettori di una semplificazione del quadro politico e di una confluenza nel PD.
Un'Italia dei Valori che alla parola data e agli impegni presi dà valore zero...

Pubblicato da Vito Rizzo

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martedì 8 aprile 2008
Diario elettorale 16: la minaccia dei fucili

C'è poco da stare allegri.
Con il pretesto delle schede elettorali poco chiare, Bossi lancia nuovamente la minaccia di prendere in mano i fucili contro Roma.
Gli fa eco il leader dell'MPA Lombardo, promettendo di fare altrettanto.
Il guaio è che se l'annuncio folkloristico di Bossi sembra richiamare il linguaggio squadrista che tanto piace ai nostalgici della PDL, il monito dell'onorevole siciliano fa preoccupare ancora di più: si parte dalle lupare e si finisce con il tritolo.
E' l'Italia malata anno di grazia 2008.

Pubblicato da Vito Rizzo

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giovedì 3 aprile 2008
Diario elettorale 15: il cuscino di Berlusconi


Berlusconi rifiuta il faccia a faccia e gli elettori sono costretti ad accontentarsi di interviste "singole" nella classica tribuna elettorale.
Al di là degli slogan e dei contenuti la cosa più simpatica è stata il cambio della guardia nello studio: Veltroni che entra dalla porta principale, Berlusconi che esce sul retro.
Nessun incrocio di sguardi, nessuna stretta di mano di circostanza, stessi intervistatori, stesso studio: solo un cuscino a fare la differenza.
Uno zelante assistente ha tolto infatti il cuscino sulla sedia, voluto da Silvio, appena prima che ci si sedesse Walter.
Sembrava di essere dal barbiere più che dal dentista, è come quando un ragazzino ci anticipa nel turno: un cuscino di troppo per quel cliente un po' piccoletto...

Pubblicato da Vito Rizzo

Dal sito: http://www.fabbricadidee.blogspot.com/

Gestione rifiuti: Incontro delle istituzioni locali con il commissario de gennaro e con i cittadini, in vista della scadenza del mandato commissariale

Al termine del commissariato per l'emergenza rifiuti de gennaro, dovrebbe avere inizio la normalizzazione della situazione con la definizione del progetto. Quale sarà il ruolo delle istituzioni locali? Saranno finalmente protagoniste o il loro ruolo verrà rimandato a novembre? La fase di transizione da chi verrà gestita?
Le associazioni sotto indicate da tempo interessate al problema dell'immondizia per il quale hanno ripetutamente collaborato con le istituzioni locali, ritengono opportuno e doveroso che, in questa delicata fase, le istituzioni possano e debbano far conoscere ai cittadini il lavoro fin qui svolto ed i termini di definizione del problema.
Si ritiene necessario che tra tante voci siano il commissariato e le istituzioni locali prossimi alla staffetta delle responsabilità, a descrivere i passi che sono stati predisposti per un rapido rientro alla "normalità" della gestione dei rifiuti,indicando i tempi i modi, i ruoli e le collaborazioni tra gli enti stessi, gli impegni richiesti ai cittadini e le possibilità di confronto con le associazioni.
Questo confronto ci sembra ancor più importante in vista dell'insediamento del nuovo governo e del suo preannunciato impegno nella vicenda rifiuti, per chiarire in che ambito progettuale tale intervento andrà ad innestarsi.
L'incontro è previsto per l'8 maggio alle ore 17 presso il Circolo Artistico Politecnico in piazza triste e trento.

Firme: Mirella Barracco (Napoli 99), Ermanno Corsi (Centro studi Nicola Amore. La città che non ci sta), Iorio Tiziana (La città antica), Martuscelli Stefania (Minerva donna), Clelia Modesti (Comitato civico 1^ municipalità), Pezza Borrelli Diana (Piazza plebiscito e dintorni), Marinella Pomarici (Avocealta), Lorenzo Zoppoli (Etica pubblica).

Report Assemblea a Chiaiano e Prossimi Appuntamenti

Si è tenuta oggi pomeriggio (martedì 6) una partecipata assemblea al presidio di Chiaiano, nutrita è stata la partecipazione dei cittadini di Marano e Chiaiano ma anche di tutta la città di Napoli e provincia. Molti sono stati gli interventi di associazioni e comitati che hanno testimoniato la loro solidarietà e raccontato le loro esperienze di lotta e resistenza vissute sui loro territori, molto sentito è stato l’intervento che ha ripercorso l’esperienza di Pianura di appena pochi mesi fa. Infatti il clima è molto simile a quello che si respirava a Pianura nei giorni di presidio e di battaglia ed è facile tornare con il pensiero a quella vittoriosa esperienza.
Il presidio è stato confermato in modo permanente e ogni giorno verso le 18 si terrà, in loco, un’assemblea di aggiornamento.

Sempre oggi nel primo pomeriggio c’è stato un incontro in prefettura (domani dovrebbe essercene un altro), gli esiti di questo incontro sono stati del tutto negativi, infatti si è capito che non hanno nessuna intenzione di mollare su Chiaiano, anzi andranno avanti a tutti i costi.

Dall’assemblea sono scaturite alcune iniziative ed appuntamenti:

- Lunedì 12 maggio dalle ore 11:30 presidio sotto il consiglio comunale di Napoli che si riunisce con all’ordine del giorno la questione Chiaiano e la verifica del piano della raccolta differenziata.

- Si è deciso di indire una grande manifestazione a Napoli in occasione del primo Consiglio dei Ministri del nuovo Governo Berlusconi (probabilmente il 22 maggio) per chiedere il ritiro dell’ordinanza del Governo Prodi che prevede la discarica a Chiaiano e ribadire i NO a megadiscariche ed inceneritori ed i SI alla raccolta differenziata porta a porta e ad una strategia rifiuti zero.
Per organizzare al meglio questa manifestazione è indetta una riunione preparatoria Lunedì 12 maggio alle ore 18.30 alla sede dell’associazione Vas sita in calata Trinità Maggiore 4 (discesa piazza del Gesù).

Si invita vivamente a partecipare!

Marco
Assise Cittadina per Bagnoli

venerdì 2 maggio 2008

Una domanda di Giorgio Tommaselli

Sono un vs umile lettore, di professione faccio l'architetto e cerco di farlo onestamente e con dignità.
Grazie a voi tante cose mi sono state chiare sulla "munezza" e su altro.
Grazie del vs lavoro.
Ma perdonatemi una domanda un pò impertinente.
Ma tutto ciò lo fate per volontariato oppure alcuni di voi, mettendoci anime e cuore, sono stipendiati visto il proficuo e preciso lavoro che fate ???????
E' solo una semplice curiosità per poi potervi ringraziare anche due volte di più,

vs
Giorgio Tommaselli

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Caro Giorgio,
la tua riflessione mi è piaciuta tantissimo e non posso fare altro che pubblicarla immediatamente.
La tua mail mi ha fatto sorridere e la trovo semplicemente genuina come lo è il mio centro e come lo sono tutte le persone che collaborano in maniera diretta con me, in maniera indiretta o sono dei semplici lettori come te: siamo tutte persone genuine e spontanee.
Posso dirti che sono solo un professionista che, un anno fa, decideva di interessarsi alle numerose problematiche campane e non solo. Inizialmente ho trovato al mio fianco solo gli amici più stretti e tantissimi ma tantissimi scettici. Oggi posso dire che molte persone sono vicine al mio centro, davvero tante!
Svolgo il mio lavoro a Rieti (nemmeno a Napoli) e sto in contatto con i miei collaboratori (non sono altro che tanti amici con la mia stessa passione) tramite internet.
Per rispondere alla tua domanda: nessuno di noi percepisce alcun compenso.
La nostra attività, anzi, sottrae a tutti noi sia molto tempo, che potremo dedicare ai nostri cari e ai nostri amici, sia soldi che potremo spendere in altre attività e altri hobby.
C’è chi ama la pesca, chi ama il calcio, chi ama la vela; io, oltre ad avere altre passioni, ho la passione di voler raccontare con occhio critico (almeno mi sforzo di esserlo!) le numerose cose che proprio non vanno nel nostro Paese e nella nostra Regione.
Le numerose notti passate ad informarmi e a leggere, i numerosi giorni sottratti al mio lavoro per incontrare politici e professionisti, potrebbero sembrare “un lavoro” ma per me è solo pura passione, passione che è alimentata anche dalle numerose mail di stima che ricevo.
Persone come te rappresentano la benzina del mio motore, non scherzo!
A tal proposito voglio riportare un piccolo trafiletto pubblicato, nel luglio 2007, sul mio blog:

“VivaCampaniaViva è un centro culturale creato in seguito a lunghe discussioni sulle difficoltà che un piccolo gruppo di amici professionisti, ancora giovani ed evidentemente molto motivati e testardi, ha nel dover vivere e fare i conti con una realtà nella quale non si riconosce appieno.
In altre parole, per quale motivo la Campania, che per i latini era “felix” ed era il paradigma di luoghi incantati e di bellezza incomparabile, si è oggi trasformata in un territorio dove la criminalità, l’immondizia e la cattiva amministrazione regnano sovrane? Per quale motivo una popolazione così estrosa e piena d’inventiva, con un background culturale incomparabile, deve accontentarsi di vivere in questo modo?
Gli scopi che ci siamo posti sono quelli di dare impulso a un dibattito culturale che promuova un approccio risolutivo ai problemi della nostra Regione. A rischio di risultare forse scomodi o incompresi, ma di certo motivati da reale buona volontà e idee.
I fondatori e principali animatori del centro culturale sono Luigi Esposito - che ne è anche Presidente - e Mario de Riso. Siamo amici da più di venti anni ed entrambi abbiamo avuto modo, nella vita e nella professione, di esplorare nuove realtà, di confrontare la "normalità" del resto dell'Italia e dell'Europa, con la situazione del nostro territorio. Da ormai tre mesi trascorriamo le nostre serate e interi weekend a leggere, scrivere, informarci e confrontarci per ragionare su nuovi argomenti da trattare da sottoporre ai nostri lettori. Il blog creato rappresenta “la nostra vetrina” e, unitamente ad esso, abbiamo creato anche una mailing list che comprende alcune delle principali testate giornalistiche nazionali e locali. In questo modo divulghiamo la nostra voglia di vivere e di pensare in libertà, potendola comunicare a chi, per il ruolo che ricopre, può ascoltare e testimoniare il nostro desiderio di “esserci” e di allargare le nostre opinioni a tutti.
Le nostre idee vengono presentate a chi le vuole ascoltare: sono rivolte sia alla società civile campana e sia, in particolare, ai nostri politici e governanti, le uniche figure istituzionali che riconosciamo e che sono chiamate a risolvere in concreto i problemi della società civile.
Un grazie infine a tutti voi che ci leggete e con i quali possiamo condividere questa straordinaria avventura, affinché possa spronare tutti a lavorare utilmente per costruire una politica più corretta e volta solo al perseguimento dell’interesse della collettività.”

Ti ringrazio ancora della tua mail,
ti saluto cordialmente,

Luigi Esposito

PD: lavori in corso


La batosta di Roma, com’era ovvio, non ha aiutato a rasserenare gli animi in casa PD dopo l’insoddisfacente risultato elettorale delle politiche. La situazione è rimasta piuttosto turbolenta, fino a quando il Segretario Veltroni non ha gettato acqua sul fuoco, dichiarando ieri al Corriere della Sera: «Non c'è nessuna resa dei conti… Il Pd è nato sei mesi fa, ereditando una situazione difficile dal punto di vista elettorale e politico. Abbiamo fatto un grande lavoro. Ma certo la cosa peggiore sarebbe tornare indietro». I vertici del PD hanno però accolto freddamente l'ipotesi di accelerare i tempi per arrivare ad un congresso in pochi mesi, così come prospettato dal Segretario. In particolare Pierluigi Bersani, Franco Marini e Massimo D’Alema hanno lasciato trasparire le loro perplessità al riguardo.

A mio avviso la strada intrapresa da Veltroni è invece la più logica e corretta, data la situazione. Non ha nessun senso tornare indietro all’idea di un’alleanza con le forze di Sinistra che sono state sconfitte ancor più sonoramente dello stesso PD. La via che si deve percorrere è proprio quella del più ampio rinnovamento dei quadri dirigenti. I risultati di Roma hanno a mio avviso esplicitato più la volontà dei cittadini di non volere Rutelli, che non quella di volere Alemanno. Prova ne sia che più di 55.000 elettori hanno votato a sinistra alle Provinciali e a destra al Comune.

Per questo motivo ritengo che il grosso del lavoro di radicamento sul territorio del PD sia già stato fatto. D’altronde si deve anche prendere atto che PD è di fatto il primo partito d’Italia (il PDL allo stato è solo un’aggregazione elettorale che prelude ad una costituente per la creazione di una formazione unitaria) con più del 33% dei consensi. Non solo, ma ha ottenuto nello scorso weekend dei buoni risultati proprio nei ballottaggi per la poltrona di sindaco a Vicenza, Sondrio ed Udine, frenando quindi l’effetto dirompente dei successi dell’alleanza Lega/PDL.

La via del congresso è quindi quella giusta, poiché è in quell’assise che si potrà democraticamente ridiscutere della leadership del segretario e nel caso rafforzarla, per portare a termine quell’opera di necessaria innovazione ed apertura ai giovani che finora il PD ha lasciato a metà, deludendo molta parte del suo potenziale elettorato. Deve essere il congresso a lanciare una sfida riformista che dovrà fare propri alcuni dei temi forti dell’elettorato di sinistra per coniugarli con un programma moderato, liberista e di mercato che possa svecchiare un paese ancora in balia del corporativismo e del più becero statalismo clientelare.

È questa la sfida che il PD del futuro deve saper vincere.

Il nuovo Governo rischia seriamente di non riuscire a durare se non darà al paese un segnale forte per affrontare e risolvere i tanti problemi sul tappeto. L’opposizione, cambiando subito pelle, potrà lavorare per presentarsi ai nuovi appuntamenti elettorali più forte e compatta, dando più filo da torcere alla nuova maggioranza.

Mario de Riso
VivaCampaniaViva
vivacampaniaviva.blogspot.com